![]() Da "Umanità Nova" n. 1 del 18 gennaio 2004 La rivolta dei tranvieri. Scioperi selvaggi contro la concertazione
Lo sciopero milanese del 12 gennaio è, se teniamo conto del fatto che i lavoratori hanno già perso somme consistenti e che la macchina repressiva dello stato è già allertata, semplicemente straordinario e dimostra che si è aperta una partita di una rilevanza assolutamente senza precedenti da almeno dieci anni. Che l'intervento repressivo dello stato sia un problema che dovremo affrontare con grande energia nel prossimo periodo che lo provano le prese di posizione del ministro dell'interno: "Non è in alcun modo accettabile - ha sottolineato il
ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu - che una grande città
come Milano venga paralizzata da uno sciopero illegale che rinnega un
accordo sindacale nazionale regolarmente sottoscritto". Da Il Corriere
della Sera del 13 gennaio 2004 È proprio in un momento di grande soddisfazione per la buona riuscita sia dello sciopero indetto il 9 gennaio dal Coordinamento di Lotta degli Autoferrotranvieri (che raccoglie l'assieme dei sindacati di base del settore e diversi gruppi autorganizzati) che di quello autorganizzato milanese, bisogna andare, infatti, alla stagione dei bulloni per trovarci di fronte ad una vicenda di pari peso politico e sindacale, possiamo permetterci il lusso di individuare subito alcuni punti critici che vanno affrontati con chiarezza: Il 9 la precettazione ha funzionato sia direttamente dove è stata applicata sia come spauracchio. Lo sciopero si è svolto nelle fasce orarie previste dalla legislazione antisciopero. La pressione dell'apparato statale ed aziendale, per un verso, e di quello dei sindacati istituzionali, dall'altro, è stata fortissima e nelle due settimane passate ha determinato la scelta, da parte del Coordinamento di Lotta degli Autoferrotranvieri, di non forzare la situazione su questo terreno anche perché i sindacati che avessero formalmente promosso uno sciopero contro l'attuale legislazione sarebbero stati pesantemente sanzionati. Già il 12, però, lo sciopero selvaggio è riapparso a Milano e non possiamo escludere un effetto domino. Su "La Repubblica" del 13 gennaio 2004 Giorgio Bocca scrive: Lasciamo stare il capitalismo internazionale "anarcoide", vale solo la pena di ricordare come "La Repubblica" come giornale e, in particolare, Giorgio Bocca abbiano, per decenni, denunciato le "rigidità" del welfare e i "privilegi" dei lavoratori". Non si tratta, ovviamente, per noi di accogliere il figliol prodigo ma di cogliere le contraddizioni nel fronte avversario e il ruolo che gioca la mobilitazione diretta dei lavoratori nel determinare queste contraddizioni. Il tentativo di CGIL-CISL-UIL di gestire la situazione azienda per azienda - separando le situazioni dove i lavoratori hanno un maggior potere contrattuale e dove si possono più facilmente stipulare contratti integrativi decenti dalla grande maggioranza dove, se il fronte fosse spezzato, sarebbe dura portare a casa qualcosa - è stato denunciato dai sindacati di base che hanno indetto lo sciopero ma, proprio a partire dall'importante situazione milanese, è tutt'altro che battuto. Mentre i lavoratori il 12 scioperavano, CGIL-CISL-UIL trattavano per chiudere la vertenza. Non sappiamo, mentre scriviamo, cosa abbiano ottenuto e come reagiranno i lavoratori. Dobbiamo, però, attenderci che la carta della separazione del movimento azienda per azienda sia tirata di nuovo fuori a breve in altre situazioni. Che i sindacati di stato siano preoccupati lo dimostra il tono "conciliante" di una dichiarazione del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che, in un'intervista al Corriere della Sera del 13 gennaio 2004 ha così commentato il blocco a sorpresa avvenuto nel capoluogo lombardo. "La scelta milanese è un segnale grave e la Cgil, dopo le assemblee, terrà anche il referendum sull'accordo per il rinnovo del contratto". L'esperienza degli scioperi di dicembre e gennaio da parte degli autoferrotranvieri e degli aeroportuali è percepita da molti lavoratori combattivi come tipica del trasporto e non immediatamente utilizzabile nelle vertenze aziendali dell'industria e dei servizi. D'altro canto l'effetto domino è possibile e anche su questo terreno vi è molto da lavorare. A quanto ne sappiamo, una mobilitazione significativa ed importante degli "utenti" a favore degli scioperanti è