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Da "Umanità Nova"
n. 5 del 15 febbraio 2004
inform@zione
Cagliari continua il processo ai compagni
Martedì 13 gennaio si è tenuta la seconda udienza del
processo a 3 dei compagni arrestati nel corso dei tafferugli scoppiati
a Cagliari lo scorso 22 ottobre al termine di una manifestazione di
solidarietà con Massimo Leonardi. In tutto vi furono 14 fermati
di cui 4 tratti in arresto, un compagno ricoverato in ospedale e altri
tre che accusarono lesioni. Tra i poliziotti tre furono i "feriti", tra
cui il capo della mobile che si è costituito parte civile.
Durante l'udienza sono stati ascoltati i responsabili di piazza della
polizia: incalzati dalla difesa hanno avuto difficoltà a
sostenere che il loro intervento fu indotto da atti di danneggiamento e
che la situazione sarebbe degenerata a causa dell'aggressività
dei manifestanti. La ricostruzione degli eventi proposta è
risultata essere confusa e contraddittoria, sia in merito ad un
presunto tentativo di identificazione dei manifestanti che sarebbe
sfociato negli scontri, sia rispetto al riconoscimento degli imputati
quali responsabili di precisi atti di aggressione e di danneggiamento.
Infine sono stati sentiti due poliziotti la cui deposizione, a dir poco
reticente, non ha aggiunto alcun elemento a vantaggio dell'accusa,
anzi, forse ha contribuito a contraddire ancor più quanto
dichiarato precedentemente dai funzionari. Gli ulteriori testi di
accusa saranno ascoltati il 7 aprile, mentre l'udienza dei testi della
difesa inizierà il 5 maggio.
Una grandissima partecipazione di compagni e simpatizzanti ha riempito
il tribunale fin dalle prime ore: circa trecento persone sono
intervenute a portare solidarietà agli arrestati ed a protestare
contro il tentativo di intimidazione e criminalizzazione del movimento.
Il processo è stato seguito da giornali, radio e televisioni che
per fortuna non sono state ammesse in aula. Peraltro l'aula stessa
è risultata gremitissima per tutte e quattro le ore di durata
dell'udienza; chi non è riuscito ad entrare ha riempito i
corridoi del palazzo di giustizia mentre all'esterno si è tenuto
un presidio.
A info
Dal fronte degli autoferrotranvieri
Il sindacalismo di base impegnato nel settore degli autoferrotranvieri
sullo sciopero del 30 gennaio fa una valutazione molto positiva,
registrando una importante adesione in molti grossi centri.
Particolarmente interessante la rispondenza in molte località
del sud e in molte altre parti dove non c'era stato, in precedenza, una
presenza organizzata del sindacalismo di base. Tutto questo anche
malgrado numerosi accordi siglati a livello locale in tutta fretta, con
l'intento di smorzare la protesta. Molti di questi accordi sono stati
fatti in modo migliorativo rispetto a quello di Milano, perché
non prevederebbero nessuna contropartita in cambio e le differenze
contributive concordate andrebbero direttamente un paga base.
Il referendum degli iscritti della Cgil sull'accordo nazionale è
stato fatto sotto stretto controllo da parte degli stessi apparati
burocratici. Per quanto riguarda Cisl e Uil, sostengono di aver fatto
consultazioni al proprio interno, ma non si sa con quale criterio. Sta
di fatto che nelle assemblee dei lavoratori l'operato di Cgil-Cisl-Uil
è stato fortemente contestato.
Preoccupanti segnali repressivi stanno arrivando da Venezia, dove 800
lavoratori hanno ricevuto contestazioni da parte della commissione
disciplinare interna all'azienda, in cui si preannunciano da 1 a 5
giorni di sospensione, con rischi di licenziamenti.
Il coord. nazionale degli autoferrotranvieri, che raggruppa tutte le
sigle del sind. di base presente nel settore, si riunirà a breve
con l'intenzione di rilanciare la lotta che, pur senza rinunciare alla
messa in discussione dei recenti accordi nazionali, punterà
sull'obbiettivo del rinnovo contrattuale, sulla base di una piattaforma
fuori dalle logiche concertative, ma legata ai bisogni reali dei
lavoratori.
