![]() Da "Umanità Nova" n. 4 dell'8 febbraio 2004 Ricordando... Gigi Borghi
Il compagno Gigi Borghi ci ha lasciati lunedì 15
dicembre. Appena venerdì era in vicolo del Panico, sede del
M.A.F. con tutti i compagni. Sede che lui stesso insieme ad altri aveva
occupato con l'obiettivo di dare uno spazio anarchico a tutti i
compagni. E la stesura del documento circa la gestione di questo spazio
riflette la volontà di creare uno spazio libertario dove tutte
le componenti anarchiche ognuna con la sua specificità
lavorassero come modello concretizzato di una società libera ed
autogestita. Non erano i tempi dei centri sociali occupati, ma gli
occupanti, e fra questi Gigi, lungimiranti ponevano le basi per
la rivendicazione di uno spazio sottratto alla Firenze mercante,
bottegaia e ritrovato alla socialità libertaria. Oggi
l'occupazione di vicolo del Panico è un punto di riferimento per
molti compagni ed ha attraversato un quarto di secolo sempre su basi di
autogestione ed ha rappresentato e rappresenta sicuramente un punto di
forza di contrapposizione alla mercificazione della Firenze turistica e
dispensatrice d'arte da supermercato. Era stato fin da giovanissimo
Professore all'Istituto d'arte di Ravenna dove insegnava percezione
visiva e mosaico ed in questo settore artistico ha lasciato varie
opere. Ha fondato alcune scuole di pittura e mosaico. Si definiva
anarchico individualista, ma sottolineava ambedue gli aggettivi in
maniera decisa e la sua vita l'ha vissuta da anarchico sempre alla
ricerca di una militanza critica ponendo l'accento sul percorso
individuale non senza partecipare attivamente alla costruzione del
movimento anarchico non solo fiorentino. È stato per molti
giovani compagni fin dagli anni 70 una conoscenza che inoltrava alla
scoperta dell'anarchia viva ribelle, creativa, reale nel quotidiano.
Spesso amava ricordare che uno dei motti più belli era ed
è "sarà una risata che vi seppellirà" e
così amava dare il suo contributo tagliente critico ma sempre
ironico, sarcastico. La sua critica diventava feroce quando annusava
aria istituzionale e spronava a divincolarsi dalle forme sterili di
lotta fine a se stessa. Amava spaziare dalla filosofia all'arte, dalla
politica alla sociologia dalla musica alla cucina portando in ogni cosa
il suo spirito di uomo libero e della libertà amava cantare
senza remore ideologiche. Franca la sua definizione dell'anarchia. Una
società di individui ognuno unico, ognuno ancorato al suo io
libero che via via si associa ad altri individui ugualmente liberi ed
unici per percorrere un tratto di strada, di vita. Di una
socialità vissuta come volontà intima di esperienze
cognitive e gioiose di un quotidiano che solo così può
divenire una utopia realizzata. Accentuava la sua idea di vita e di
anarchia in tutte le forme creative di comunicazione e amava
sottolineare che l'arte, quella che riesce a sottrarsi alla
società dello spettacolo, è per sua stessa natura
anarchica. Ed immediatamente diventa sovversiva. Così come amava
affermare che nella comunicazione di movimento l'uso del linguaggio
piatto gerarchico del potere doveva essere abbandonato perché
esso stesso impone l'ordine costituito. Gigi i compagni fiorentini ti
salutano brindando alla tua anarchia.
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