Umanità Nova, numero 10 del 21 marzo 2004, Anno 84
Più di duecento morti, circa 1500 feriti, una metropoli sconvolta, uno choc generale. E le vittime sono gente comune, lavoratori e studenti pendolari. Quelli che si alzano presto la mattina e che non hanno privilegi né complicità con gli apparati militari o repressivi. Gente di tredici nazionalità, molti immigrati che speravano di trovare una sopravvivenza decente nella capitale spagnola. E quanti compagni sono passati sui quei treni pochi minuti prima…
Una strage che cambia il corso della storia. I morti assassinati dell'11 marzo a Madrid portano un profondo cambiamento nella situazione spagnola, europea, mondiale.
Le radici del massacro madrileno affondano, oltre che nella guerra in Iraq a cui sta partecipando in prima fila l'esercito spagnolo, in un conflitto plurisecolare che è evocato dagli autori della rivendicazione con l'etichetta di "crociato". Sembra che il tempo non sia mai passato da quando orde di fanatici cristiani si lanciarono a "liberare il Sacro Sepolcro", dal secolo XI in poi, e prepararono imprese sanguinarie a danno delle popolazioni arabe e del Mediterraneo orientale. Il comunicato della sezione saudita di Al Qaeda sembra uscito da un sermone anticristiano di un millennio fa, magari da una mezquita dei tempi della Riconquista, cioè dell'invasione della Spagna araba e musulmana da parte dei regni barbari e pastorali del Nord.
Da parte sua Al Qaeda ricorda cose ovvie e scontate: chi semina vento raccoglie tempesta. Ricorda che si stanno uccidendo bambini, donne, anziani in vari paesi occupati da truppe occidentali e che ora non bisogna meravigliarsi se la guerra e i massacri vengono portati nel cuore delle città europee. È una logica, quella del taglione e della vendetta, che prescinde dal considerare se le vittime delle azioni terroristiche e di rappresaglia siano responsabili o meno degli attacchi condotti dagli eserciti occidentali. In questo senso avrebbe un fondamento la comparazione del massacro di Madrid con altri atti perpetrati dagli Stati attraverso le guerre e le violenze contro i civili attraverso i bombardamenti di città e villaggi.
Il terribile messaggio della centrale della lotta religiosa e politica che fa capo al gruppo fondamentalista è che non esistono confini tra i civili e i militari, che la guerra è dappertutto, che ogni mezzo è lecito per terrorizzare i popoli. Non a caso si invitano "i popoli alleati dell'America" a "fare pressioni sui propri governi affinché si ritirino subito dall'alleanza con gli americani". È questo l'obiettivo che Al Qaeda si propone di raggiungere anche con la strage di Madrid.
In questa visione cinica, ma non disperata, essa assomiglia molto ai servizi segreti ai quali siamo abituati nel civile mondo occidentale, di cui, non a caso, il signor Osama bin Laden è stato un allievo attento e prediletto quando serviva nella lotta antisovietica in Afganistan.
Gli osservatori reazionari d'Europa potrebbero affermare che il rifiuto della guerra in Iraq, e soprattutto dei contraccolpi terroristici che ha rovesciato tutte le previsioni elettorali in Spagna, va nello stesso senso delle richieste di Al Qaeda. Essi dovrebbero però dimostrare che la forsennata "guerra al terrorismo", scatenata per aumentare l'egemonia degli USA nel Medio Oriente petrolifero, non abbia favorito le simpatie antiamericane nelle popolazioni colpite e quindi anche il reclutamento di nuovi aderenti alle fila del fondamentalismo islamico. La questione fondamentale che pochi hanno presente è che il terrorismo di Stato, detto anche guerra, e quello fondamentalista islamico sono complementari e coincidenti nelle strategia e nei valori disumani di riferimento.
Gli alleati degli USA, a tutti i livelli, danno per scontato che la risposta statunitense all'11 settembre dovrebbe costituire un modello da imporre in tutto il mondo. L'attacco contro le Torri Gemelle ha giustificato due guerre, la riduzione dei diritti civili, l'eliminazione di buona parte del diritto internazionale, il lager di Guantanamo, l'aumento vertiginoso delle spese militari e poliziesche e tante altre misure repressive.
