Umanità Nova, numero 9 del 14 marzo 2004, Anno 84
Quattro militari (o cinque, secondo le versioni), piloti di elicotteri, impegnati nell'invasione dell'Iraq sono stati segnalati all'autorità giudiziaria perché si sono rifiutati di compiere il loro dovere accampando la ragione della scarsa sicurezza dei loro mezzi. La notizia ha conquistato la prima pagina di qualche quotidiano ed è stata ripresa - anche se in tono minore - da tutti i media. Il caso risale ad un paio di mesi orsono ma, evidentemente, la vicinanza temporale con la strage di Nassiriya aveva sconsigliato di renderla pubblica proprio mentre tutti i politici erano in piena frenesia patriottarda.
L'avvenimento, minimizzato dalle forze armate e dai rappresentanti del governo, ha dato modo agli pseudo-oppositori parlamentari di esibirsi in uno dei classici numeri della retorica militarista, quello del lamento sulle carenze tecniche dell'esercito che, storicamente, ha accompagnato tutte le imprese guerresche nostrane e che ha - di solito - come unico risultato l'approvazione di un ennesimo aumento delle spese militari. Ma forse quel rifiuto è anche un segnale, per quanto debole, del disagio e delle difficoltà che l'esercito invasore sta affrontando, qualcosa che contrasta in modo stridente con la retorica militarista e con quanto viene propagandato tramite l'asfissiante e continua apparizione in tutte le trasmissioni televisive dei "nostri ragazzi impegnati in una missione di pace".
Intanto il governo sta approntando una riforma del Codice militare che aumenterà le competenze dei tribunali militari e allargherà i confini della sua applicazione anche al di fuori dello "stato di guerra", in ossequio alla dottrina statunitense della "guerra infinita".
L'unica opposizione possibile all'imbarbarimento resta ancora una volta solo l'azione e la propaganda antimilitarista anarchica.
Pepsy