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Umanità Nova, numero 11 del 28 marzo 2004, Anno 84

L'I.F.A. a congresso dal 9 al 12 aprile a Besançon
Un filo rosso e nero di libertà, solidarietà, lotta


Il clima di guerra "duratura e permanente" è diventato una costante del nostro vivere quotidiano, con tutti gli annessi e connessi del caso (manipolazione dell'informazione, propaganda, falsità, repressione, condizionamento psicologico, ecc.). Gli esperti della guerra ad alta e bassa intensità, di tutti i fronti, sono all'opera per restringere ovunque gli spazi di libertà politica e sindacale, ora in modo palese, ora in modo occulto. Nel mondo "occidentale" la "lotta al terrorismo" è diventato il pretesto per sferrare un attacco determinante e determinato a tutti i nodi di crisi, a tutti gli ostacoli che stanno sulla strada degli interessi del sistema di potere internazionale imperniato sul governo statunitense, prima che altri soggetti acquisiscano una forza tale da mettere in discussione tale supremazia. 

Sul piano mondiale la guerra d'aggressione all'Iraq e il massacro senza fine in Medio Oriente continuano a tenere banco mentre altri possibili teatri di conflitto si stanno aprendo e le guerre "nascoste" proseguono senza sosta (dal Sudan alla Repubblica Centroafricana, dalla Cecenia alla Colombia, dal Burundi alla Repubblica Democratica del Congo, dalla  Colombia alla Costa d'Avorio, al Chiapas, ecc.). La violenza terroristica che si è abbattuta in questi ultimi tempi su Istanbul, Casablanca, Madrid - alimentata dal mitico progetto reazionario della nazione panislamica e dall'incapacità delle varie componenti della borghesia araba di fuoriuscire dal recinto in cui le potenze imperialiste le hanno messe, in Iraq come in Palestina - è sempre più funzionale all'instaurarsi di una situazione di barbarie progressiva, nella quale solo le classi sfruttate ed oppresse sono costrette a pagare il conto. 

L'euforia, la baldanza, che avevano caratterizzato, dopo la caduta del muro di Berlino, le "magnifiche sorti progressive" della globalizzazione economica, osannata dal neoliberismo imperante, si stanno progressivamente sgonfiando in seguito alla fase recessiva attuale contraddistinta da contrazione dei commerci, dalla limitazione dei movimenti finanziari, da prudentissime stime di sviluppo. Un ridimensionamento che costringe le classi dirigenti a riavviare politiche di intervento "pubblico", cioè statale, per far fronte sia alle necessità delle politiche di guerra che ai processi di ristrutturazione in uno scenario che vede la guerra come esito inevitabile della crisi dei rapporti internazionali. In un contesto però ove la forza militare dello Stato nordamericano è tale da farci intravedere una nuova fase del processo di globalizzazione: quella incentrata su una sorta di politica imperiale che costringe tutti gli altri Stati a un rapporto di subordinazione, ove coabitano pratiche contemporaneamente di integrazione e di concorrenza. Il monito di Bush - o con noi o contro di noi - testimonia della volontà USA di imporsi, sempre e comunque, in un mondo reso più complesso dai processi di globalizzazione economica e dai suoi, a volte, inestricabili intrecci. Intrecci che più di una volta, nel recente passato, hanno condizionato lo sviluppo di tale volontà, ma che, dopo l'attacco alle Twin Towers, non ne paiono più in grado.

Se infatti la globalizzazione economica era diventata un grande sipario che nascondeva la continua ridefinizione dei poteri e della loro gerarchia, l'11 settembre ha costretto alla sua lacerazione disvelando la volontà di controllo totalitario del globo da parte dei gruppi dirigenti statunitensi, il cui comportamento non può e non deve essere soggetto ad alcun giudizio.

In questa situazione il movimento che si è espresso contro la globalizzazione economica, contro le multinazionali e i loro organi, contro la guerra, è costretto a ridefinire pratiche e obiettivi. Non ci si può più limitare ad un pacifismo generico, né alla contestazione degli organismi economici senza affrontare cosa e chi li regge e quali politiche li muove. Occorre fare un salto, dando consistenza politica e sociale alle proprie proposte, alla propria rabbia, alla propria indignazione, riattualizzando le proposte rivoluzionarie dirette all'abbattimento del potere politico ed economico e all'autogestione generalizzata. 

