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Da "Umanità Nova" n. 42 del 21 dicembre 2003

Tranvieri: blocchi ai depositi e polizia ai picchetti
Sciopero fuorilegge

"I casi sono due: o siamo di fronte a un vistoso scollamento fra i dirigenti sindacali e una base che non segue più le loro indicazioni oppure qualcuno nella riunione di domenica ha barato rappresentandoci volutamente una realtà falsa"
Sergio Chiamparino, sindaco di Torino su "La Repubblica" del 16 dicembre 2003

"Vorrei che il sindaco venisse nei depositi a cercare di calmare gli animi… e vuole accusarmi di avere organizzato i blocchi sottobanco ha sbagliato numero di telefono… Noi ci siamo dati da fare sin dall'alba per garantire il rispetto della legge. Ma la situazione è talmente esasperata che bastano pochi lavoratori a convincere gli altri a forme di protesta illegali"
Franco Badii, della CGIL torinese, segretario di categoria sempre
su "La Repubblica" del 16 dicembre 2003


Lo sciopero degli autoferrotranvieri del 15 dicembre era, con ogni evidenza, atteso come una verifica della situazione nella categoria e non solo.
L'11 dicembre gli operai dell'Alitalia di Fiumicino erano scesi in sciopero spontaneo contro la minaccia di 4100 licenziamenti e la mancanza del riconoscimento dei, sia pur miserevoli, aumenti contrattuali e avevano bloccato per due ore l'autostrada Fiumicino Roma con alcuni tafferugli con la polizia.

Era, insomma, evidente che lo sciopero del 1 dicembre aveva colpito l'immaginario di ampi settori dei lavoratori e che il modello milanese rischiava di estendersi a macchia d'olio.
Ed effettivamente questa estensione c'è stata se lo sciopero selvaggio è stato particolarmente forte a Torino ed a Brescia, fatti simili sono avvenuti a Perugia ed a Firenze mentre ha rifatto la sua comparsa quella che potremo definire "malattia selvaggia".
Una valanga di certificati di malattia, con punte del 60%, è pervenuta alle aziende del trasporto urbano a Bari, Brescia, Castrovillari, Cosenza, Foggia, Genova, Napoli, Torino.

Non si tratta, questo è evidente, della forma di lotta più nobile che vi sia ma esprime a pieno la stanchezza dei lavoratori rispetto ad una situazione di degrado salariale e normativo e il tentativo di aggirare la normativa antisciopero. I moralisti del sindacalismo farebbero bene a ricordare che il sabotaggio è una forma di azione alla quale i lavoratori tendono a ricorrere quando è bloccata la possibilità della lotta aperta e, in questo caso, contro lo sciopero selvaggio si erano schierati le aziende, il governo, i sindacati istituzionali.
Non solo, infatti, vi erano state riunioni nelle prefetture con i sindacati ma agli autisti è arrivata la precettazione e davanti ai depositi è stata inviata la polizia. La cosa più divertente è avvenuta a Torino dove gli autisti sono stati precettati mediante una SMS. Che il prefetto comunichi con i lavoratori su di un cellulare è un segno della potenza dell'innovazione tecnologica.

Ma, e non è una novità, a decidere non sono la tecnica o la volontà della burocrazia sindacale ma quella delle donne e degli uomini che si sono messi in sciopero.

D'altro canto, lo stesso intervento della polizia per far togliere i picchetti era di scarsa efficacia per almeno due motivi:

- anche senza picchetto molti lavoratori si sono rifiutati di uscire dai depositi;
- molti di quelli che, temendo sanzioni, sono usciti hanno applicato il boicottaggio facendo andare i mezzi a velocità ridottissima ed applicando alla lettera i regolamenti.
Se a Torino la polizia si è presentata davanti ai depositi, a Brescia è penetrata all'interno sotto la guida di un eroe delle giornate di Genova.
L'irruzione, in effetti, non è servita a nulla per il banale motivo che i lavoratori si sono seduti per terra e si sono rifiutati di uscire.
La polizia democratica e repubblicana non si è spinta, come le camice nere durante gli scioperi del 1944, a far uscire i mezzi con alla guida i militi (d'altronde nel 1944 il principale effetto di questa scelta fu la distruzione di un buon numero di mezzi a causa dell'imperizia dei conducenti).

Alcune, veloci, considerazioni sono possibili:

- l'effetto domino ha funzionato. Molti lavoratori hanno pensato che se era stato possibile bloccare Milano altrettanto si poteva fare altrove;
- il controllo sindacale è stato inadeguato. È evidente che molti iscritti e delegati dei sindacati istituzionali hanno scioperato e che i gruppi dirigenti di CGIL-CISL-UIL hanno, diciamo così, qualche problema;
- la forza stessa della mobilitazione ha modificato la percezione degli scioperi nel trasporto a livello generale. Si parla, è ovvio, del fatto che gli scioperi dei trasporti "colpiscono altri lavoratori" ma si parla anche, e questo è il fatto politicamente importante, della condizione salariale del personale, degli effetti della precarizzazione e, soprattutto, del fatto che l'attuale normativa antisciopero ha favorito lo smantellamento dei servizi pubblici.

Detto ciò, è possibile, non sarebbe la prima volta, che i sindacati istituzionali usino la mobilitazione per riconquistare un ruolo che la ristrutturazione dei servizi tende a sottrarre loro secondo lo schema "Noi siamo responsabili ma dobbiamo garantire qualcosa ai nostri, altrimenti vedete che succede…".

È possibile, forse è probabile, ma non è dato. Sta a noi lavorare perché la radicalità della lotta si connetta a quella delle rivendicazioni. La giornata del 1 dicembre e quella del 15 non possono servire solo a "chiudere un contratto" di per sé indecente ma devono servire anche e soprattutto a rilanciare l'opposizione sociale sulla questione degli organici e del salario nel settore dei trasporti e nell'assieme del movimento dei lavoratori.

Cosimo Scarinzi











 

 



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