Umanità Nova, numero 9 del 14 marzo 2004, Anno 84
Veniamo al dunque: quattro anni fa, e forse qualche tempo in
più, il governo di Centrosinistra, capeggiato da D'Alema, regala
all'amico Pericu, sindaco di Genova, patron di una giunta di
Centrosinistra più Rifondazione Comunista, il G8. È un
bel regalo, molto apprezzato, anche dai comunisti di giunta. Gli echi
di Seattle sono lontani, le guerre pure (si fa per dire) e le palanche
(i soldi) fanno piacere a tutti.
Le città metropolitane hanno capito che se si vogliono
ristrutturare devono organizzare eventi mediatici internazionali e
lavorare per essere sedi di importanti centri economici e di ricerca
(ITT ad esempio). Genova iniziò con le Colombiane e
chissà quando finirà.
Il G8 ha però un inghippo, non troppo calcolato: tra le varie kermesse è quella tra le più indigeste. Genova diviene così, in breve tempo, un grandissimo ZOO (la zona rossa e gialla) ed un enorme centro di POLIZIA internazionale: a tutto questo lavorano alacremente Pericu e la sua GIUNTA ed il governo di Centrosinistra.
Poi, come per miracolo, per loro s'intende, vince le elezioni politiche il cavalier Berlusconi, ed il centrosinistra, con i relativi affiliati (Arci, Acli…….) diventa no-global. L'occasione è ghiotta: c'è un movimento in crescita, pubblicità gratis e la possibilità, per alcuni, di iniziare una bella carriera politica.
È da quel tempo che bisogna far partire il processo politico che ora si "conclude" nelle aule giudiziarie: un sistema internazionale di potere (G8, WTO…) e di dominio si legittima attraverso le sue appendici locali, ovvero gli Stati e le loro propaggini organizzative locali (lander, province...) Non riesco a capire coloro i quali si stupiscono del fatto che l'attuale giunta di centrosinistra si sia costituita, come atto dovuto nel senso pieno e politico del termine, come parte civile contro i 26 processati: è la stessa giunta che ha voluto ed organizzato il G8. Può lo Stato condannare e processare se stesso?
Rifondazione comunista genovese, dal suo canto, rappresenta in
maniera emblematica il declino involutivo del partito nazionale: sempre
più divisa tra apparato e amministratori, tra apparato e base e
tra base e base, sta scontando la lunga marcia verso il Governo e
così, a fronte dell'uscita dalla giunta comunale degli assessori
targati RC, il partito neo-rifondato si spacca immediatamente:
l'Assessore Valter Seggi, il privatizzatore delle acque comunali
(cessione a privati dei bacini idrici genovesi), consegna la tessera di
Rifondazione e con lui anche il capogruppo di Rifondazione in Comune,
Delogu, Giordano Bruschi, membro del comitato politico nazionale, Aldo
Grasso, assessore al comune di Cogoleto, il consigliere provinciale
Agostino Granelli, il vicepresidente del CDC Valbisagno, Giusi Giani,
il consigliere della circoscrizione Valbisagno, Giorgio Mangini, i
segretari dei circoli e i membri del comitato politico federale, Nicola
Di santi e Lorenzo Ingenito. E siamo solo agli inizi: nessuno sa, al
momento, quale sia l'atteggiamento dei militanti di base e dei semplici
iscritti. Una cosa, però più importante, al momento non
la sappiamo noi: non si capisce bene, insomma, se Rifondazione
Comunista ritiri semplicemente i suoi assessori, ma continui, a livello
di voti, a sostenere pienamente la giunta comunale. D'altronde se le
tattiche di governo richiedono di turarsi il naso e di tenere duro, il
partito della Rifondazione comunista è già da parecchio
tempo che si sta turando e non solo il naso.
Dunque il processo ed i capri espiatori
Secondo un'antica tradizione religiosa ebraica Mosè ordina che ogni anno si celebri l'espiazione dei peccati. Nel giorno designato, il sommo sacerdote prende due capri: il primo viene sgozzato e il sacerdote lo carica, simbolicamente, di tutti i peccati suoi e del popolo; l'altro viene mandato via perché si disperda nel deserto e non torni mai più.
Nella simbologia sacrificale moderna la vittima è l'innocente che catalizza l'odio, l'invidia e i risentimenti della comunità e, che per questa, paga lo scotto per tutti.