Enrico
Roma: ancora repressione
Giovedì 5 febbraio il tribunale di Roma ha processato 7 dei 14
compagni arrestati il 25 ottobre scorso per un presidio vicino al
carcere romano di Rebibbia in solidarietà con Massimo Leonardi.
I compagni sono stati condannati per resistenza a pubblico ufficiale a
2 mesi e venti giorni, due di loro sono stati condannati anche a 4 mesi
per lesioni. La pena è stata sospesa per tutti.
Il presidio era avvenuto nel giorni successivi all'arresto di Massimo
per aver allontanato un carabiniere infiltrato all'interno del corteo
contro il vertice europeo del 4 ottobre a Roma. In maniera analoga a
quanto avvenuto pochi giorni prima a Cagliari i compagni erano stati
brutalmente caricati durante un presidio informativo. A Roma i compagni
hanno dovuto fare anche 2 notti in carcere, quando, in situazioni del
genere (degli incensurati fermati in una manifestazione non
autorizzata), normalmente ci si limita alla richiesta di documenti, con
eventuale accompagnamento in questura. La "resistenza a pubblico
ufficiale" per cui sono stati condannati, è il classico reato
che la polizia usa quando non ha altri motivi per denunciare qualcuno.
I compagni condannati non sono altro che le ultime vittime del processo
di criminalizzazione di qualsiasi forma d'opposizione praticato da un
governo che ha paura che il malessere sociale diffuso si saldi a
pratiche autogestionarie e di azione diretta.
Fricche
Compleanno all'ospedale San Paolo di Milano: 25 anni di malasanità
L'Ospedale San Paolo in Milano festeggia i suoi venticinque anni
inaugurando le nuove Sale Parto "umanizzate", ben quattro, nei prossimi
giorni saranno assunte sette ostetriche.
All'inaugurazione/festeggiamento sono presenti le rituali
autorità (sindaco, assessore, governatore e quant'altro),
previsti anche riconoscimenti (un bel medaglione in simil-oro) ai
dipendenti fedeli per almeno 25 anni. La notizia apparentemente
è questa, l'unico commento sarebbe "va tutto bene". Ma, gli
arredi e le apparecchiature mediche ed elettromedicali delle,
inaugurante/inaugurate, sale parto sono prese a noleggio e
lunedì (proprio lunedì prossimo) saranno portate via;
l'annunciata assunzione delle sette ostetriche è in
realtà un incarico a tempo determinato (anche loro passata la
festa andranno via).
Nel 2004, anno del venticinquesimo, l'Ospedale San Paolo, riduce i
posti letto, passa infatti da 558 dello scorso anno agli attuali 436.
Un Ospedale pensato, a fine anni cinquanta, per avere 728 posti letto
diventati dopo la L.R 55/74 ben 1236, letti che non si sono mai visti,
non avendo avuto mai, realmente, raggiunto i seicento posti letto.
L'Ospedale pensato da Giuseppe Ravetta, al momento della sua apertura
dei suoi 331 letti nel 1979, vede disattivare i letti del Ronzoni (80
letti) e del principessa Jolanda (242 letti): un incremento di ben nove
posti letto…
A metà degli anni ottanta scoperta (in ritardo) la dimensione
del fenomeno AIDS, al S. Paolo si progetta una sezione, 10 posti letto,
per donne gravide sieropositive. La sezione inaugurata più di
dieci anni fa (e ricostruita ex novo per ben due volte) è ora
chiusa e i pazienti trasferiti all'Ospedale Sacco, sezione infettivi.
In compenso l'Odonto Stomatologia è da tempo stata trasferita in
via Beldiletto per poi essere trasformata in Dental Building SPA.
La storia d'inaugurazioni farse e di preparazione del terreno alle
strutture private, purtroppo all'ospedale S.Paolo, così come
anche negli altri Ospedali Pubblici, non si limita ai soli casi qui
segnalati, possiamo ricordare le ben due inaugurazioni del Nuovo Pronto
Soccorso (sembra ce ne sia una terza in calendario), 10 sale operatorie
furono, in pompa magna, inaugurate nel febbraio 1988 e aperte solamente
dopo 4 anni di attesa.
