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Da "Umanità Nova" n. 7 del 29 febbraio 2004

A chi tocca
Perquisizioni in Lazio


Viene quasi voglia di fare una rubrichetta fissa sul giornale e chiamarla "A chi tocca", vista la cadenza ormai settimanale con cui ci tocca denunciare montature repressive ai danni di compagni.

La notizia di questa settimana è quella di 40 perquisizioni ai danni di compagni prevalentemente residenti nella provincia laziale. Un paio di compagni abitano all'interno di centri occupati (Torre Maura e La Marmitta) e la perquisizione delle loro stanze è stata la scusa per controllare anche tutto il resto dell'occupazione.

L'intento persecutorio nei confronti degli indagati è testimoniato anche dalle modalità delle perquisizioni, in alcuni casi effettuate anche a casa dei genitori in cui i compagni non risiedevano più da anni, e dal materiale sequestrato, tra cui alcune copie di Umanità Nova.

L'operazione era stata largamente annunciata. Il giorno precedente si era tenuto un vertice tra i PM delle procure che si occupano degli anarchici che era terminato con l'annuncio di arresti e perquisizioni per il giorno successivo, tanto che alcuni giornali (come Il Manifesto) avevano riportato la notizia. La mattina delle perquisizioni a Torre Maura sono arrivati prima i giornalisti (con il seguito di operatori video) e poi i poliziotti: con il risultato che per circa mezz'ora sembrava di stare sulla passerella del festival di Sanremo in attesa della star.

Il motivo di tanto, voluto, clamore mediatico è da ricercare nell'assoluta inconsistenza delle "prove" a carico dei compagni: la ragione per cui sono stati inquisiti loro e non altri è per essere stati identificati (o semplicemente riconosciuti) nel corso di volantinaggi davanti a scuole e supermercati o nell'aver partecipato ad una pacifica iniziativa di protesta sotto la sede del Corriere di Viterbo per la disinformazione che questo giornale forniva sulla vicenda degli arresti di Massimo e Tombolino.

Non si trattava, ovviamente, di volantinaggi clandestini fatti da chissà che organizzazione criminale, ma da normali volantini di propaganda firmati dai collettivi cui appartengono i compagni e da loro distribuiti tranquillamente nei luoghi dove svolgono la propria attività.

Il teorema è che, siccome nei volantini si inneggia alla rivolta e visto che nella stessa zona sono stati compiuti attentati aventi le medesime "finalità eversive", gli autori dei volantinaggi siano gli autori degli attentati.

Che si voglia perseguire solo un reato d'opinione, seppur con accuse pesantissime (agli indagati è stato contestato l'art. 270 bis del codice penale), è dimostrato anche dalla presenza, tra i quaranta indiziati, di compagni di diverse esperienze politiche, alcuni dell'autonomia di classe, altri anarchici, altri semplici punk con il solo difetto di risiedere in provincia di Viterbo e di essere stati notati nel proprio paese da qualche carabiniere alla ricerca di improbabili insurrezionalisti.

È tanto palese l'inconsistenza delle accuse che il GIP ha, in un sussulto di dignità, negato i 21 arresti che gli erano stati chiesti insieme alle 40 perquisizioni.

Quale sia il clima di persecuzione nei confronti degli anarchici della provincia laziale lo rappresenta bene anche un'iniziativa della questura di Frosinone che ha ingiunto al comune di Pontecorvo la cancellazione di scritte anarchiche comparse nella cittadina. Le scritte non erano particolari, né particolarmente truculente ("Né Dio né stato", "Liberi tutti" etc.), ma evidentemente, quando si tratta di anarchici, rientrano nelle competenze questurine anche le problematiche relative all'arredo urbano.

È di tutta evidenza che il ministero dell'interno sta cercando di far passare sui media l'equazione anarchici = terroristi, giustificando così qualsiasi arbitrio.

La richiesta di leggi speciali contro gli anarchici serve a dare veste legale ad abusi come quello compiuto con queste perquisizioni.

Temo purtroppo che, avvicinandoci alle elezioni, questo clima si accentuerà, visto che siamo rimasti tra i pochi che alla falsa scelta tra il lifting di Berlusconi ed i capelli tinti di Prodi seguitano a praticare percorsi di reale liberazione sociale.

Fricche

















 

 



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