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Da "Umanità Nova"
n. 40 del 7 dicembre 2003
Un ampio fronte di lotta:
29 novembre: in piazza contro la Riforma Moratti
La
mobilitazione contro la Riforma Moratti del 29 novembre ha visto la
riuscita della manifestazione di Roma indetta da CGIL, CISL e UIL e di
quelle di Bologna e Napoli indette dal Coordinamento per la Difesa del
Tempo Pieno e dai Cobas oltre che una serie di iniziative locali ad
Alessandria, Enna, Milano, Roma e Torino da parte della CUB Scuola.
Si può spiegare la riuscita della manifestazione romana con la
forza dal punto di vista organizzativo di CGIL – CISL - UIL e della
rete di associazioni professionali legate a questi sindacati ma questa
spiegazione è, sebbene vera, parziale. La partecipazione di
decine di migliaia di persone è, comunque, la prova che la
questione della Riforma è sentita. D'altro canto, la buona
riuscita delle manifestazioni alternative rispetto quella romana
dimostra che il ritrovato protagonismo di CGIL-CISL-UIL in funzione
antiberlusconiana non arriva a coprire tutto lo spazio politico
sindacale e che il fronte dell'opposizione sociale alla politica
scolastica del governo è ampio ed articolato.
La buona riuscita dell'iniziativa del 29 novembre che, non dobbiamo
dimenticarlo, segue una serie di manifestazioni locali tenutesi il 26
settembre, merita, quindi, alcuni approfondimenti.
Come è noto il primo punto di applicazione della
riforma è la scuola elementare che ha già visto
l'anno scorso importanti mobilitazioni contro la politica governativa,
mobilitazioni che assieme alle tensioni e difficoltà del
governo, hanno determinato un primo slittamento di un anno.
Credo che, per comprendere le peculiarità dell'opposizione si debba tener conto di almeno tre fattori:
- la composizione di genere degli insegnanti della scuola
elementare. Sebbene, infatti, sia vero che la categoria degli
insegnanti è costituita in gran parte da donne, questo dato
è particolarmente vero per la scuola primaria dove la presenza
femminile arriva al 99% degli insegnanti. Le maestre si sono, nei
passati decenni, caratterizzate per essere il settore della categoria
più coinvolta nei processi di innovazione e riforma, più
disponibile alla sperimentazione, più attenta alla
qualità del servizio. Senza dilungarmi su questo punto, è
evidente che le colleghe hanno portato nel lavoro una specifica
sensibilità femminile, un'attenzione alle relazioni
interpersonali che ha modificato in maniera interessante, nel corso
degli anni, la scuola elementare;
- la composizione di classe delle maestre è
profondamente diversa rispetto a quella degli insegnanti delle
superiori non solo perché spesso sono di origine proletaria ed
hanno legami familiari con lavoratori salariati di altri settori ma
anche perché non praticano, di norma, il doppio lavoro o
l'attività professionale libera a meno che non si definisca
così il lavoro domestico;
- la scuola elementare vede come fatto fisiologico un rapporto
stretto fra insegnanti e genitori. L'alleanza fra genitori e insegnanti
che viene prospettata come esigenza politica importante per il
movimento ma che è spesso una petizione di principio è
una realtà vivente nella scuola materna ed elementare e questo
punto di partenza ha permesso e permette mobilitazioni, assemblee,
sviluppo di strutture organizzative unitarie.
L'intreccio di questi tre dati è un punto di forza
straordinario per il movimento nella scuola primaria e spiega come un
settore dei lavoratori della scuola che tradizionalmente non è
il più visibile giochi oggi un ruolo così importante.
D'altro canto, la riforma non riguarda solo l'elementare,
anzi. Si stanno, di conseguenza, sviluppando interessanti iniziative
anche nella scuola secondaria, soprattutto negli istituti tecnici e
professionali più direttamente coinvolti dalla pressione in
senso aziendalistico sviluppata dal governo e dal padronato.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, la secca ricaduta della
riforma sugli organici e lo svilupparsi di iniziative dei precari su
questo tema.
Siamo, quindi, di fronte ad un'opposizione segmentata su obiettivi
parziali ma unificata, di fatto, dalla lotta contro un'operazione che
prevede il taglio di molte decine di miglia di posti di lavoro e che
comporta, oggi, il blocco delle assunzioni della scuola.
Si tratta, nel prossimo periodo, di legare la critica
all'immiserimento della scuola pubblica dal punto di vista culturale e
alla subordinazione agli interessi aziendali alla lotta per la garanzia
del posto di lavoro.
Un percorso complicato ma interessante e che vede nella mobilitazione
del 29 novembre la riprova che uno spazio politico e sindacale è
aperto. Sta a noi lavorare perché non si chiuda con un
compromesso fra governo e sindacati di stato.
Cosimo Scarinzi
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