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Umanità Nova, numero 11 del 28 marzo 2004, Anno 84

Madrid 11 marzo: guerra asimmetrica tra potenti
Il nemico assoluto



La spettacolare azione di guerra intrapresa dalla galassia delle organizzazioni combattenti islamiche e la successione di eventi politici che ha prodotto nel paese iberico segnano un giro di boa fondamentale nello svolgimento delle guerre americane iniziate con la prima guerra del Golfo nel 1991, e il cui ultimo atto era stata l'invasione dell'Iraq la scorsa primavera.

Parliamo di azione di guerra perché quella in atto ormai da tredici anni è una vera e propria guerra che gli Stati Uniti e i loro alleati combattono sia con le armi belliche che con quelle finanziarie. È una guerra che ha come obiettivo il mantenimento della posizione di dominio americano sull'economia mondo capitalistica allo scopo di permettere alle classi dominanti a stelle e strisce di succhiare profitto da tutto il mondo tramite il rastrellamento globale dei capitali internazionali disponibili. Il controllo militare del globo è necessario agli americani per il mantenimento di questa posizione alla quale d'altronde non possono rinunciare. La struttura economica statunitense, infatti, da almeno venti anni non è più abbastanza competitiva nei confronti di quelle (potenziali) europea ed asiatica da integrarle all'interno del proprio sistema di profitto esclusivamente per via commerciale e produttiva. Al contrario di quello che ci raccontano la concorrenza non è per nulla l'anima del capitalismo ma la sua negazione. L'acuirsi della concorrenza comporta la decadenza degli investimenti nei settori maggiormente esposti alla competizione e il loro trasferimento verso il facile realizzo della speculazione finanziaria. In tale situazione la classe dominante nazionale in grado di controllare i mercati finanziari può mantenere il predominio sulle altre "tosandone" i profitti evitando di competere direttamente con essi sui mercati. 

Per ottenere questo obiettivo la classe dominante che controlla la finanza internazionale deve necessariamente dotarsi di una forza militare in grado di imporre la tosatura finanziaria ai possibili competitori economici. Questo è quanto sta accadendo in questi anni. Gli Stati Uniti la cui economia denuncia da anni un deficit di competitività nei confronti delle economie trainanti dell'Europa e dell'Asia, continuano a godere di un alto tasso di profittabilità grazie al rastrellamento di capitali internazionali che il Tesoro americano effettua con lo strumento delle obbligazioni pubbliche garantite dal ruolo di moneta internazionale assunto dal dollaro e, naturalmente, dai missili e dalle bombe a stelle e strisce. I possibili competitori degli Stati Uniti sono chiamati con questo sistema a finanziarne il deficit con i propri profitti peraltro ottenuti proprio sul mercato di Washington. Il progressivo rastrellamento di capitali ha provocato la diminuzione dei profitti delle industrie europee e asiatiche, e il loro tentativo di garantirsi una sicurezza di realizzo grazie alla costituzione di spazi economici regionali parzialmente chiusi verso l'esterno e alla costruzione di relazioni privilegiati con le classi dominanti dei paesi del Sud del mondo possessori di risorse energetiche e minerarie centrali nella moderna produzione.

Naturalmente questa strategia mina alla radice le ragioni del predominio USA e la stessa possibilità di sopravvivere delle classi dominanti americane come dominanti globali. Contro di essa Washington ha lanciato la strategia della "globalizzazione" consistente nell'erosione degli spazi di manovra internazionali delle classi dominanti europee ed asiatiche. Così l'Europa è stata ricondotta ad uno spazio economico comune senza progetti di autonomia da Washington (e soprattutto con mercati ben aperti alla penetrazione a stelle e strisce) e il tentativo di autonomizzazione dello spazio economico dell'Estremo Oriente è stato sabotato in modo diretto con la crisi finanziaria teleguidata del 1997-98.

Il perseguimento del progetto di globalizzazione comporta anche la cancellazione delle residue autonomie delle classi dominanti del sud del mondo e al loro sostituzione con dei fantocci creati all'interno delle Università americane il cui ruolo è l'obbedienza più assoluta di fronte agli ordini americani. Così Iraq, Afganistan e Jugoslavia hanno subito la sorte dell'invasione e non pochi paesi africani produttori di minerali o petrolio sono travolti da anni da guerre feroci alimentate dalla penetrazione americana in terre finora sottoposte al controllo ex imperiale francese. Paesi come l'Arabia Saudita e Il Pakistan, un tempo fedeli alleati degli americani sono sottoposti a pressioni durissime per abbandonare ogni velleità di autogoverno e trasformare le proprie classi dominanti in prefetti locali dell'ordine americano.

