|
Da "Umanità Nova"
n. 7 del 29 febbraio 2004
Manicomi per tutti
La controriforma psichiatrica di Burani Procaccini
Uno
dei peggiori incontri che si possano fare su un treno o dal fornaio
è la Signora Che Ringhia. Le Signore Che Ringhiano sono sempre
arrabbiate, sanno tutto su tutto, risistemerebbero il mondo con la
stessa disinvoltura con cui i Commissari Tecnici da bar rifanno tutte
le settimane la formazione della Nazionale, sono sempre pronte a
socializzare col prossimo la propria protervia illuminata dal Maurizio
Costanzo Show o da qualche settimanale-spazzatura.
Una vera rappresentante delle Signore Che Ringhiano, un
autentico clone di provincia di Oriana Fallaci è Maria Burani
Procaccini, una signora sulla cinquantina dal ghigno feroce, che per un
qualche caso del destino s'è ritrovata a sedere sui banchi del
Parlamento nella fila di Forza Italia e addirittura a presiedere la
Commissione Affari Sociali. Recentemente ha legato il suo nome a due
dei disegni di legge più genuinamente liberticidi che le bande
di mafiosi, fascisti, nazipadani e integralisti cattolici attualmente
al governo in Italia abbiano mai partorito. L'ultimo in ordine in
ordine di tempo è quello che vorrebbe proibire le manifestazioni
ai minori di 11 anni, ma prima ancora aveva dato il suo nome al
progetto di controriforma psichiatrica elaborato dalla Commissione
Affari Sociali.
Sulla psichiatria, infatti, la sciura c'ha sue convinzioni.
Come ha detto in un'intervista al quotidiano fascista Il Tempo, "i
numeri parlano da sé: un adulto su cinque soffre di disturbi
mentali" e "un bambino su quattro, purtroppo, soffre di almeno un
periodo di disturbi psichici". A partire da questi dati (che
contraddicono clamorosamente tanto le analisi epidemiologiche quanto
l'esperienza personale di tutto il resto dell'umanità), la
conclusione è inevitabile: "i malati di mente sono malati che
devono essere curati anche contro la loro volontà, in strutture
apposite e appositi reparti ospedalieri".
La Legge Burani Procaccini dovrebbe approvare in aula a fine
marzo alla Camera, dopo esser stato rititolato: "Emergenza
dell'epidemia depressiva". Dovrebbe essere un testo unico "in materia
di prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie psichiche" che
dovrebbe "sostituire" la storica legge 180, che a suo tempo
portò alla chiusura dei manicomi, ristabilendo in qualche modo
diritti di cura e di vita degli internati e delle persone con problemi
psichici.
La Legge Burani Procaccini si presenta sin dalla sua
formulazione come una vera e propria "legge speciale" per la
psichiatria - che abroga, per sostituirle completamente, le norme in
vigore - in quanto prevede per le persone affette da disturbi mentali,
condizioni ed opportunità di esercizio dei diritti di
cittadinanza diverse rispetto alla generalità dei cittadini,
anche per il tempo dell'intera vita. È lo stesso impianto della
legge manicomiale Giolitti del 1904 che costruì per i pazienti
affidati agli psichiatri un circuito assistenziale a sé,
separato dal punto di vista dei luoghi di vita e dal punto di vista
dello stato giuridico. La pericolosità sociale è di nuovo
assunta come attributo della malattia mentale. È perfino
previsto che i pazienti psichiatrici ricoverati debbano condurre gli
esami clinici, di cui abbisognassero per problemi di ordine
internistico o chirurgico, non negli appositi dell'ospedale, ma solo
tra le mura della divisione di psichiatria.