In Spagna le conseguenze sono state diverse. Questo era il paese dove l'opposizione alla guerra in Iraq ha raggiunto livelli più elevati. Non a caso Blair temeva che Aznar si ritirasse dall'impegno militare diretto e quindi lo faceva controllare dai suoi servizi segreti (a proposito di lealtà fra alleati!). Per mesi nelle città spagnole vi era stata una specie di "insurrezione nonviolenta" che invadeva le strade coinvolgendo una quantità inedita di persone unite dalla protesta antibellica.
Nel caso italiano, per vari aspetti simile, il governo aveva cercato di recuperare il consenso perso usando in modo spregiudicato i militari uccisi a Nassiriya e opponendo la mobilitazione del "popolo patriottico" a quella del "popolo pacifista". E i risultati non gli sono stati, nel complesso, sfavorevoli. Si è aperta la strada alla solita, ma mai obsoleta, unione-nazionale-in-nome-della-comune-identità alla quale non volevano restare esclusi gli opportunisti di sinistra e di centro.
In Spagna invece Aznar ha voluto giocare una carta troppo abusata e sporca e da subito ha attribuito la responsabilità della strage di Madrid all'ETA non considerando assolutamente la possibilità dell'effetto boomerang. In un certo senso voleva stravincere superando di slancio la prevista vittoria elettorale con la maggioranza relativa e puntando direttamente su una schiacciante maggioranza assoluta. A questo scopo ha spinto verso massicce manifestazioni di piazza contro il terrorismo dell'ETA ignorando dichiarazioni di forze indipendentiste basche che escludevano questa matrice e una serie di elementi storici che dimostravano che l'ETA aveva, quasi sempre, evitato vittime estranee. Il primo passo sembrava redditizio con enormi masse di milioni di persone (si sono valutate in 11 milioni su una popolazione di 40 milioni), con molte bandiere nazionali spagnoliste, con cartelli contro l'ETA, con una gestione mediatica dell'evento associata al dolore ufficiale e a facce formalmente tristi che annunciavano la sospensione della campagna elettorale (che, in realtà, continuava con altre forme).
Il giorno dopo, man mano che la pista di Al Qaeda emergeva in modo incontrollabile (e la caduta delle Borse valori lo aveva subito rivelato), migliaia di cittadini violavano la consegna ipocrita della "giornata di riflessione" e protestavano contro l'inganno e la manipolazione sotto le sedi principali del PP. Era un evidente segnale di una svolta nell'opinione pubblica. Il clima di isteria governativa contro il terrorismo basco mieteva anche delle vittime (almeno due morti nei paesi Baschi) per mano di singoli poliziotti (un negoziante freddato perché non aveva voluto esporre un cartello anti ETA) o della polizia come istituzione che scioglie violentemente manifestazioni non autorizzate.
Di ora in ora sono apparsi sempre più chiari l'inganno del potere, la menzogna strumentale, la manovra spregiudicata. Forse è stata questa sensazione insopportabile che ha spinto ad una forma di protesta residua che mantiene l'illusione di contare: il voto.
Le percentuali di votanti sono aumentate del 7%, invertendo la tendenza alla riduzione, e molta gente della sinistra astensionista e delusa dagli ambigui leader (e con tante ragioni!) ha fatto la scelta del male minore e ha accettato di opporsi in questo modo alla provocatoria manovra di Aznar e soci. Ne sono sintomi evidenti l'aumento dei voti al PSOE, l'unico in grado di battere il PP, la riduzione di voti "inutili"all'Izquierda Unida, il balzo avanti di una formazione alquanto originale come Esquerra Republicana de Catalunya. Quest'ultima, che ha una storia di intesa e di rivalità con la potente CNT degli anni Trenta, si è presentata sulla scena come sostenitrice della via del dialogo per superare la lotta armata dell'ETA ed è l'unica a dichiararsi apertamente antimonarchica.
Da un punto di vista antistatale e "antipolitico" questo terremoto formale del quadro spagnolo va valutato con diffidenza e scetticismo, doti assai utili per non cadere da una trappola all'altra. Ugualmente va rilevato che, nel volgere di pochi giorni, un regime solido e tronfio come quello di Aznar è stato sconfitto, le minacce del fondamentalismo islamico sono dati di fatto, la reazione del popolo spagnolo, con tutti i suoi limiti, ha portato un dato di novità e di potenziale evoluzione positiva. Molto dipenderà dalla volontà, in Spagna e in Europa, a non smettere la mobilitazione contro la guerra e il terrore, di Stato o di religione.
Claudio Venza