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Da "Umanità Nova" n. 2 del 25 gennaio 2004

La legge del più forte
Diritto di critica e critica del diritto


I recenti crack Parmalat e Cirio; la vertenza "fuori dalle regole" degli autoferrotranvieri; l'intensificarsi della lotte sociali contro la guerra, la legislazione sull'immigrazione o a difesa dell'ambiente (il caso Basilicata e le proteste contro una futura discarica di rifiuti nucleari); il progetto di legge sugli stupefacenti voluto da Fini; i permanenti guai giudiziari di Berlusconi e la legislazione ad hoc per risolverli; la "lotta al terrorismo" di matrice politica (bierre e "anarcoinsurrezionalisti") o di matrice islamica; la "riforma" del mercato del lavoro (legge 30/03 e relativo decreto di attuazione) che porta a compimento la precarizzazione del mondo del lavoro cui si sono applicati con fervore i governi del Polo e dell'Ulivo negli ultimi anni.

Come si vede l'agenda "legale" di questi giorni è zeppa e consente qualche breve riflessione.

Il diritto è una bestia strana. Le norme sono il prodotto di rapporti di forza nella società: servono da termometro dello stato degli stessi, nonché da maschera o feticcio del reale. Al tempo stesso, per la forza cogente del diritto e per l'apparato che ne cura l'applicazione, le norme hanno una funzione di controllo sociale e di mantenimento e allargamento del potere da parte di chi lo detiene. Va da sé, quindi, che nel tentativo di realizzare nuovi rapporti di forza nella società, ci si possa trovare non solo a battersi contro certe norme perché siano abrogate e sostituite da altre, ma a violare norme esistenti che si percepiscono come ingiuste o che "stanno sulla strada" dell'affermazione di diritti.

Ecco che la riforma del mercato del lavoro sancisce il prevalere dell'interesse del capitale su quello del lavoro nel nostro ordinamento giuridico e la soggezione del secondo al primo. Ecco che si emanano leggi come la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini sugli stranieri che creano uno status giuridico per chi non è cittadino comunitario nel nostro paese legando la permanenza sul territorio italiano all'esistenza di contratto di lavoro, ratificando così la ricattabilità di ampie fasce di lavoratori in quanto extracomunitari. Ecco che si vuole introdurre una normativa sugli stupefacenti ancor più proibizionista dell'attuale spingendo i consumatori di spinelli verso il circuito carcerario.
Al tempo stesso, la lotta per il salario, come nel caso degli autoferrotranvieri, passa per la violazione delle norme sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: vista l'inutilità dello stare "dentro le regole", dopo ore e ore di sciopero "legale", i lavoratori per conseguire un salario decente e arretrati cui avevano diritto, han dovuto "rompere" il guscio e il feticcio della "legalità" per cercare di ottenere dalla loro controparte contrattuale un diverso atteggiamento.

Gli abitanti della Basilicata destinatari di una discarica nucleare per volontà governativa, si sono mobilitati e hanno protestato in massa, con blocchi stradali e ferroviari, fino a costringere il governo a trattare sulla cosa.

Gruppi di senza casa immigrati e non occupano edifici privati o pubblici in stato di degrado e abbandono, per ristrutturarli e farne la loro abitazione, quantomeno provvisoria.
Antimilitaristi cercano di bloccare treni carichi di armi per una guerra che non solo è la "solita" prosecuzione di una politica di potenza "con altri mezzi", ma viola le più semplici norme del diritto internazionale nonché l'art. 11 della Costituzione. Al tempo stesso, viene contestato il concetto di "patria" rifiutandosi di servire nell'esercito o ammainandone pubblicamente il simbolo.

Naturalmente per tutte le azioni "illegali" fin qui descritte, sarà stato aperto qualche procedimento penale per "interruzione di pubblico servizio" o "blocco stradale e ferroviario" o "occupazione di edificio" o "vilipendio alle forze armate" o "alla bandiera".

Contemporaneamente, abbiamo assistito durante questa legislatura al pratico azzeramento delle norme repressive in materia di "criminalità economica" (la vicenda del falso in bilancio e del diritto penale societario); la creazione di norme ad hoc per salvare Berlusconi dai suoi processi (lodo Schifani, da poco dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale); condoni fiscali ed edilizi; abrogazione di norme in materia di tutela ambientale; promulgazione di norme per consentire il rientro di capitali illegalmente trasferiti all'estero, frutto di evasione fiscale.
I crack Cirio e Parmalat (così come quelli Enron o Worldcom) vengono da lontano, ma certo la repressione di condotte che depredano il comune risparmiatore facendo lucrare cifre da capogiro a pochissimi e mettendo in pericolo migliaia di posti di lavoro, ha oggi le armi spuntate e va a scontrarsi con i solidi legami tra politica, banche, finanza, con un "sistema" che ha ramificazioni davvero globali.

Sull'onda del "pericolo terrorismo" assistiamo, soprattutto negli Stati Uniti, all'emanazione di norme che rafforzano il controllo sociale, violano la privacy, consentono incarcerazioni senza processo per un tempo indefinito. Nel nostro paese vengono rispolverati i reati "associativi" che puniscono non la commissione di fatti lesivi di persone o cose, ma la semplice partecipazione ad associazioni che "si propongono" la commissione di detti atti. Ciò che colpisce è il fatto che "violento" o "terrorista" sono accuse mosse periodicamente a tutti coloro che contestano l'ordine esistente. È stato dato del "terrorista" anche alla CGIL e a Cofferati o oggi agli autoferrotranvieri di Milano. Basta molto poco perché il diritto penale venga impugnato come una clava contro l'opposizione sociale. Il ministro Pisanu ha addirittura dichiarato durante un'audizione parlamentare che è allo studio una rivisitazione dei "reati associativi" per ampliare l'area del penalmente rilevante anche ad associazioni che non abbiano una struttura vera e propria, ma che si propongano, non necessariamente commettano, "atti violenti". E ricordiamo che per qualcuno tra gli "atti violenti" vanno indiscriminatamente inseriti gli omicidi, le rapine, i blocchi stradali, l'interruzione di un pubblico servizio, l'occupazione di case, il danneggiamento di un bancomat o la rottura della vetrina di un'agenzia interinale. Il concetto di "violenza" è scivoloso quando si ha a che fare con il diritto e quando non si discerne tra le motivazioni delle condotte e tra i beni lesi (la vita e l'integrità fisica non stanno sullo stesso piano di una vetrina o la serratura di un palazzo vuoto e in abbandono).

La critica dell'esistente passa necessariamente anche attraverso la critica del diritto. Un ordinamento giuridico che quasi depenalizza il falso in bilancio e inquisisce chi sciopera non è che la fotografia di un certo assetto dei rapporti di forza nella società e la maschera, il feticcio, dei sottostanti attuali rapporti economici tra capitale e lavoro. Non è detto che domani la fotografia sia la stessa.

Simone Bisacca












 

 



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