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Da "Umanità Nova" n. 1 del 18 gennaio 2004

Anarchici ed insurrezione
Con l'insorgenza sociale


Il ricorrente liet-motiv, giornalistico e poliziesco, dell'anarco-insurrezionalismo, merita qualche considerazione di carattere generale, sganciata dalla cronaca e dalle strumentalizzazioni politiche.

Questa ormai abusata definizione che non definisce appare infatti un paradosso e un non-sense ideologico.

L'insurrezione in quanto tale appartiene alla storia dei conflitti sociali e del movimento operaio, quale momento culminante ed anche epico della rivolta collettiva contro i poteri dominanti; basta aprire un manuale d'istruzione secondaria per constatare quanto le insurrezioni, sia quelle vittoriose che quelle sconfitte, hanno segnato e determinato la storia italiana, dalla rivoluzione democratica del 1848 alla ribellione popolare e antifascista di Genova del 1960, dalle barricate risorgimentali all'insurrezione partigiana dell'aprile 1945 che portò alla liberazione delle città del nord dal nazifascismo.

Per cui, anche se gli anarchici e le anarchiche sono sempre stati in prima fila nel sostenere e nell'affiancare l'insubordinazione delle classi che non volevano più essere subalterne e le rivendicazioni di libertà ed uguaglianza, è innegabile che l'insurrezione non è mai stata monopolio esclusivo dell'agire anarchico, tanto più che il più delle volte le insurrezioni hanno visto successivamente l'affermazione di nuovi poteri, di nuove classi dirigenti, di nuovi assetti statali.
D'altra parte, anche se all'interno del movimento anarchico sono sempre esistite componenti educazioniste e radicalmente non-violente, gli anarchici non hanno mai messo in discussione il diritto di insorgere contro l'ingiustizia sociale per spezzare le catene dello sfruttamento e dell'oppressione.

Se, infatti, non sempre le strade percorse dalla ribellione sociale possono coincidere con i metodi antiautoritari, è altresì vero che gli anarchici hanno sempre ritenuto fondamentale la lotta umana per l'emancipazione sociale e l'autogestione generalizzata, mettendo in guardia gli insorti di ogni tempo dalle illusioni sulle conquiste dei palazzi di inverno, sui partiti dell'insurrezione e sui governi rivoluzionari.

Basta leggere gli scritti e l'impegno rivoluzionario di Errico Malatesta è per comprendere quale è, da oltre un secolo, l'insurrezione auspicata dai comunisti anarchici: un'azione collettiva decisa e compiuta per volontà di uomini e donne consapevoli, per mettere fine ad ogni discriminazione e ad ogni violenza, abolendo il dominio dello stato e del capitale sulla vita di tutti.

Dietro tale consapevolezza vi è al convinzione che più una rivoluzione è sociale, quindi estesa e radicale, meno violenza è necessaria per attuarla. Non a caso, in coerenza con tale impostazione antiviolenta, Malatesta - il sovversivo internazionalista ricercato, processato, perseguitato dalle polizie monarchiche, liberali e fasciste - pur essendo stato innumerevoli volte imputato per aver propagandato “l'odio di classe” ed organizzato movimenti insurrezionali, non fu mai condannato per l'uccisione di chicchessia.

Guardando alla nostra storia non rinneghiamo il tirannicidio come estrema forma di resistenza, così come intesero fare Gaetano Bresci e Gino Lucetti attentando alla vita del re e del duce; ma oggi appare un'illusione pericolosa ritenere che, colpendo qualche uomo di potere o qualche tutore dell'ordine, ci si avvicini ad un futuro senza padroni e senza sgherri, oppure che si possono mutare a nostro favore i rapporti di forza all'interno dello scontro di classe.

Non appartengono all'anarchismo certe logiche di sterminio e rigettiamo sugli apparati dello stato l'accusa di terrorismo: da Bava Beccaris a Baghdad, passando per Dachau e Piazza Fontana, le stragi appartengono alla loro politica.
Per questo non nascondiamo la nostra totale opposizione e la nostra complicità con lotte sociali, con gli scioperi fuori da tutte le concertazioni e compatibilità, con le insorgenze e le migrazioni che si aggirano in questo mondo impossibile.
E per quanto riguarda i teoremi dei mestatori della disinformazione vale la pena ricordare le parole della comunarda Luise Michel (1882): "Voi avete paura dell'insurrezione. La si farà quando il popolo la vorrà e non quando la polizia ne avrà bisogno. Andate a dirlo al governo della mistificazione!"

Anti











 

 



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