Partendo da questi assunti, il disegno di legge prevede
l'apertura di strutture residenziali che potrebbero ospitare anche
"anziani con autosufficienza limitata o non autosufficienti". Le nuove
strutture manicomiali gestite dai privati e finanziate dallo stato
"custodiranno" a protezione dell'ordine pubblico e sociale chiunque -
su segnalazione di parenti, amici e vicini di casa, chiunque ne abbia
interesse, come suggeriscono i relatori della legge - possa essere
ritenuto "socialmente pericoloso" e idoneo a due mesi (prorogabili) di
Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) da una apposita "commissione
di controllo" composta da un giudice cautelare, uno psichiatra ed un
rappresentante delle associazioni dei familiari. Viene introdotto anche
l'Accertamento sanitario obbligatorio (Aso), ovvero il controllo delle
condizioni psichiche di una persona: lo chiede un medico e lo convalida
uno psichiatra, viene fatto a casa dai responsabili del centro di
salute mentale che possono essere accompagnati da polizia e
carabinieri, se necessario. Il nuovo testo prevede anche il TSOU,
ovvero il trattamento sanitario obbligatorio d'urgenza, una
novità rispetto alla legge attuale. Il TSOU (che dura 72 ore)
deve essere chiesto da un medico, confermato da uno psichiatra,
eseguito dalle forze dell'ordine e può essere anche utilizzato
anche per i soggetti in stato di intossicazione da alcol o droga.
D'altra parte, nei nuovi manicomi c'è posto per tutti. È
prevista infatti la loro suddivisione in "aree di degenza" con corsie
differenziate in base al disturbo ed addirittura repartini riservati
alle donne sofferenti di crisi post-parto. I familiari non possono
essere obbligati alla convivenza con i malati di mente maggiorenni,
anche se saranno stabiliti incentivi per le famiglie disposte a
mantenere il malato. La prevenzione e la cura sono affidate ai
Dipartimenti di salute mentale (Dsm) o di psichiatria e la gestione
dell'assistenza affidata a un'integrazione pubblico-privato. La
prevenzione, intesa come attività a cui sono obbligatoriamente
tenuti i DSM, consisterebbe nella ricerca e nell'individuazione il
più possibile precoce, a partire dalla scuola dell'infanzia, dei
soggetti a rischio. Ai bambini riconosciuti "difficili" si aprono le
porte di una "carriera psichiatrica" gestita prima dalle UONPI
(Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile) e poi dai DSM.
All'articolo 3 il ddl dice che "i DSM hanno l'obbligo di collaborare
con le istituzioni scolastiche per compiti di prevenzione delle
malattie mentali e di informazione in favore del corpo insegnante" e
che "per l'individuazione precoce delle situazioni di rischio
psicopatologico e dei disturbi psichici, il Ministro della salute, con
proprio decreto, stabilisce le modalità di realizzazione di
specifici programmi atti alla diffusione di appropriati e soddisfacenti
interventi presso le scuole, ad iniziare da quelle materne. I programmi
devono prevedere procedure di screening e preparazione degli
insegnanti".
Se venisse approvato così com'è stato proposto,
il disegno di legge rappresenterebbe prima di tutto un irragionevole
ritorno all'arcaico che non ha altra motivazione se non una feroce fame
di manicomio. È ormai accertato da decenni infatti che nelle
situazioni gravi, i programmi riabilitativi a lungo termine (con
adeguato trattamento farmacologico, opportunità di residenze
protette, disponibilità di terapie di gruppo, avvio alla
formazione professionale, attivazione di gruppi di self-help e di reti
sociali nelle aree di residenza) danno un esito significativamente
migliore rispetto all'internamento, specie per ciò che concerne
i livelli di disabilità sociale. La qualità della vita
dei malati psichici è, però, evidentemente l'ultimo dei
pensieri degli estensori della controriforma psichiatrica. La
psichiatria è da sempre uno strumento di controllo sociale,
storicamente utilizzato per reprimere il dissenso (come accadeva nella
Russia marxista) e per disciplinare la società. Gli screening
psichiatrici di massa ipotizzati dalla proposta di legge sin dalle
scuole materne aprono le porte ad un futuro peggio che orwelliano, in
cui perderemmo persino la fondamentale libertà di essere un po'
strani.
robertino
|
|