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Da "Umanità Nova" n. 3 del 1 febbraio 2004

Lettera ad un tranviere


Quel lunedì mattina dello scorso 1 dicembre, me ne andavo infreddolito e ancora un po' assonnato verso le scale della metropolitana, quando mi accorsi di uno strano capannello di persone accalcate a gruppi di 3/4 nei pressi della saracinesca abbassata che dà accesso alle scale della ferrovia. Gesticolando e saltellando per far fronte al freddo incalzante, ciascuno seduceva quella platea improvvisata elaborando ed esponendo nel modo più accattivante possibile la propria teoria; si discuteva di un fatto ai nostri tempi assai inusuale.

Correva voce che voi, lavoratori della metropolitana, avevate iniziato uno sciopero selvaggio, non autorizzato nemmeno dai sindacati.
Alcuni, i più ottimisti, spiegavano che di lì a poco il servizio sarebbe ripreso; altri sostenevano che lo sciopero sarebbe durato almeno fino alle 9; altri, pochi in verità, i più lungimiranti, affermavano che la protesta si sarebbe protratta per tutto il giorno e chissà, forse anche oltre. Quelle decine di lavoratrici e lavoratori impossibilitati a raggiungere il luogo presso cui, ogni giorno, si recano a vendere la propria forza lavoro, cominciavano a veder scorrere nelle loro menti il volto truce del padrone, del capo reparto, del direttore dell'ufficio, che avrebbero malvolentieri accettato qualunque giustificazione al loro ritardo o alla loro assenza. Davanti a quella fermata del metrò, il freddo aumentava e la pazienza scemava. Tra un porco di qua e un porco di là le persone cominciavano a disperdersi manifestando il loro disappunto nei confronti dei lavoratori dei mezzi pubblici che stavano colpendo, con la loro protesta, altri lavoratori.

Che hai combinato, maledetto tranviere! Non sono riuscito ad arrivare al lavoro; mio figlio ha perduto un giorno di scuola ed è rimasto a casa ad oziare; io ho dovuto prendere l'auto e sono rimasto bloccato nel traffico per più di tre ore; il mio vicino aveva prenotato una visita quattro mesi fa e per colpa tua non ha potuto presentarsi all'ospedale; io avevo un colloquio per un nuovo lavoro e mi è saltato; il padrone ha costretto mia moglie a prendere un giorno di ferie. Tu, tranviere, per il tuo personalissimo interesse, hai arrecato enormi danni a milioni di lavoratori come te.

Irresponsabile, incosciente, chi credi di essere?

In questa grande confusione mi sentivo un po' disorientato. Volli, ovviamente, informarmi sulle ragioni di tale situazione. Tra la falsa informazione che giornali e televisioni ci impongono ormai quotidianamente e l'immagine di voi come criminali sociali, che stava rapidamente formandosi nell'opinione pubblica, scoprii, non molto sorpreso, che voi auto-ferro-tranvieri stavate scioperando perché i vostri padroni, dopo due anni dalla firma dell'ultimo accordo contrattuale, non vi avevano ancora riconosciuto la parte economica.
Due anni di contratto mai applicato. Due anni di promesse non mantenute. Due anni di pazienza, di lavoro e di turni a sopportare la menzogna di chi si presenta ai tavoli delle trattative con l'unico intento di seppellire sempre più il diritto di ogni famiglia a vivere dignitosamente. Due anni di vita durante i quali c'è stato l'avvento della moneta unica che doveva portare un nuovo e progressivo benessere ai cittadini italiani ed europei e che è invece servita per farci pagare i pomodori 10.000 lire al chilo con gli stessi stipendi di due anni fa, impoverendo sempre più le classi già povere a beneficio di quei signorotti come il sindaco di Milano che sostiene che i vostri sono stipendi più che dignitosi.

Così, giorno dopo giorno, è aumentata la vostra forza che viene dalla presa di coscienza individuale prima e collettiva poi; così vi siete organizzati e avete bloccato intere città; così avete disatteso le aspettative di un sindacato accomodante a cui hanno assegnato il compito di svendere i lavoratori; così infine, avete affrontato il sacrificio economico che una simile lotta comporta per le vostre famiglie.

E allora, caro auto-ferro-tranviere, ho cominciato a formarmi un'immagine diversa di te e dei tuoi colleghi. Ho avuto, e la sento crescere ogni giorno di più, la piacevole sensazione o forse solo la speranza, che con voi si stia risvegliando il bisogno dei lavoratori, oggi dei mezzi pubblici, domani della scuola e via via di tutti gli altri settori, di ricominciare a rivendicare con forza i propri diritti, facendo fronte allo strapotere di chi vuole fare del mondo il proprio giardino di casa e dei lavoratori i propri servi o nella migliore delle ipotesi i propri schiavi.

Per questo, semplicemente, continuerò a dire alla gente di non prendersela con voi per i disagi di questi giorni ma di fare uno sforzo intellettivo per identificare bene chi sono i veri responsabili.
Per questo inviterò tutti a prendere la vostra lotta come esempio di unità tra mille contraddizioni. Per questo ti dico di non preoccuparti e di continuare pure questa tua lotta che è anche la mia.
Per questo ti invierò questa lettera con la mia firma e con le firme di chi mostrerà di essere d'accordo con me.

Grazie lavoratore auto-ferro-tramviere.

Milano, 13 gennaio 2004
(documento sottoscritto da un gruppo di lavoratori della scuola dell'ITIS Molinari di Milano)













 

 



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