|
Da "Umanità Nova"
n. 3 del 1 febbraio 2004
Il corpo cancellato
Velo e infibulazione: una medaglia a due facce?
Due
sono gli argomenti che in questi giorni riempiono i giornali di
articoli che parlano di donne, raramente scritti da donne: la
libertà di indossare il velo islamico a scuola in Francia e la
proposta di una pratica medica che sostituisca l'infibulazione in
Italia.
Due argomenti diversi, che hanno origini, motivazioni e conseguenze sul
corpo e sulla mente delle donne completamente diversi, ma un punto in
comune. Velo ed infibulazione sono entrambi strumenti voluti dall'uomo
per chiudere, coprire, far scomparire la donna come essere umano e per
controllarne il corpo.
Del resto troppo spesso ci dimentichiamo che l'oppressione della donna
è precedente all'oppressione di classe. Ancora prima di
controllare la forza lavoro per i propri profitti, i maschi hanno avuto
l'esigenza di controllare il corpo della donna e la riproduzione della
specie, un potere posto dalla natura nelle mani femminili; ma proprio
per la sua forza dirompente gli uomini hanno tentato di assoggettarlo
con qualunque mezzo, anche il più selvaggio.
Ed il bisogno maschile di controllo della riproduzione ritorna con
prepotenza in questi giorni in Italia con la legge sulla procreazione
medicalmente assistita, dove si arriva ad ipotizzare addirittura la
fecondazione coatta della donna (leggi stupro medico). Ma di questo
abbiamo già parlato.
IL VELO PERCHÈ?
Il velo è legato alle culture islamiche: il suo obbligo
però non è dettato dal Corano, che parla solo di
abbigliamento adeguato, ma è stato una invenzione degli uomini,
un mondo per nascondere le donne al mondo; nascondendo il capo
cercavano di nascondere anche l'intelligenza ed il cuore delle donne.
Oggi però sono donne quelle che in Francia chiedono di poterlo
indossare anche nelle scuole, non uomini che a loro lo impongono.
Liquidare la questione come una semplice questione di tolleranza per le
diverse culture, o con una "libertà" imposta per legge, rischia
di non far comprendere a pieno il senso del problema.
Il velo è per queste donne un simbolo religioso, come il vestito
per le suore, e sta diventando un simbolo di identità culturale.
Schiacciate in paesi che disprezzano la loro cultura, la loro storia,
la loro identità, la riaffermazione delle proprie tradizioni
diventa un modo per non soccombere alla dominante ideologia, comunque e
sempre maschile. Tanto è vero che molte donne intrapresero dure
lotte per toglierlo, ma anche se lo misero quando altri regimi imposero
di toglierlo (per esempio in Iran, negli anni 20).
Per alcune donne oggi il velo è visto come un modo per sfidare
le altre culture, come una uniforme della propria identità.
Ma nel mio immaginario le divise sono sempre state simboli di
oppressione e repressione, anche quando indossarla è fatto per
libera scelta.
Ma possiamo davvero considerare una libera scelta, per esempio, quella del proletario che indossa la divisa del poliziotto?
È una libera scelta quella di affermare la propria identità religiosa, anche quando questa è oppressiva?
Odio le divise e diffido dell'omogeneità, del bisogno di
ostentare simboli. Ritengo che prima di essere atei o religiosi, si sia
donne e uomini ed è l'unica identità che mi sento di
riconoscere e di affermare.
Però sono profondamente convinta che qualsiasi legge vieti una
libertà individuale sia un ulteriore passo verso la repressione
e verso la costruzione di una stato totalitario e perciò vada
combattuta.
L'INFIBULAZIONE PERCHÉ?
L'infibulazione viene considerata, erroneamente, come una pratica
legata ai paesi musulmani, mentre invece essa viene praticata in molti
diversi paesi, al di là del tipo di religione dominante in
quella zona. L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che
siano 130 milioni le donne che oggi portano sul loro corpo i segni di
questo orrore ed ogni anno altre due milioni rischiano di aggiungersi.
Forse non tutti sanno in cosa consiste precisamente: nella sua forma
più cruda vengono tagliati la clitoride e le piccole labbra. I
lati della vulva vengono poi cuciti insieme con un filo di seta o con
spine, lasciando aperta solo una piccolissima apertura, talvolta non
più grande di un fiammifero, per permettere l'uscita dell'urina
e del sangue mestruale.
L'età in cui viene effettuata tale barbarie varia da zona a
zona: pochi mesi di vita, sei-sette anni, l'adolescenza, o prima del
matrimonio.
Il grado di violenza, quanta parte del corpo femminile vada tagliata,
viene deciso dalla famiglia della bambina. Le conseguenze fisiche e
psichiche sono disastrose ed evito di elencarle: chi desidera
conoscerle può consultare un qualsiasi sito dedicato
all'argomento, ma, giuro, ci vuole un cuore molto forte per continuare
la lettura sino in fondo.
L'infibulazione garantisce un controllo altissimo sul corpo delle
donne. Il piacere sessuale diventa impossibile, il controllo del corpo
della donna totale.
Sarà solo il marito ad "aprire" la donna, giunta
vergine al matrimonio. È anche "in uso" ri- infibulare la donna
dopo il parto, momento che, avendo la vagina perso gran parte della sua
elasticità provoca profonde e devastanti lacerazioni.
In questi giorni un medico somalo che opera a Firenze in un centro per
la prevenzione e cura delle mutilazioni genitali ha proposto una
"infibulazione" medicalmente assistita. A quanto si legge dai giornali
essa consisterebbe in una puntura di spillo sulla clitoride.
Contro il progetto del ginecologo somalo sono insorte molte
associazioni di donne immigrate, tutte provenienti dai paesi in cui si
pratica l'infibulazione sostenendo che nessuna "riduzione del danno"
è accettabile. L'infibulazione è soltanto violenza
è va combattuta senza mezzi termini e senza ricorrere a
"pratiche alternative": sui diritti umani non è permesso alcun
relativismo culturale.
Io credo che nessuno abbia il diritto di dire ad un'altra
donna cosa sia meglio per lei, pertanto se fossero donne a chiedere, a
sostenere che questa "pratica alternativa" possa essere utile, il
silenzio sarebbe necessario. C'è un però. Decidere per
sé è diverso da decidere per una bambina, fosse anche
solo per una puntura di spillo. Le bambine che voce hanno?
Perché vengono, così spesso, considerate oggetti senza
pulsioni e senza ricordi? La proposta del medico somalo ha avuto un
pregio: portare a conoscenza più ampia un problema atroce di
violenza inaudita. È stato però concepito da un uomo, che
seguendo la sua idea delle donne, ha proposto la soluzione ad uomini, i
capi delle comunità immigrate e l'assessore alla salute in
Toscana, senza interpellare nessuna della interessate. E, sempre
seguendo la sua idea del modo di risolvere i problemi, ha rigettato
tutto sulle donne, cambiando la pratica, ma senza minimamente intaccare
il motivo che ne è fondamento: l'oppressione dell'uomo sulla
donna.
R.P.
|
|