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Da "Umanità Nova"
n. 40 del 7 dicembre 2003
Miami: volontà predatoria e spinte protezioniste
La legge del più forte: l'Alca tra impasse negoziale e feroce repressione
L'Alca tra impasse negoziale e feroce repressione
Il recente vertice di Miami per implementare in progress gli Accordi
per il libero mercato delle Americhe (FTAA, o ALCA) si è
contraddistinto, da un lato, per il suo stallo legato tanto alle
politiche unilaterali dell'amministrazione Bush, quanto al fallimento
del round WTO a Cancun lo scorso settembre; dall'altro, per la
prosecuzione indiscriminata del modello Genova 2001 con qualche
perfezionamento tipico dell'arroganza yankee.
Vagheggiato da Bush padre nel 1990, solo nel 1998 con l'era Clinton si
è concepita l'idea tutta politica di estendere il Nafta,
decollato quattro anni prima tra Canada, Usa e Messico, all'intero
emisfero americano, da Anchorage in Alaska alla Terra del Fuoco:
agricoltura; accesso ai mercati; sussidi protezionistici; investimenti;
diritti di proprietà intellettuale; sfera dei servizi; procedure
di governo; politiche di competizione; risoluzioni dei conflitti, sono
i capitoli di un accordo per il libero commercio tra impari che non
avrebbe fatto altro se non avvantaggiare il partner forte, scatenato da
logiche fittiziamente egualitarie tipiche delle diplomazie, per
affidare tutto a un mercato la cui legge del più cinico e
spietato è notoria per soffermarvisi sopra.
Tuttavia il Washington Consensus di Clinton aveva caratteristiche tutte
diverse da quello di Bush. Per l'élite dominante democratica,
infatti, il predominio a stelle e strisce si rafforza se proviene
spontaneamente e consapevolmente dal basso, con l'adesione molteplice
di governi stretti tra la potenza politica americana e la potenza
finanziaria delle Istituzioni di Bretton Woods, che sostengono tale
primato senza tuttavia drenare risorse statunitensi in quanto esponenti
dell'elite planetaria, ossia di governi omologhi alla politica unica
del liberalismo economico-politico.
Per l'attuale amministrazione Bush, invece, tale modello multilaterale
di primato mondiale, pur risparmiando risorse monetarie al cittadino
tassato, sconta una ricerca del consenso sempre più difficile
quando i margini politici per mantenere integrale tale primato, senza
condivisione alcuna, si fanno sempre più stretti. Accelerata
dall'11 settembre, la supremazia Usa immaginata dai neoconservatori
repubblicani attualmente al potere è disponibile a correre tutta
da sola la corsa al predominio mondiale assoluto, ricorrendo alla
guerra permanente tanto come arma di ricatto per gli alleati riottosi,
quanto paradossalmente come drenaggio di risorse monetarie attraverso
la spesa militare, che sacrifica spesa sociale (già iniziata
dallo stesso Clinton alla fine del suo primo mandato) e che denomina
una sorta di postkeynesismo militare su scala mondiale.
Ecco perché lo stallo di Miami deriva dalla parziale
soddisfazione dei negoziatori americani per il fallimento a Cancun.
Sapendo in anticipo che 12 paesi del G22 oppostisi a Cancun sono membri
delle trattative per il FTAA, il governo Bush ha messo in conto la
differente strategia attuata dai paesi latino-americani, che per bocca
del presidente brasiliano Lula ormai optano in gran maggioranza per
rafforzare il Mercosur - una sorta di unione doganale, tipo mercato
comune europeo degli anni sessanta, nata nel 1991 tra Brasile,
Argentina, Uruguay e Paraguay, con Cile e Bolivia osservatori esterni
ma pronti a farne parte, che collega economicamente e commercialmente
200 milioni di produttori e consumatori costituendo con molta
probabilità il terzo mercato mondiale, dopo il Nafta e la UE -
in quanto l'America latina viene prima dell'intero continente americano
e conviene quindi relazionarsi con il Nafta da una posizione forte.
Del resto, il governo Bush ha già avviato, da una parte, una
road map con i paesi del Centro America per sondare la
percorribilità di un Cafta (Central America Free Trade
Agreement), ossia di un analogo partenariato che coinvolga non solo
Canada e Messico (Nafta), ma Guatemala, Belize, Salvador, Honduras e
Panama (prime riunioni dall'8 al 12 dicembre); dall'altra, trattative
in sede bilaterale con il Cile - che dopo il collasso argentino
è l'unico mercato in crescita nel sud-america - mentre con i
paesi settentrionali il rapporto è mediato dai vari Plan
Colombia, Bolivia, Ecuador, nonché dalla destabilizzazione del
Venezuela, in cui le armi contro la popolazione india rappresenta la
politica di sterminio che gli Usa adottano e praticano ovunque non ci
si pieghi ai suoi voleri, e per giunta grati e riconoscenti. Bush del
resto ha già optato per una politica di ridimensionamento del
Fondo Monetario e della Banca Mondiale, con la scusa di essere apparati
mastodontici e ingovernabili - ricordiamoci le critiche del premio
Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, già consigliere capo di
Clinton per gli affari economici e vice-presidente della World Bank,
mosse appunto ai propri vicini del FMI - giusto per significare una
presa di distanza dal multilateralismo dell'era Clinton.
