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Da "Umanità Nova"
n. 2 del 25 gennaio 2004
Cesare Fuochi
Una vita per l'anarchia
Il 14
dicembre 2003, all'età di 86 anni, dopo breve malattia è
morto il compagno Cesare Fuochi, ferroviere, anarchico. Con lui
scompare uno degli ultimi esponenti della generazione di anarchici che
ha coniugato l'esperienza del movimento storico con quella di chi
giunse all'anarchismo a partire dalla tumultuosa stagione delle lotte
operaie e studentesche degli ultimi decenni del Novecento. Con Cesare
scompare anche un amico, un compagno sempre presente alle nostre
attività, un maestro buono e comprensivo ma anche rigoroso nel
trasmettere i principi dell'anarchismo malatestiano a cui sempre si
è ispirato.
Nato nel 1917 in un'umile famiglia proletaria, compiuti gli
studi elementari si impiega come garzone di barbiere da Decimo Sarti,
"l'anarchico imolese più bastonato dai fascisti" e per tre volte
assiste alla distruzione della sua bottega da parte delle camicie nere.
L'ambiente in cui cresce è il tipico ambiente imolese fedele
alle idee sovversive anche durante il fascismo. Il padre è
anarchico, molti parenti, paterni e materni, fanno parte del movimento
libertario o del Pci e la sua casa sarà, per tutto il ventennio
e fino alla Liberazione, un centro di ininterrotta attività
clandestina. A soli 18 anni, con altri giovani antifascisti, è
fra i promotori di un libreria circolante, celata in una casa privata,
tramite la quale si diffondono libri di contenuto sociale. Nel 1936,
con altri giovani anarchici tra i quali Andrea Gaddoni, approfittando
della ridotta sorveglianza serale, frequenta Primo Bassi, uscito dal
carcere dopo aver scontato, innocente, una lunga condanna per
l'uccisione di un fascista. Le idee e gli ideali che ha appreso fin da
bambino acquistano ora maggiore consapevolezza teorica e si fanno
pratica quotidiana di vita. Nelle ore notturne, durante la rivoluzione
spagnola, ascolta, in una saletta del bar dell'anarchico Ireneo Sassi,
Radio Barcellona, alla quale lavorano i comunisti Ezio Zanelli e
Giovanna Zanarini, parenti della famiglia Fuochi. Allo scoppio della
guerra è impiegato come infermiere in alcuni ospedali del Veneto
e dopo l'otto settembre rientra a Imola, riprendendo i contatti con i
compagni e gli antifascisti. Con il padre e il fratello Emilio, che
sarà un valoroso partigiano comunista, partecipa alle riunioni
clandestine degli antifascisti imolesi e contribuisce, con Diolaiti,
Bazzocchi e Zavattero, alla rinascita del movimento anarchico nella
Romagna. Nei primissimi mesi del 1944 "sale in montagna" e si unisce
alla IV brigata Garibaldi, accolto calorosamente da quanti lo conoscono
per la sua attività. Nominato vice commissario politico della
compagnia, partecipa a pericolose azioni, rischiando più volte
di finire prigioniero dei tedeschi o di essere ucciso. In un
combattimento gli muore al fianco il giovane Cesare Masetti, figlio di
Augusto. Nel drammatico ottobre del '44, dopo la morte del commissario
della compagnia, ricopre informalmente un ruolo di primissimo piano
della brigata, impegnata nella sanguinosa battaglia di Purocelo e nel
passaggio della linea del fronte. Nel frattempo nella casa paterna,
trasformata in uno dei maggiori centri di propaganda, si ciclostila il
foglio comunista "La Comune". Nel 1945, dopo varie peripezie
(sarà arruolato, suo malgrado, con gli altri partigiani della
36a, nel gruppo di combattimento "Cremona" del nuovo esercito italiano)
rientra a Imola ma viene arrestato dalle autorità dell'Italia
liberata per diserzione, avendo abbandonato la "Cremona" dopo il 25
aprile. Scarcerato dopo una ventina di giorni grazie all'intervento del
comandante partigiano "Bob" Tinti, viene condannato a 18 mesi di
reclusione. I giovani anarchici imolesi avevano comunque approntato un
piano per liberarlo a qualunque costo, nel caso si fosse protratta la
sua detenzione. Fra i fondatori del Gruppo Malatesta, nel 1945 aderisce
alla FAI nel corso del suo Congresso costitutivo, e da allora partecipa
attivamente a tutte le attività del gruppo. Sono anni duri,
durante i quali la propaganda stalinista cerca di spazzare il movimento
anarchico, ma la solidarietà sovversiva creatasi negli anni
della clandestinità e della resistenza, e la universale stima di
cui godono a Imola gli anarchici, impediscono l'affermarsi delle
calunnie o delle blandizie comuniste. Cesare Fuochi sarà fra i
più lucidi nel denunciare l'involuzione sempre più
autoritaria di un movimento che si richiamava, comunque, a ideali
comuni di emancipazione e solidarietà. Attivissimo nel movimento
anarchico, anche grazie al mestiere di ferroviere che gli permette di
viaggiare e tenere i contatti con i compagni, partecipa a quasi tutti i
congressi della FAI e nel 1965 è anche grazie a compagni come
lui, Spartaco Borghi, Cesare Gaddoni, Primo Bassi, se il gruppo
imolese, quasi unico nella Romagna, mantiene l'adesione alla
Federazione. Negli anni settanta, quando il movimento riprende slancio
per l'apporto delle nuove leve, la sua figura, il suo esempio, la sua
lucidità si rivelano preziosissimi nel mostrare ai compagni
più giovani la natura profondamente sociale e umanistica
dell'anarchismo. E più volte la sua intelligente e discreta
"protezione" ha impedito conseguenze spiacevoli a più di un
compagno. Anche negli anni ottanta, quando il Malatesta di Imola assume
l'incarico della Commissione di Corrispondenza della FAI, queste sue
doti si riveleranno importanti per affrontare le questioni più
delicate. A Imola la sua figura ha sempre goduto di grandissima stima
sia fra gli amici e i compagni che fra gli avversari, sentitamente
apprezzata per la fermezza nei principi libertari e per la disposizione
al dialogo e alla discussione: rigido con se stesso e "spontaneamente"
tollerante verso le idee altrui.
Con pochissimi studi alle spalle, Cesare è stato un
maestro, un vero educatore, sempre in grado di insegnare qualcosa anche
agli "illustrissimi dottori", come chiamava affettuosamente i compagni
"che avevano studiato". Cesare lascia un ricordo indelebile in chi ha
avuto la fortuna di conoscerlo.
Gruppi Anarchici Imolesi
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