In questo processo ci sono due tipologie di capri espiatori:
Il primo è quello del Potere: è la vittima sacrificale dell'opposizione sociale che si incarna nei 26 indagati e processati. Non è però l'unico: le violenze repressive di Bolzaneto, della Diaz, delle manifestazioni, l'assassinio di Carlo Giuliani, le attuali e vecchie perquisizioni, le intimidazioni, le incarcerazioni preventive, da Cosenza a Roma, da Viterbo a Parigi, i teoremi giudiziari, il 270 bis ragionano con il medesimo criterio selettivo e punitivo.
Il secondo capro espiatorio è quello di una parte e sottolineo una parte del Movimento no-global: è il black – bloc, l'uomo nero, il non conosciuto, la vecchia megera, l'antica strega. Il black bolc incarna la risoluzione delle contraddizioni interne di un intero movimento di opposizione sociale: l'attribuzione delle colpe e di tutte le colpe ad un corpo indefinito consente a tutti gli altri di poter "espiare" le proprie contraddizioni e le proprie modalità di lotta, a partire dal remoto tabù della violenza. "Non ci sono i black block al processo" dice qualcuno. Se ci fossero, staremmo più tranquilli? Avremmo soltanto "i colpevoli" che servono al Potere, la nuova Al Queda locale, in franchising, anarchica, senza padrini e senza padroni, riproducibile a piacimento, tanto nulla deve essere dimostrato né dimostrabile. Così si continua a fare il gioco del Padrone: il conflitto viene relegato immediatamente all'unica tipologia e conflittualità che il dominio ritiene possibile, ovvero alla totale passività/non reattività. Perché se lo sfascio di vetrine viene considerato alla pari del crollo della diga del Vajont, il passo perché un blocco di una stazione ferroviaria sia considerato un attacco alla sicurezza nazionale e quindi terroristico è davvero breve.
Un po' come la legge Cirami (quella dell'incompatibilità ambientale), i giudici buoni e quelli cattivi, i Tribunali giusti e quelli ingiusti: si dimentica sempre una cosa molto semplice, e cioè quella di ricordare la funzione delle strutture repressive dello Stato, funzione che è indicata in una buona parte dalle leggi dello stato stesso e dall'altra dalla formazione e dallo sviluppo di mentalità sociali collettive. È un po' come il mito della polizia buona e di quella cattiva: la Polizia ha una funzione repressiva ed è un organo soggetto alla disciplina, al controllo ed all'indirizzo del potere politico. La sua funzione ed i suoi ruoli vengono determinati da quello e poco importa se in 15 cantano faccetta nera ed in tre bandiera rossa, così poco importerebbe che, al contrario i proletari in divisa siano di sana "fede bolscevica": il nemico del popolo può annidarsi dovunque, basta che lo dica il capitano e sopra di lui qualcun altro. Come anarchici e libertari su queste cose abbiamo la memoria lunga.
Intanto la procura di Genova invia 29 avvisi di garanzia a 29
dirigenti e capisquadra di polizia accusati di falso, calunnia, lesioni
gravi ed abuso d'ufficio in merito alla devastazione della scuola Diaz
ed alle violenze fisiche e morali connesse. Altri 39 avvisi di garanzia
vengono inviati per le violenze alla caserma di Bolzaneto. La caserma
viene visitata pochi giorni fa dal cardinale di Genova, Bertone, che
porta la sua benedizione seguita dalle seguenti parole: "Siete custodi
della legalità e della pace sociale". D'alta parte la chiesa
cattolica non è nuova né alle collaborazioni strette con
regimi fascisti né alle benedizioni postume di luoghi di
massacri e di violenze: Argentina, Cile…
Sulle mobilitazioni
Ci sono state a Genova contemporaneamente e a ridosso del processo diverse iniziative organizzate per la quasi totalità dalle diverse componenti che fanno capo al Social forum nazionale. La manifestazione del 2 marzo, composta da circa 2000 persone, vede in gran numero la presenza di realtà del nord-est, di Rifondazione comunista, del sindacalismo di base. Pochi i genovesi, in gran parte studenti e pressoché inesistente, tranne alcune individualità, la presenza anarchica e libertaria, federata e non federata, organizzata e non organizzata.
Sulla manifestazione del 2 marzo posso comprendere le ragioni della astensione partecipativa, vuoi per motivi di scelta politica, vuoi per la difficoltà ad essere presenti in un giorno lavorativo infrasettimanale. Quella che è mancata, però, in maniera visibile, è stata una nostra continuità nell'azione di solidarietà attiva nei confronti degli indagati e dei processati, azione che ci aveva visto e che ci vede in prima fila in molte situazioni di repressione sociale.
Occorre riprendere il cammino interrotto.
Pietro Stara