In vista delle elezioni presidenziali di fine 2004, è probabile
che Bush intenda capitalizzare a modo suo le proteste contro la
globalizzazione proponendosi come paladino degli interessi nazionali
americani contro la stessa concorrenza proveniente dagli alleati e dai
sudditi sparsi nel sud del pianeta - da ultimo, la ventilata
imposizione di dazi doganali contro alcune piccole quote di import
tessile dalla Cina, in puro stile protezionista - difendendo
l'unilateralismo americano come unica risposta alla competizione che
spiazza taluni settori dell'economia Usa sempre più ridotta a
dipendere dall'afflusso di capitali esteri per compensare i deficit
commerciali e della bilancia dei pagamenti, nonché a tutelare
posti di lavoro sui mercati interni, minacciati dalla crisi che
attanaglia quei settori non direttamente beneficiari del postkeynesismo
di guerra, ossia le imprese legate alla committenza del Pentagono.
Dall'altro lato, le proteste degli anarchici e degli antiliberisti
no-global sono state duramente represse secondo lo stile inaugurato dal
governo di destra di Berlusconi e del Fini antifascista, a
dimostrazione della lucidità della visione anarchica secondo la
quale l'autoritarismo non necessariamente deve sentirsi fascista per
esercitarsi, ma può anche essere stalinista, comunista,
nuovista, eccetera.
Gas urticanti, granate rompitimpano, pallottole di gomma ad altezza
d'uomo, manganelli rinforzati con anime di metallo ed altre diavolerie
sono state adoperate in gran quantità, sotto gli ordini del capo
della polizia di Miami, tale John Timoney, già noto a
Philadelphia negli anni passati, e del sindaco Manny Diaz che
disponevano di 8,5 milioni di dollari (un decimo della fattura della
guerra irachena) per le tattiche di sicurezza e di controguerriglia.
Parte di questi soldi sono stati sicuramente spesi per infiltrare
elementi paramilitari non affiliati alle forze dell'ordine, col chiaro
scopo di deviare sul terreno prediletto dalle forze del dominio, ossia
la devastazione indiscriminata e la violenza gratuita e fine a se
stessa, la protesta e la ribellione del movimento confluito in Florida
per l'occasione. Numerosi giornalisti sono stati "embedded" sia accanto
ai poliziotti, sia entro le fila del movimento, mascherati come
no-global o black blocs (con addosso adesivi "FTAA No Way") ma con
tanto di badge della polizia, che così sono stati risparmiati
dalle cariche, dai 150 arresti e dalle violenze, come invece è
capitato ad altri giornalisti non "coscritti" secondo il rituale che ha
fatto scuola in Iraq con l'accredito del Pentagono - "non è dei
nostri", come è stato udito pronunciare da un poliziotto che
arrestava una giornalista free-lance mentre lasciava indisturbati altri
fedeli servitori della libertà di informazione.
Del resto, lo snellimento delle funzioni dello stato nell'era
globale, lungi dal preventivarci una scomparsa, delinea una immagine
fedele al tradizionale obiettivo di ordine pubblico sia sul piano
interno, scagliando le istituzioni, media inclusi, contro il nemico
interno, di volta in volta vittima sacrificale per tenere integro il
sistema dei privilegi iniqui e odiosi, sia sul piano esterno,
scagliando la forza della violenza militare e della costruzione
propagandistica degli stessi media formalmente liberi (in realtà
oligopoli al servizio del profitto e del potere) contro nuovi target
funzionali a mantenere sotto pressione l'opinione pubblica
anestetizzata a dovere, alzando l'adrenalina dei fedeli servitori dello
stato. Proprio nei giorni di Miami, il Congresso varava una legge
contro il governo siriano, reo di nascondere e proteggere terroristi,
che è analoga a quella varata in maniera bipartisan contro il
governo iracheno nel 2002, un anno prima dell'inizio del conflitto
bellico, delle ispezioni farsesche dell'Onu e dell'Aiea a Baghdad,
della scrittura favolistica sulle armi di distruzione di massa di
Saddam Hussein, ritenuto complice di bin Laden mentre tutti gli
osservatori internazionali rilevavano l'inconciliabilità
politica tra il dittatore iracheno e il simulacro aspirante dittatore
supremo dell'islam mondiale.
Salvo Vaccaro
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