È in questo clima che deve essere collocato l'11 settembre prima, l'11 marzo poi. Un settore ben preciso della rendita petrolifera arabo-islamica, la cui identità si è venuta costruendo negli anni del Jihad contro i sovietici in Afganistan, e la cui formazione è un misto del fondamentalismo wahabita (ideologia sunnita nata nel XVIII secolo e religione ufficiale della casata dei Saud) e di corsi militari tenuti da esperti inglesi ed americani, ha deciso di rifiutare la sorte loro riservata dagli strateghi USA e ha lanciato la guerra di resistenza contro la penetrazione americana.

Guerra che per anni si è svolta sul livello della bassa intensità con il bombardamento di paesi arabi o islamici (Iraq, Afganistan e Sudan), operazioni in Libano e in Siria dell'aviazione israeliana (che mantiene il suo ruolo di cane da guardia degli interessi angloamericani in loco), attentati alle basi americane in Arabia Saudita o alle ambasciate a stelle e strisce in Africa. Poi è venuto l'11 settembre, la cui genesi è sicuramente da attribuire alla galassia dei fondamentalisti islamici, ma la cui realizzazione lascia ampi spazi all'ipotesi che Washington abbia deciso di farsi colpire per accelerare il progetto di invasione del Medio Oriente e di installazione di regimi sotto controllo. Nei mesi seguenti gli americani hanno poi fatto enormemente avanzare la realizzazione del piano di controllo delle risorse energetiche fondamentali per i propri concorrenti invadendo l'Afganistan prima e l'Iraq poi. Una parte dei paesi europei in questo contesto si è poi schierata con Washington, preferendo un assetto con un solo centro dominante e la comune dipendenza da esso a quello ipotetico rappresentato dalla costruzione di un centro alternativo europeo nel quale questi paesi sarebbero comunque stati partner di secondo piano. Sono stati gli Stati del secondo cerchio europeo come la Spagna, l'Italia e la Polonia ad allinearsi con gli Stati Uniti in occasione dell'ultima guerra. In particolare la Spagna ha giocato un ruolo centrale nella costituzione di una coalizione internazionale che supportasse l'azione nel paese asiatico. Per questa ragione è stata colpita Madrid, in modo da minare il sostegno in tutta Europa all'occupazione dell'Iraq.

In sintesi quanto è accaduto l'11 marzo nel paese iberico è solo l'ultimo episodio di una guerra feroce in cui la penetrazione di Washington in Medio Oriente, finalizzata all'acquisizione di un vantaggio competitivo sui propri potenziali concorrenti, trova una forte resistenza nelle classi dominanti arabo-islamiche minacciate di scomparsa. Una guerra tra dominanti più potenti (e più moderni) e meno potenti, ma sempre tra dominanti. Il tutto in barba alle teorizzazioni di alcuni settori antimperialisti nostrani sulle "masse arabo-islamiche" e sul loro potenziale anticapitalistico.

Colpisce di questa guerra la ferocia, il recupero della categoria di nemico assoluto, attuato da tutti e due i contendenti. Per entrambi gli schieramenti non esiste distinzione tra combattenti e civili, i cittadini iracheni diventano bersaglio dei bombardamenti angloamericani così come quelli americani o europei lo sono degli attentati di matrice islamica. L'obiettivo è l'imposizione del terrore nelle altrui società. A questo fine non esiste distinzione sui mezzi da adoperare per raggiungerlo, anche perché entrambi i contendenti negano all'altro uno statuto umano pari al proprio. Su questo piano la guerra asimmetrica scopre una fondamentale simmetricità fatta di terrore e morte.

La reazione della popolazione spagnola di fronte all'enormità di quanto accaduto è stata forte e determinata, innanzitutto nei confronti del proprio governo e delle sue menzogne. Queste ultime sono state fondamentali nel determinare la percezione della responsabilità dell'esecutivo e delle sue scelte di politica estera in quanto accaduto, e hanno determinato la vittoria del leader socialista Zapatero con l'ausilio fondamentale dell'astensionismo di sinistra ritornato all'ovile elettorale in seguito all'attentato e alla sua gestione da parte di Aznar e del PP. Questo dato è una conferma che l'opposizione alla guerra è diffusa in un vasto settore della popolazione che trova come unica espressione del proprio rifiuto del coinvolgimento bellico del proprio paese la "vendetta elettorale" da consumare sul governante di turno. Questo è il limite fondamentale del pacifismo europeo che fonda la propria pratica sull'azione di lobbyng verso i partiti della sinistra e di mobilitazione elettorale per condizionare i governi. Limite che, al momento, non sembra in grado di superare.

Giacomo Catrame




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