stata, sino ad ora, organizzata in maniera forte e visibile solo a Firenze ed a Vicenza anche se non sono mancati altri interessanti tentativi in tal senso come a Pisa. È comunque vero che si sono notati segnali assai positivi di simpatia per gli scioperanti. Detto ciò, ritengo che l'accento vada posto, senza attitudini trionfaliste ma anche senza timidezza su alcuni risultati importanti che si sono realizzati: Il buon Sacconi, il sottosegretario al welfare ex cigiellino, può dire che lo sciopero ha coinvolto soprattutto alcune grandi città ma, se anche non si considera che lo sciopero è riuscito bene anche in diverse città di media grandezza (e, invece, lo si deve considerare), il fatto è che, il 9 gennaio, tutte le principali aziende e molte di quelle medie sono state bloccate. Lo sciopero del 9 e quello del 12 hanno un qualità politica straordinaria che non può essere sottaciuta: erano esplicitamente contro un accordo firmato da CGIL-CISL-UIL finalmente unite. Di fronte agli autoferrotranvieri non vi sono solo le aziende ma anche l'intero apparato sindacale. È, nei fatti, il primo sciopero anticoncertativo degli ultimi anni. Lo stesso tentativo della CGIL di rinviare tutto ad un improbabile referendum è oggi più complicato. Come giustamente è stato detto, lo sciopero è stato il vero referendum basato non sulla separazione fra dichiarazioni ed azioni come, inevitabilmente avviene nel momento del voto, ma sulla loro unione. Lo sciopero ha chiarito quello che pensano i lavoratori. Pensare che una votazione effettuata sotto il controllo della burocrazia sindacale che potrebbe manipolarlo con grande facilità nelle situazioni deboli, sia un obiettivo è più che un errore. È una vera e propria sciocchezza. In questa mobilitazione si è realizzata quell'unità del sindacalismo alternativo che tutti consideriamo necessaria, almeno sul terreno della costruzione delle lotte, ma che è sin troppo spesso una mera dichiarazione di buone intenzioni. Le concrete necessità della lotta hanno determinato quello che sembrava, sino a poche settimane addietro, irrealizzabile. Questo fatto va, con ogni evidenza, valorizzato e deve diventare un elemento di discussione e di confronto. Fra l'altro, una dinamica unitaria non può che essere favorita dalla stessa richiesta di un apertura della contrattazione ai sindacati di base. È, infatti, più credibile che a questo obiettivo si possa arrivare come soggetto unitario che come somma di organizzazioni; Si è inoltre dato, nel corso di questa lotta, un intreccio virtuoso fra presenza non marginale, anzi, di un sindacalismo indipendente, democrazia assembleare e capacità di condurre lotte che fanno male all'avversario intreccio che è essenziale perché il sindacalismo indipendente sia effettivamente tale. Il sindacalismo indipendente, infatti, non può né deve limitarsi a denunciare le malefatte di CGIL-CISL-UIL e oscillare fra una logica del "distinti e distanti" rispetto a costoro e quella dell'accodamento al sindacalismo di stato in grandi adunate tanto "unitarie" quanto incapaci di ottenere risultati. Il sindacalismo indipendente si è mostrato, ancora una volta, uno strumento importante per lo sviluppo dell'azione autonoma dei lavoratori. Non va sottaciuto, questo è evidente, che è percepito da molti, troppi, come uno "stimolo" rispetto alle tardezze ed alle compromissioni del sindacalismo di stato. Una dialettica complicata sulla quale si deve lavorare sia sul terreno concettuale che su quello operativo; Anche in quest'occasione si è verificato come la mobilitazione dei lavoratori abbia posto al centro dell'attenzione generale la questione sociale. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che in politica, e non solo, i fatti pesano più delle parole. Oggi verifichiamo come molti di coloro che hanno governato negli ultimi anni l'impoverimento dei lavoratori dipendenti e la perdita dei diritti minimi stanno riscoprendo che è necessario garantire un reddito minimo e una rete di diritti, un segnale di debolezza e di contraddizioni nel fronte avverso che va colto in tutta la sua rilevanza. I movimenti indipendenti dei lavoratori, infatti, non si sviluppano in laboratori sterilizzati ma nella ricca dialettica fra le classi e sulla base delle contraddizioni che questa dialettica determina. Una partita, insomma, si è aperta. Dovremo giocarla al meglio. Cosimo Scarinzi
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