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Da "Umanità Nova"
n. 41 del 14 dicembre 2003
La legge Gasparri
Silvio a cavallo dei media
È
stata definitivamente approvata in parlamento la legge di riforma del
sistema radiotelevisivo. La legge pur portando il nome del ministro
Gasparri è stata in realtà scritta da Antonio Pilati,
eminenza grigia berlusconiana nel mondo dei media ed esprime,
abbastanza chiaramente, le strategie perseguite, nel prossimo futuro,
da Berlusconi.
Questa legge è, infatti, un monumento equestre alla
coincidenza degli interessi pubblici con gli interessi privati del
presidente del consiglio (non ha più senso parlare di
"conflitto" tra interessi che coincidono).
Questa legge ha, come la maggior parte di quelle considerate
prioritarie da questo governo, dei risvolti economici a vantaggio del
presidente del consiglio.
Mediaset, che oggi sfora sistematicamente il limite di
fatturato previsto dalla legge Mammì, potrà aumentare il
proprio giro d'affari di un paio di miliardi di euro (dai 4 miliardi di
euro che adesso fattura annualmente).
Publitalia potrà raccogliere pubblicità anche
per altri media, televisioni comprese, senza alcuna limitazione. Questo
vuol dire che Publitalia si sta avviando a diventare monopolista nel
mercato della raccolta pubblicitaria perché sarà l'unica
a cui si potranno rivolgere i grandi inserzionisti per avere una
campagna pubblicitaria plurimodale (in televisione, sui giornali, alla
radio, nei cartelloni ecc.). Oltre ai benefici di carattere economico,
questo consentirà a Berlusconi un controllo, di fatto, su tutti
i media che si rivolgeranno a Mediaset per la raccolta pubblicitaria.
Potranno aumentare i blocchi per gli spot, anche durante i film.
Le telepromozioni (che costituiscono il 15% dei ricavi della
pubblicità televisiva e che, già oggi, sono beneficiate
da agevolazioni fiscali) non verranno utilizzate per il calcolo
dell'affollamento pubblicitario orario, in contrasto palese con tutta
la normativa europea in materia.
Retequattro, a dispetto di una sentenza della corte costituzionale, non
andrà sul satellite, con un vantaggio economico per il gruppo
Mediaset stimato intorno ai 400 milioni di euro l'anno.
Non è però solo l'aspetto economico a far diventare strategica la legge Gasparri nei piani di Berlusconi.
Con questa legge prosegue infatti l'opera di smantellamento
della rete di piccole iniziative di comunicazione, incontrollabili dal
potere, e pericolosissime per chi vuole blindare il mondo
dell'informazione. Già l'aumento delle tariffe postali ha
costretto alla chiusura tante piccole riviste, spesso autoprodotte, ed
ha parzialmente tagliato fuori dal mondo dell'informazione minore chi
non si può permettere l'accesso ad Internet.
Con la Gasparri adesso diventerà molto più
difficile gestire una radio privata. Infatti decade il divieto di
possedere più mezzi di comunicazione a chi ha già una
televisione. Mentre per i giornali questa revoca scatterà il 31
dicembre del 2008, per le radio private scatta da subito. È
estremamente probabile che i tycoon locali, sentendosi dei Berlusconi
in piccolo, decidano di affiancare alla propria televisione, una o
più radio private. Questo comporterà nell'immediato un
aumento del valore delle singole stazioni radio e, in un prossimo
futuro, un aumento significativo del canone di concessione motivato
dall'aumentato prezzo delle frequenze, con conseguente strangolamento
di tutte quelle realtà di base e non commerciali.
La nomina del consiglio d'amministrazione della RAI passa
direttamente in mano al governo garantendogli un più stretto
controllo della TV pubblica.
La strategia di Berlusconi è quindi chiarissima:
blindatura totale di tutti i mezzi d'informazione, su cui non devono,
in alcun caso, esserci critiche al capo, che non siano quelle volute ed
accettate dal capo stesso, a dimostrazione della sua
magnanimità.
D'altro canto, con il fallimento totale della sua politica
economica, il governo deve necessariamente ricorrere a questi mezzi:
repressione sociale (legislazione antisciopero, eliminazione delle
garanzie per i lavoratori), repressione politica (arresti ed
intimidazione degli oppositori, chiusura dei loro mezzi d'espressione)
e controllo totale dell'informazione (non si devono dare notizie
sfavorevoli al governo e, quando proprio non se ne può fare a
meno, non si deve dare la responsabilità di quanto accaduto al
governo).
Il mantenimento del consenso per Berlusconi, dal punto di
vista mediatico, deve passare attraverso l'autocolpevolizzazione del
suo elettore: chi non arriva a fine mese con il proprio stipendio si
deve sentire anomalo ed in colpa, come se questo dipendesse da lui e
non dalla politica berlusconiana.
Questa strategia rappresenta un passaggio obbligato per la
prossima tappa del berlusconismo: l'elezione a presidente della
repubblica.
Non ci illuda della possibilità di un limite parlamentare a
questo progetto: con l'approvazione di questa legge con il voto segreto
sono andate a ramengo le ipotesi di chi puntava ai mal di pancia
interni alla maggioranza per poter mandare a casa Berlusconi. Il
centrosinistra, d'altro canto, non ha fatto nulla di realmente
significativo per contrastare la Gasparri: poche mobilitazioni (e tutte
gestite dai girotondi orfani di Cofferati), molte parole ed abbastanza
fumose. Il problema che ha è che il controllo blindato sulla Rai
al centrosinistra va benissimo, solo vorrebbero averlo loro e non
Berlusconi. La loro propaganda, che li vorrebbe alfieri della
libertà d'espressione e della satira, contrapposti al Berlusconi
dei divieti a Santoro, Biagi e Luttazzi, tende a dimenticare la
prosecuzione dell'ostracismo all'incontrollabile Beppe Grillo,
proclamato da Craxi e confermato anche da loro.
Né vale confidare nel limite giurisprudenziale dato dalla corte
di giustizia europea o dalla corte costituzionale: la loro azione
arriverebbe troppo più avanti nel tempo, quando, a controllo
consolidato, sarebbe ancora più facile mobilitare l'apparato
mediatico per giustificare un decreto legge che bloccasse gli effetti
di un'eventuale sentenza sfavorevole.
L'unica variabile che può non rendere immediatamente
operativo questo progetto è l'eventuale, mancata firma del
presidente della repubblica.
A fare previsioni sull'argomento si rischia di essere facilmente
smentiti e me ne guardo bene. è però abbastanza facile
immaginare, visto quanto Berlusconi tiene alla legge, il pesantissimo
scontro istituzionale che si aprirebbe se Ciampi non la firmasse.
Francesco Fricche
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