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Da "Umanità Nova"
n. 42 del 21 dicembre 2003
Tutti in ginocchio
Offensiva clericale: prossima tappa la legge sull'aborto
Non
c'è niente da fare. Il Vaticano sta a Roma e la sua ingombrante
presenza non manca di soffocare quanto lo circonda. Sicché,
quando si tratta di assecondarne gli umori e la volontà, non
c'è santo che tenga, la pretesa laicità dello stato va a
farsi, è il caso di dirlo, benedire, e le figure da utili idioti
cui si sottopongono i "rappresentanti" del popolo italiano si
susseguono con una costanza degna di miglior causa. Si sa che il calare
le brache è un passatempo italico fra i più diffusi e
praticati dai campioni di un opportunismo che nasce da una lettura mal
digerita di Machiavelli; e quello del lacchè è tuttora
uno dei mestieri più in voga e onorati fra gli inquilini del
Palazzo. E purtroppo si fanno sempre più frequenti le occasioni
di verifica di quanto detto.
Nella recente discussione parlamentare in merito
all'approvazione della legge sulla fecondazione assistita, che i
bigotti non a caso si ostinano a definire "procreazione", sembrava di
essere in un quagliodromo, tanto era praticato il salto della quaglia.
Indifferenti ad ogni altra considerazione di schieramento, quelle per
le quali in altre occasioni vorrebbero far credere di scannarsi a
sangue, pressoché tutti i cattolici presenti hanno infatti
trovato una compattezza spiegabile solo con l'umiliante desiderio di
prostrarsi, in posizione quanto mai imbarazzante, dinanzi al prete. Non
preoccupandosi minimamente, pur di accondiscendere ai desiderata della
sacra pantofola, di approvare un provvedimento così inutilmente
punitivo ed eticamente infame, quale quello illustrato da Rosaria sul
numero scorso di Umanità Nova.
Questo episodio, del resto, non è che l'ultimo atto, ma solo per
il momento, di una offensiva condotta con subdola determinazione dalle
gerarchie ecclesiastiche. Le quali, spinte dalla emulazione, sul loro
stesso terreno, dei cosiddetti integralisti islamici, si relazionano,
nei confronti della società civile, con lo stesso spirito
fondamentalista e totalitario che per altri versi, non senza ragioni,
denunciano. Rendendo evidente, con ciò, che quel preteso
ecumenismo di cui si è fatta vanto la chiesa di Wojtila, altro
non è che un grottesco mascherone dietro il quale si cela
l'inestirpabile assolutismo dei preti. La tolleranza è una
preziosa vetrina che va esibita a ogni piè sospinto, ma se il
vento cambia e dovesse diventare un impiccio, va tolta di mezzo. E
basta!
Quanto è successo in questi giorni in Senato, come
è facile immaginare, non lascia presagire nulla di buono. Se
l'orgogliosa visita del papa in Parlamento aveva lasciato intuire una
ripresa dell'invadenza clericale, le più recenti vicende del no
al "divorzio breve" e della rimozione del crocifisso hanno mostrato il
ricompattarsi trasversale dello schieramento cattolico, sul carro del
quale, come al solito, sono saltati anche i Franceschi Nutelli di
turno, impazienti di rifarsi la verginità perduta nella lontana
gioventù. Nonostante la conclamata secolarizzazione della
società, la capacità del clero di condizionare grosse
fette dell'elettorato è ancora notevole, per cui che male
c'è nel mostrare le vergogne una volta di più?
Diventa pertanto facile ipotizzare che, a breve, non
mancheranno altre manovre con le quali i preti cercheranno di
recuperare le posizioni perse negli anni in cui la società
italiana aveva deciso di regolarsi scegliendo, fra i vincoli della fede
e i valori della coscienza, solo questi ultimi. L'appetito viene
mangiando e quello del prete, come si sa, è proverbiale.
Trasformati in legge quelli che sono solo contenuti fideisti, anche se
mascherati da pseudoscienza, si apre così la strada per
rimettere in discussione la possibilità di abortire senza
ricorrere in sanzioni. E qualche fanatico entusiasta, anche se
prudentemente ripreso dalle gerarchie ecclesiastiche che, come si sa,
amano muoversi coi piedi di piombo, ha già detto chiaramente che
quello sarà il prossimo passaggio.
La religione, dunque, e i suoi metafisici contenuti, intesi ancora una
volta come momenti di esclusione ed emarginazione, le convinzioni
individuali che devono diventare regole generali, la libertà di
coscienza destinata a cedere il passo alla volontà collettiva.
È già abbastanza pesante tollerare lo stato, figuriamoci
ora uno stato etico!
Spesso interessati detrattori hanno cercato di far passare
l'anticlericalismo degli anarchici come l'anacronistico residuo di una
cultura formatasi ai tempi del potere temporale della chiesa. E questa
vulgata avrebbe una qualche spiegazione, se ci fossimo limitati a
denunciare le malefatte, le incoerenze e le ipocrisie di chi "sparge
l'impostura avvolto in nera veste". Ma la nostra opposizione
all'ingerenza del clero ha voluto affermare, soprattutto, la
volontà di non dovere uniformare le nostre vite a principi e
valori nei quali non ci vogliamo riconoscere. Una battaglia di
libertà, dunque, la libertà per i credenti di credere nel
loro dio, la libertà per i non credenti di non dover sottostare
a credenze che rifiutano. Una battaglia necessaria, dunque, come i
fatti, purtroppo, continuano a dimostrarci.
Massimo Ortalli
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