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Da "Umanità Nova"
n. 6 del 22 febbraio 2004
La memoria cancellata
La giornata sulle foibe: revisionismo nazionalista
Il
governo di centro-destra è già ben oltre l'intenzione,
dichiarata due anni fa per bocca di Baget Bozzo, di voler cancellare il
25 aprile come festa nazionale della liberazione; infatti, in questi
mesi, abbiamo assistito ad una incalzante strategia storico-politica
che, senza intervenire direttamente sul calendario, sta di fatto
conseguendo tale risultato attraverso la svalutazione di tale data,
grazie anche alla condiscendenza colpevole dei Democratici di Sinistra.
Parti essenziali di tale strategia appaiono i nuovi fasti
della celebrazione del 2 giugno, anniversario della repubblica, con
tanto di parata militarista; la valorizzazione patriottica della
battaglia di El Elamein che vide la sconfitta dell'Italia fascista in
Africa; la proposta di commemorare ambiguamente la caduta del muro di
Berlino ed ora l'istituzione del giorno del ricordo delle foibe.
È un disegno sottile che tende ad annullare date e
fatti importanti della storia attraverso l'introduzione di altre date e
altri fatti sotto una ben precisa ottica storica di tipo revisionista.
Così i soldati caduti in Africa combattendo la guerra
di Mussolini vengono equiparati ai soldati italiani di Cefalonia
fucilati dai nazisti, mentre la Giornata della Memoria dello sterminio
nei lager di Hitler viene fatta seguire da una giornata del ricordo
delle foibe, spudoratamente definite come "l'Olocausto italiano",
sorvolando sul fatto che proprio negli stessi territori
imperversò l'orrore concentrazionario della Risiera di San Sabba.
E tutto questo sotto lo sventolio del tricolore che dovrebbe
ammantare uniformemente tutto il nostro passato: fascisti e
antifascisti, partigiani e repubblichini, monarchici e repubblicani,
padroni e lavoratori…
Si argomenta che tutti i morti sono eguali, ma in
realtà si vuol far credere che tutte le idee sono uguali, che le
scelte di chi lottò su opposti fronti furono tutte parimenti
insensate e sanguinose, che non esistono divisioni di classe, che solo
l'essere italiani conta e che ogni altra definizione o scelta di campo
è anacronistica o immotivata.
Tra l'altro, è il caso di sottolineare un'evidente
contraddizione di fondo: se infatti fosse vero, come viene sostenuto da
più parti, che i "martiri delle foibe" e gli esuli costretti ad
abbandonare l'Istria, Fiume e la Dalmazia furono discriminati in quanto
"tutti italiani e solo perché italiani", allora forse nel giorno
del ricordo bisognerebbe commemorare le vittime del nazionalismo, di
ogni nazionalismo.
Invece, attingendo a piene mani alle mistificazioni
nazi-fasciste con cui venne allora creato il mito macabro delle foibe,
si sfrutta tale occasione per eccitare l'anticomunismo più
becero e diffamare la resistenza, nonché per fomentare l'odio
antislavo in una zona di confine dove il buon senso chiederebbe invece
d'incrementare la cultura della convivenza.
La malafede dei registi di tale operazione politica è
tale che quanti cercano, sulla base di documenti d'archivio e ricerche
storiche, di contestualizzare quegli eventi e ridimensionare le cifre
più improbabili delle esecuzioni sommarie e degli "infoibati",
sono paradossalmente accusati di "negazionismo" e messi sullo stesso
piano di chi sostiene l'inesistenza dei campi di sterminio nazisti.
Innanzitutto va evidenziato il fatto che in quei mesi di
guerra, gli attori presenti su quelle scene tragiche furono molteplici:
truppe d'occupazione naziste, collaborazionisti fascisti, reparti
repubblichini, bande nazionaliste ustasha, gruppi partigiani di diverse
e contrapposte tendenze politiche, unità dell'esercito di
liberazione jugoslavo, funzionari staliniani, agenti anglo-americani…
per cui è quanto meno approssimativo isolare la questione-foibe
da tale contesto, avvalorando un'impossibile univocità di ruoli
e condotte.
In particolare, è necessario ricordare invece cosa
comportò la "bonifica etnica" fascista in tali zone negli anni
precedenti: i cognomi slavi vennero italianizzati d'autorità, le
scuole slovene e croate furono chiuse, l'uso in pubblico della lingua
slava fu vietato. La repressione degli oppositori slavi al regime
fascista fu durissima: 544 appartenenti alle minoranze slovena e croata
furono processati dal Tribunale Speciale per "attività
antitaliane", per un totale di 476 condanne, 4.893 anni di carcere, 19
condanne a morte.
A seguito dell'aggressione fascista, senza dichiarazione di
guerra, contro la Jugoslavia, l'occupazione italiana si rivelò
ancora più spietata con esecuzioni di massa, distruzione di
interi paesi e la deportazione di decine di migliaia di civili nei
campi di concentramento di Rab, Gonars, Cairo Montenotte e altre
località italiane. Lubiana venne circondata da un alto
reticolato di filo spinato, mentre i suoi 80 mila abitanti furono
sottoposti a rastrellamenti in quanto sospettati di appoggiare la
resistenza. Nel '42 con una specifica circolare, il comando militare
italiano assicurò le truppe che "gli eccessi di reazione non
verranno mai perseguiti", mentre invece si promettevano severi
provvedimenti contro "coloro che dimostrassero timidezza ed ignavia". E
di quel periodo tremendo rimangono foto agghiaccianti, di sorridenti
italiani-brava gente in uniforme davanti a mucchi di fucilati, ma
questa è una pagina di storia che nessuno vuole ricordare.
emmerre
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