Umanità Nova, numero 11 del 28 marzo 2004, Anno 84
Dopo settimane di proteste e mobilitazioni contro la costruzione del Muro nella zona di Dir Kadis (Ramallah), domenica 21 marzo una manifestazione di abitanti del villaggio di Kahrbata, accompagnati da centinaia di attivisti e attiviste israeliane e internazionali, è stata violentemente repressa dall'esercito israeliano. Dopo il consueto lancio di gas e granate assordanti i militari hanno iniziato a sparare proiettili ricoperti di gomma, ferendo molte decine di dimostranti. Il più grave è Itay Levinsky un giovane israeliano di 20 anni di Anarchici Contro il Muro, colpito da un proiettile ad un occhio e ricoverato in terapia intensiva. Anche un ragazzo palestinese di 14 anni e una anziana donna palestinese hanno riportato gravi ferite alla testa. Un bilancio definitivo dei feriti non è ancora chiaro e i dati oscillano tra 37 (secondo il comunicato dell'International Solidarity Movement) e 150 (secondo il quotidiano "mainstream" israeliano Maariv).
Nella serata dello stesso giorno è stata indetta una manifestazione di protesta a Tel Aviv, di fronte al ministero della difesa, in cui sono confluiti diversi gruppi della coalizione che si batte contro il Muro. Il gruppo di Anarchici Contro il Muro ha bloccato la strada principale nei pressi del ministero. L'azione si è conclusa con uno sgombero violento da parte della polizia e con l'arresto di sette manifestanti, trattenuti per la notte in caserma.
Sia la stampa sia la radio e la televisione israeliane hanno dato ampio rilievo ai fatti di Kahrbata, rendendo pubblico con foto e con testimonianze oculari, come la violenza militare si sia scatenata contro manifestanti disarmati, spesso già distesi al suolo nel tentativo di sfuggire ai proiettili e come i soldati abbiano deliberatamente mirato alla parte superiore del corpo, contravvenendo al regolamento che impone loro di mirare esclusivamente alle gambe.
Le proteste contro la costruzione del Muro in quest'area erano iniziate già da settimane. Gli abitanti della zona si trovano di fronte al rischio di perdere molti ettari di terreno e di piantagioni di olivi. Il percorso previsto per la cosiddetta "barriera di separazione", isolerebbe inoltre i villaggi da Ramallah (la città più vicina) impedendo l'accesso a servizi primari come scuole e ospedali.
La scorsa settimana, in risposta ad una petizione dell'Association for Civil Rights in Israel, depositata alla Alta Corte di Giustizia a nome degli abitanti della zona di Dir Kadis, i lavori di costruzione erano stati interrotti e le autorità avevano dichiarato di stare riconsiderando un percorso alternativo per la barriera. Tuttavia giovedì i budozer avevano ricominciato la distruzione delle coltivazioni. Nella protesta sorta lo stesso giorno, un bambino di 10 anni era stato seriamente ferito.
A cura di Ricke (Fonti: Gush Shalom e ISM)