Insomma la politica aziendale dell'ospedale S. Paolo appare chiara:
trasformazione e riduzione dei posti letto, privatizzazione dei servizi
sanitari e amministrativi, non sostituzione del personale (il numero
degli infermieri occupati in specifici servizi e reparti si è
ridotto di circa il 30%), cooperative d'assistenza, contratti atipici
di lavoro ecc.
Quasi inutile aggiungere che un ospedale privato, l'Humanitas cresce
rigogliosamente nelle vicinanze dell'Ospedale San Paolo succhiando a
quest'ultimo posti di ricovero e attività ambulatoriali.
Febbraio 2004 segna l'inizio della campagna elettorale, sabato 7
febbraio si sono inaugurate le sale parto al S.Paolo, mercoledì
11 altre sale parto all'ospedale San Carlo: sono gli stessi ad operare
l'inaugurazione e a noi viene una domanda: "oltre alle stesse facce ci
saranno stati anche gli stessi arredi e apparecchiature mediche?"
L'Usi Sanità San Paolo, ha partecipato alla festa del 7 con
presidio di tutta la giornata, un caloroso saluto rivolto a tutte le
autorità che hanno varcato la porta del nosocomio milanese. Ha,
inoltre allestito una mostra sui venticinque, in realtà 38, anni
dell'ospedale, ha approntato un numero de "il Paolaccio" per
l'occasione dove si racconta quante lotte ha visto il S. Paolo ancor
prima della sua inaugurazione, della sua occupazione ad opera dei
lavoratori di Ronzoni e Jolanda e poi inaugurazioni elettorali,
palazzine inesistenti o dei denti "d'oro", insomma di un ospedale dove
si sta male.
gianfranco e angelo
Milano telefonici in sciopero
Venerdì 30 gennaio è stato proclamato dai sindacati di
base Flmu/CUB Cobas e Snater una giornata di sciopero contro i tagli
del personale e la precarizzazione del lavoro di tutto il gruppo
Telecom (Telecom Tim ITT Emsa, ect.).
A Milano in mattinata si è svolto un presidio davanti ai negozi
Telecom, situati nel centro, sotto la Galleria, attigua a piazza Duomo.
Vi hanno partecipato un folto gruppo di lavoratori in particolare di
Telecom e Tim, ai quali si è aggiunto un corteo di studenti e di
centri sociali inneggianti alla lotta contro la precarizzazione.
Davanti ai negozi Telecom era schierato, a difesa, un drappello di
poliziotti. Si sono seguiti interventi ai microfoni da parte di
lavoratori in cui si spiegavano ai cittadini i motivi della lotta,
accompagnati dalla distribuzione di volantini.
Anche i giovani del corteo sono intervenuti per far sentire la loro
voce di solidarietà e contro la precarietà del lavoro.
C'è stato solo un momento di tensione: quando alcuni del
presidio si sono mossi per mettere dei cartelli di protesta
all'ingresso dei negozi Telecom; da parte dei poliziotti sono stati
dati segni di evidente nervosismo. Ma alla fine tutto si è
risolto tranquillamente.
Enrico
Livorno la privatizzazione dell'acqua
Tutto è cominciato con la legge Galli che nel 1994 ha riformato
i servizi idrici attraverso la costituzione di ATO (Ambiti Territoriali
Ottimali). In Toscana ne sono stati definiti 6 ognuno dei quali ha poi
identificato un soggetto gestore cui affidare il servizio, con
l'eventuale possibilità di affiancare a questo una componente
privata, per alleggerire le casse pubbliche di corposi debiti
accumulati in decenni di sperpero. Nel luglio 2003 è stato
pubblicato il bando di gara per la cessione di un pacchetto di
minoranza in ASA servizi spa, il soggetto che a Livorno e in provincia
gestisce alcuni servizi tra cui il completo ciclo dell'acqua con un
bacino di utenza di oltre 350.000 abitanti. Non era la prima volta che
la ex municipalizzata, trasformata in Spa nel 1998 (comune di Livorno
unico socio), si offriva al mercato: già l'anno prima vi era
stato un emblematico flop, nessuna offerta. Evidentemente la storia
pubblica dell'azienda toscana e le sue allegre gestioni con corposi
debiti accumulati non rappresentavano un'affascinante preda per le
fauci delle tentacolari cordate nazionali ed internazionali a caccia di
"public utilities". Così i propositori del matrimonio ASA con il
privato, hanno visto bene di rendere la "poverina" più seducente
togliendole qualche velo poco redditizio, più precisamente hanno
offerto un'Asa scorporata: niente impianti né edifici,
condutture o fogne, solo il servizio idrico integrato e
l'attività di commercializzazione del gas tramite la controllata
(100%) Asatrade.