Nel clima di "guerra civile" che è stato artatamente creato per occultare responsabilità e volontà reali, per scatenare gli uni contro gli altri, lavoratori e popoli, giovani e movimenti, occorre vederci chiaro e individuare pericoli e trappole. Come quello, ben presente, di rinchiudersi su base regionale o nazionale, etnica o religiosa, come tentativo di chiamarsi "fuori", ridando fiato alle logiche nazionaliste.
Occorre invece ridare fiato all'internazionalismo, quello che ha animato questa stagione di lotte, quello che ha avuto nelle componenti sociali più radicali e libertarie, l'anima più lucida e determinata. 

Il relazionarsi dei movimenti ovunque essi si manifestino, il dialogo tra le diverse culture politiche ed ideologiche che li animano, il confronto a tutto campo, sono e debbono essere gli strumenti di un'azione che vuole opporsi alla barbarie della guerra, che vuole affossare la guerra e tutto il sistema che la genera. Ma che per essere tale non deve cadere nell'ennesima illusione riformista, sostanzialmente socialdemocratica, che da Porto Alegre a Cancun ha celebrato il suo rito.

Non ha senso infatti un internazionalismo che non abbia una base ben solida costituita dall'impegno di lotta contro il "proprio" Stato, contro il "proprio" sistema di potere; ed è, in effetti, su questo terreno che si può misurare l'effettiva volontà di trasformazione sociale che anima le diverse anime di movimento. Nella fase che stiamo vivendo, caratterizzata, come ben vediamo, da un'accelerazione delle politiche di taglio e liquidazione delle "garanzie" sociali, di contenimento e di selezione sociale, dipenderà da quanto sapremo mettere in campo, come proposta, come intelligenza, come energia, lo sviluppo e l'orientamento del movimento. Un movimento che dovrà essere in grado di "bypassare" le forche caudine di un'opposizione di facciata per aggregare intorno a sé quanti non sono più disponibili a subire la violenza quotidiana del sistema di potere, quanti credono veramente che un altro mondo non solo è possibile, ma addirittura indispensabile.
In questa direzione gli anarchici stanno dando il proprio contributo di attività e di incisività, praticamente in ogni parte del mondo, riallacciando il filo rosso e nero della solidarietà, dell'organizzazione, della lotta. Quel filo che l'Internazionale di Federazioni Anarchiche, costituita nel 1968, intende continuare a tessere nel rafforzamento dei legami tra le organizzazioni aderenti e nella sollecitazione ad un'iniziativa congiunta con l'insieme del movimento anarchico, che tenga conto delle ricchezze e delle particolarità di ogni singola realtà e che sia in grado di mettere a confronto, nel riconoscimento reciproco, percorsi ed opzioni che hanno radici ed finalità comuni. Il settimo Congresso dell'Internazionale che si terrà a Besançon, dal 10 al 12 aprile, rappresenta un'occasione importante in questo processo, un'occasione per vedersi, scambiare informazioni e analisi, per discutere dell'evoluzione del sistema che ci opprime, per confrontare le nostre strategie e per costruire pratiche in comune.


Partecipano attualmente alla vita dell'IFA la Federazione di lingua francese (Francia e Belgio), il Forum di lingua tedesca (Germania), la Federazione Iberica (Spagna e Portogallo), la Federazione di Gran Bretagna e Irlanda, la Federazione Libertaria Argentina, la Federazione di Cechia e Slovacchia, la Federazione Bulgara e la Federazione Italiana. L'Associazione dei Movimenti di Russia ha chiesto l'adesione. Al Congresso hanno attualmente confermato la loro presenza, oltre alle organizzazioni federate, la Commissione di Relazioni Anarchiche del Venezuela, la Federazione Bielorussa, la Federazione degli Anarchici Internazionalisti di Serbia, mentre hanno inviato saluti e messaggi la Workers Solidarity Alleance di New York e il gruppo anarchico di Poznan in Polonia.

Documenti, prese di posizione e statuti dell'IFA sono visibili al sito web <www.iaf-ifa.org>.

Il Segretariato dell'IFA




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