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Da "Umanità Nova" n. 41 del 14 dicembre 2003

Iraq
Lotta di classe a Baghdad


La cosa che più mi ha impressionato è che nonostante condizioni estremamente difficili i lavoratori non hanno atteso un minuto per cominciare ad organizzarsi". Così si è espresso il giornalista sindacale David Bacon al ritorno da un viaggio in Iraq con una delegazione dell'USLAW (Sindacalismo americano contro la guerra). Quello che Bacon ha visto in Iraq non viene riferito dai grandi media che concentrano la loro attenzione solo su "soldati e ribelli". Parlando durante un forum del congresso dell'USLAW tenutosi a Chicago alla fine di ottobre, Bacon ha puntualizzato che "ci sono milioni di lavoratori in Iraq che cercano innanzitutto di sopravvivere a questa situazione spaventosa, il che vuol dire riuscire a lavorare, a nutrire la loro famiglia, a trovare un alloggio decente". Più di sei mesi dopo la caduta del regime di Saddam Hussein e la promessa degli ufficiali americani di "ricostruzione dell'economia", la disoccupazione in Iraq è stimata nel 70% della forza lavoro. È evidente che riuscire a sopravvivere giorno dopo giorno è la principale sfida per la maggioranza della popolazione irachena.

"L'aumento del salario del 30% e i prestiti e le terre promesse tre mesi fa da Paul Bremer - il numero uno americano a Baghdad - non si sono ancora materializzati" ha scritto Ewa Jasiewicz, dell'Osservatorio Internazionale sull'Occupazione di Baghdad che ha viaggiato attraverso l'Iraq insieme alla delegazione dell'USLAW. Per coloro che riescono a lavorare la paga media è di 60 dollari al mese - la paga d'emergenza decisa dagli occupanti americani del Coalition Provisional Autority (CPA). I salari erano esattamente gli stessi sotto il regime di Hussein ma allora i lavoratori ricevevano anche prodotti alimentari e un aiuto per il pagamento degli affitti, sostegni che sono spariti sotto l'occupazione americana. "Dunque il salario reale dei lavoratori iracheni è diminuito, senza contare l'aumento dei prezzi"

Ma per quanto possano essere disperate le condizioni attuali, gli iracheni che hanno incontrato la delegazione sindacale americana hanno detto che temono che il peggio debba ancora venire, che i maniaci del libero scambio di Washington riescano a portare avanti i loro piani di privatizzazione per l'Iraq. Già oggi la CPA ha legalizzato la proprietà al 100% straniera di imprese irachene e ha messo la tassa sugli affari per il "nuovo Iraq" al 15%.

In tema sindacale, tuttavia, "le autorità di occupazione hanno apprezzato una vecchia legge approvata dal regime di Saddam Hussein: si tratta di una legge del 1987 che stabilisce che chiunque lavora per una impresa statale è considerato un pubblico dipendente" dice Bacon. Questo vuol dire che i lavoratori dell'industria petrolifera irachena, per esempio, non hanno nessun diritto legale di organizzarsi in sindacati per una legge del regime di Hussein che gli occupanti americani rifiutano di abolire. "È per sostenere lo stesso principio che Bremer ha approvato in giugno un altro regolamento a proposito delle attività interdette con lo scopo di scoraggiare chiunque ad organizzare ogni tipo di sciopero o di protesta nelle fabbriche o in qualsiasi posto di lavoro considerato importante. La pena è l'arresto e l'accusa di essere un prigioniero di guerra."
Come dice un altro membro della delegazione, Clarence Thomas: "l'amministrazione Bush crea una immagine fittizia che possiamo così sintetizzare: se lasciamo l'Iraq, ci saranno il fondamentalismo islamico, tensioni etniche e ogni sorta di caos. In realtà Bush e i suoi hanno paura della democrazia, essi non vogliono che i lavoratori iracheni si organizzino per ottenere diritti sindacali".

Qualche giorno dopo l'invasione americana e la caduta del vecchio governo, alcuni lavoratori nelle fabbriche, nei porti e nell'industria petrolifera hanno cominciato ad organizzarsi. "non lo hanno fatto solo per avere aumenti salariali - dice Bacon - ma anche per avere il controllo del loro lavoro e delle istituzioni per le quali lavorano".
Clarence Tomas ha detto che il nuovo movimento sindacale iracheno è principalmente diviso in due gruppi. Uno è il Movimento per dei sindacati operai democratici, una federazione sindacale indipendente costretta alla clandestinità negli anni '80, quando fu il bersaglio del partito Baath di Saddam Hussein. Questi vecchi militanti hanno approfittato dello smantellamento della polizia politica per riemergere come forza organizzata e costituiscono il cuore della nuova Federazione irachena dei sindacati nata in maggio.

Contemporaneamente, militanti più giovani hanno preso altre iniziative, la più conosciuta di queste è la formazione dell'Unione dei disoccupati d'Iraq. Ambedue i gruppi sono contrari all'occupazione americana.
La principale differenza fra i due gruppi è che i sindacati associati all'Unione dei disoccupati "non esitano a supportare un'azione sindacale nonostante i diversi decreti che interdicono ogni attività organizzata nei posti di lavoro. I sindacalisti più vecchi, invece, dice Thomas, "ritengono non opportuno organizzare azioni sui posti di lavoro e manifestazioni pubbliche poiché pensano che potrebbero essere strumentalizzate" da elementi del vecchio regime che resistono all'occupazione.

Ciò che è ignorato dalla stampa internazionale è che il desiderio di riacquistare condizioni di lavoro e di vita decenti tocca tutto il paese. In un recente rapporto Ewa Jasiewicz descrive la lotta dei lavoratori di una fabbrica di mattoni che fa parte di un complesso industriale situato a 30 km da Baghdad. Dopo aver sopportato condizioni di lavoro terribili - e un salario di 3.000 dinari, pari a 1,50 dollari, per 14 ore di lavoro al giorno - i tre quarti della forza lavoro ha incrociato le braccia in ottobre. I lavoratori hanno marciato fino alla sede della direzione chiedendo un contratto di lavoro regolare, installazioni mediche e il diritto alla pensione. Di fronte alla risposta della proprietà che ha minacciato licenziamenti di massa, i lavoratori hanno organizzato picchetti armati. "Armati di mitraglie e Kalashnikovs, gli operai hanno controllato la fabbrica e difeso lo sciopero contro gli scabs. Alla fine la proprietà ha accettato un aumento di salario pari a 500 dinari e di aprire trattative sui benefici sociali e sanitari. In Iraq lo sciopero è stato considerato come un grande successo".

Secondo Bacon, i gruppi antiguerra americani possono fare molto concentrando la loro solidarietà su lotte come quella della fabbrica di mattoni facendo conoscere la verità sulle lotte sindacali in Iraq.

fonte: "WCPI Media Center" "mail: wcpi@sympatico.ca", tradotto da ainfos-Francia da Denis.








 

 



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