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Da "Umanità Nova" n. 7 del 29 febbraio 2004

Lascia e non raddoppia!
La Maddalena: manifestazione contro la base USA


Eravamo in settemila a dire no alla base di La Maddalena. No a una base pericolosa, no a una base americana, no a una base militare. Erano diversi i contenuti, presenti in piazza a Cagliari, sabato scorso, ma c'era un unico no alla base, su tutti gli striscioni, provenienti da varie parti della Sardegna. Il corteo ha riempito le vie del centro, nonostante lo scirocco e la pioggia di sabbia, nonostante la notizia di una bomba carta che, nella notte, è esplosa davanti al circolo Frarìa, centro di documentazione anarchico, indipendentista e comunista.

La mobilitazione contro un'installazione militare, che è in procinto di allargarsi, torna ad essere significativa. Le notizie degli ultimi mesi si sono succedute facendo crescere la rabbia e l'opposizione nei confronti di una presenza mai del tutto tollerata. Il 30 settembre scorso, il ministro della difesa, ha dato il via libera al progetto americano di ampliamento della base di La Maddalena - Santo Stefano. Il progetto prevede che gli attuali 18 mila metri cubi, in gran parte costituiti da strutture mobili, diventino 52 mila, in cementarmato, con un nuovo molo di 180 metri e una costruzione sottomarina larga 10 metri e lunga 100, che consentirà l'attracco di altre unità da guerra. L'assenso al progetto è stato motivato da esigenze di sicurezza (sicurezza per chi, signor ministro?) e dalla necessità di armonizzarsi con i canoni estetici della legislazione urbanistica regionale (edifici-scatoloni in riva al mare, con attracco di navi da guerra è una strana rappresentazione di armonia estetica). La parte più criptica del progetto è quella dedicata all'impatto ambientale. Chissà perché tanto mistero, quando sarebbe stato più coerente sostenere che il Parco Naturale ne avrebbe tratto solo benefici. Mentre l'opposizione alla base cresceva e i vertici Usa negavano l'ampliamento, insistendo sull'elastico concetto di ristrutturazione, una serie di incidenti filtravano attraverso la spessa cortina del segreto militare e allarmavano la popolazione. Dapprima un sommergibile, armato a testata nucleare, che s'incaglia in una secca, a 30 km dalla costa, poi un compressore esploso nei depositi munizioni che si estendono, sotterranei, per diversi chilometri. Di fronte al pericolo concreto, l'unica iniziativa utile viene presa da un'associazione corsa e dal WWF Gallura che, insieme, commissionano a un istituto francese di ricerca indipendente sulla radioattività (Criirad) un'indagine nelle acque di La Maddalena. I risultati sono allarmanti. L'altissima concentrazione di Torio 234 costringe gli esperti ad affermare che esistono due spiegazioni possibili: o la zona ospita una ricchissima miniera di uranio oppure l'area è contaminata.

Le cause più probabili potrebbero essere l'uso di munizioni all'uranio impoverito, nelle esercitazioni e lo smaltimento di scorie radioattive nei fondali. I Maddalenini non tollerano più risposte evasive e formano un comitato spontaneo. Intanto iniziano a circolare dati epidemiologici. Secondo i medici di base la percentuale di tumori e alterazioni genetiche è ben al di sopra della norma, ma alla Asl non esiste nessun registro ufficiale. I medici, dopo aver denunciato l'alta incidenza di focomelia, rachischisi e tumori ipofisari, decidono di autorganizzarsi e stilano, in proprio, un registro dei casi significativi, a partire dallo scorso anno. La prefettura, dal canto suo, vuole dimostrare la propria utilità e divulga un Piano di evacuazione in caso di incidente nucleare: sessanta minuti per evacuare 15 mila persone, se succede in inverno. Il massimo incidente ipotizzato è la fuoriuscita di sostanze radioattive allo stato aeriforme: una nube contaminante e assassina. In questo caso il piano di evacuazione prevede che le solerti forze dell'ordine, con lo spirito di abnegazione che le contraddistingue, circolino, armate di megafono e ripetano il seguente messaggio: "Attenzione, attenzione, la zona in cui vi trovate potrebbe essere interessata da contaminazione radiologica. Allontanatevi subito e raggiungete la strada per Arzachena".

Se non sapesse di catastrofe annunciata, puzzerebbe solo di ridicolo. Ma è una beffa troppo pericolosa, che si fa sempre più amara. Dal 1972 ad oggi, da quando Andreotti siglò con gli USA gli accordi segreti - noti come il patto di Belzebù - che hanno dato il via alla Base, è stato un susseguirsi di silenzi criminali, di evidenze negate, di raggiri colpevoli. In settemila, sabato scorso hanno detto basta. E la presenza anarchica e libertaria era particolarmente nutrita e vivace. Per affermare che non vogliamo basi militari, non vogliamo essere il fronte avanzato della guerra contro il medioriente. Non vogliamo essere complici degli assassini. Non vogliamo rischiare le nostre vite per i progetti di onnipotenza USA, assecondati dal servilismo del governo italiano.
Sabato scorso è stato proposto di proseguire la mobilitazione il 20 marzo, proprio a La Maddalena. Se l'appuntamento verrà confermato, la gravità della situazione e l'urgenza di incrementare la lotta, meriterebbero un'attenzione e una partecipazione ben più che regionale.

Luisa Siddi
Massimo Coraddu

















 

 



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