E così la nuova offerta di appropriarsi del 40% di Asa ha
finalmente ricevuto diverse proposte di interesse che in questi giorni,
salvo sorprese dell'ultima ora, definiranno il nome di chi
aumenterà i canoni e le tariffe per l'utenza locale.
Dato il costo della carta del giornale saltiamo l'elenco della crema di
cordate nazionali e multinazionali, che sperano di mettere una nuova
bandierina nel risiko dell'acqua mondiale.
La storia di ASA dal 1998 ad oggi è stata molto travagliata;
è difficile tenere il conto nel vortice di società
controllate, avventure imprenditoriali internazionali, volontà
di mostrarsi come partner affidabile nei campi dell'energia, delle
opere idrauliche delle opere di risanamento ambientale. A Livorno,
tutti hanno memoria di significativi esempi di
imprenditorialità: anticipo di contratti esosi per i cittadini,
obbligatorietà di sopralluoghi costosi e in regime di monopolio
per i nuovi allacci, aumenti medi delle bollette. Per non parlare dei
leggendari viaggi a Cuba di efficienti funzionari per avventure
solidali tra l'azienda con farmacie caraibiche, o per le storiche buche
in strade e marciapiedi labronici quando, fino a qualche anno fa,
l'azienda era convenzionata con il comune anche per la manutenzione
stradale.
Dunque gli utenti hanno già apprezzato tutte le migliori
premesse, in regime di monopolio pubblico, che ci annunciano come
bella e conveniente per ogni consumatore (ex utente) sarà la
commistione pubblico privato per le aziende ex municipalizzate che
verranno. Modelli analoghi in tutta Italia, stanno dando i loro frutti
in termini di disagi e costi. Eppure l'esperienza di altri luoghi non
è stata sufficiente, in loco, per cercare altre strade.
Così, in un'atmosfera di completa dismissione da parte delle
amministrazioni locali rispetto al soddisfacimento di bisogni primari
della popolazione, si è svolta a Livorno sabato scorso una
manifestazione contro la privatizzazione dell'azienda, che ha chiamato
a raccolta centinaia di cittadini che non si vogliono sottomettere alla
perversa logica che trasforma il bene vitale, essenziale dell'acqua in
una merce come tante. Promossa dagli stessi lavoratori e pensionati
dell'azienda organizzati in comitato, ha visto la presenza di anime del
Social Forum del territorio cittadino e provinciale oltre ad alcune
rappresentanze partitiche di opposizione. La Federazione Anarchica
Livornese ha partecipato distribuendo un volantino contro la
privatizzazione, pur nella consapevolezza che le nostre rivendicazioni
non auspicano di tornare o rimanere con l'attuale gestione pubblica
dell'acqua, forte in tutta Italia di decennali disservizi,
complicità mafiose, sprechi nell'assoluto disprezzo
dell'ambiente, bilanci da bancarotta, assenza di informazione.
L'obiettivo deve essere più radicale: il concetto di pubblico
deve prevedere la gestione collettiva del servizio da parte di tutti
coloro che ne usufruiscono, operando con tecnologie per la riduzione
dei consumi e il recupero ambientale in un'ottica di risparmio di un
bene sempre più scarso. Esattamente l'opposto di ciò che
il privato farà, qui come altrove.
Lindo Lavello
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