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Da "Umanità Nova" n. 42 del 21 dicembre 2003

Scenari di fine anno. Conflitto sociale
Tensioni nella maggioranza, attendismo nell'opposizione


E' bene, quando si ragiona del livello dello scontro sociale, tenere distinti i piani di lettura della situazione.
Che la questione salariale sia oramai riconosciuta come tale anche dalla grande stampa, dai centri studi, dai politici di destra e di sinistra e che persino sui "benefici" della flessibilità inizi a serpeggiare qualche dubbio è un fatto.
é altrettanto vero che la presa d'atto che la tensione sociale è in crescita non produce, di per sé, altro che "dibattito", quel dibattito che va e viene e vede un emergenza scacciarne un'altra.

D'altro canto, questo stesso dibattito ha subito un'accelerazione evidente dopo lo sciopero dell'ATM di Milano del 1 dicembre e quello, immediatamente seguente, dei lavoratori del trasporto aereo di Roma. La verità pratica di una questione, quella che si misura con gli atti e non con le dichiarazioni di principio, con ogni evidenza pesa ancora.
Detto ciò, si tratta di ragionare sul legame che tiene in relazione lotte, organizzazioni formali ed informali della classe, capacità dell'avversario di fare fronte alla situazione.

Può servire una semplificazione radicale che definisca bene i livelli dello scontro in atto:

- sul piano della rappresentanza politica, l'argomento non ci appassiona ma dobbiamo tenerlo presente, sembra esservi una crisi di consensi crescente verso la destra ed un accumularsi di tensioni profonde nel corpo del blocco sociale che la sostiene. La sinistra, in questa fase, attende le elezioni europee come un maxisondaggio e come un'occasione di rilancio e non ha alcun interesse a radicalizzare lo scontro sociale a breve. Non a caso la ritrovata unità fra CGIL, CISL e UIL è valorizzata da tutta la sinistra dalla Margherita al PRC, passando per i DS, anche se, nel caso del PRC, gli inni all'unità sindacale rispondono più alla necessità di porsi come una forza politica "responsabile" che al convincimento che si tratti di un processo positivo per le sorti del PRC stesso;

- su quello della rappresentanza sindacale, il fronte CGIL - CISL, la UIL conta come il due di coppe quando briscola è a bastoni, sembra tenere. La CISL salva la sua dignità politica accusando il governo di non aver tenuto fede alla clausole "positive" del Patto per l'Italia e la CGIL entra, dolcemente, nella fase postcofferatiana riconsegnando al centro sinistra il ruolo di rappresentanza politica e riscoprendo una vocazione sindacalista "pura" che le permette di evitarsi scontri duri e spesso perdenti, dove li ha condotti, e di pesare a livello istituzionale nella misura della sua consistenza;

- a questo punto sembra battuta la politica sindacale del governo incentrata sul tentativo di incunearsi fra CISL e CGIL e il governo stesso deve fare i conti con le lacerazioni fra segmento hard (Lega e settori di Forza Italia) e segmento soft (UDC e AN) della maggioranza che lo sostiene.

- la scelta di rimandare a gennaio il contenzioso sulla "riforma" delle pensioni appare, a questo punto, comprensibile. Intanto il governo farà passare una legge finanziaria di profilo basso e, poi, si entrerà nel vivo. CGIL-CISL-UIL dovranno, almeno se la storia degli ultimi anni ci insegna qualcosa, trovare un accordo fra di loro sulla materia e definire possibili scenari che possono andare da qualche concessione sul taglio delle pensioni in cambio di garanzie per il loro insediamento istituzionale al tentativo di spostare in vanti tutto il pacchetto. È interessante notare che sulla questione delle pensioni una parte consistente della sinistra non vede male una "riforma" impopolare e gestita dalla destra che la lascerebbe, nel caso di un cambio di governo, libera da impicci troppo rilevanti.

Una soluzione al ribasso, quale è quella che ipotizziamo dovrebbe, comunque, misurarsi con la mobilitazione che gli stessi sindacati istituzionali hanno messo in piedi e con il fatto che il "popolo della sinistra" ha straordinarie capacità di assorbimento delle giravolte dei suoi gruppi dirigenti ma non è totalmente, anche se ha volte sembra lo sia, rintronato.

In particolare l'area che fa riferimento al PRC e che vive come un bene o un male necessario il grande fronte unitario antiberlusconiano rischia di trovarsi in serio disagio nel caso di un voltafaccia troppo radicale e, sul piano sindacale, altrettanto si può dire per la nei secoli fedele sinistra della CGIL.

Soprattutto, però, sarebbero settori di lavoratori a non apprezzare che la loro mobilitazione sia svenduta in cambio di quote di potere ai sindacati di stato.

Si tratta, per noi, di lanciare, da subito, una campagna sul tema del salario, della previdenza, della precarizzazione che individui sia i problemi centrali che le concrete proposte d'azione da sviluppare e, da questo punto di vista, i recenti scioperi nel settore del trasporto urbano, e non solo, qualcosa possono insegnare.

Cosimo Scarinzi








 

 



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