Umanità Nova, numero 11 del 28 marzo 2004, Anno 84
La storia di Erich Priebke declina le vicende di una delle pagine
più violente dell'Europa occidentale. Il nazismo è stato
in effetti un fenomeno politico-culturale, militare e "religioso" dalle
conseguenze di incalcolabile portata.
Buona parte della ricerca storica contemporanea, fatta eccezione per qualche isolato caso, ce lo ha raccontato più come il dispiegarsi di un apparato militare, capace di conquistare il vecchio continente, condotto da una cricca di pazzi verso un futuro dalle millenarie speranze che per ciò che realmente fu, vale a dire l'effetto perverso di una combinazione di fattori ambientali, storici e antropologici.
Se negli ultimi anni studiosi e commentatori sembrano disponibili a discutere anche gli aspetti meno conosciuti dell'orda delle croci uncinate, quelli che Giorgio Galli ha chiamato con una parola sola il "nazismo magico", l'insieme dei culti esoterici che tanto piacevano ad Adolf Hitler e ai suoi seguaci più stretti, maggiori resistenze sorgono a ritrovare memoria di alcuni passaggi fondamentali relativamente a ciò che del nazismo sopravvisse nell'epoca "pacificata" delle democrazie del secondo dopoguerra. E sopravvisse molto, secondo quanto testimonia un'ampia serie di ricerche, spesso straordinariamente documentate ed altrettanto poco prese in considerazione, svolte nel corso degli ultimi cinquant'anni.
Priebke, che assumo qui soltanto come esemplificazione di un percorso biografico simile a quello di tanti altri scampati ad una generale epurazione simbolizzata, per la sola Germania, dal processo di Norimberga che in qualche maniera volle chiudere in fretta i conti con scomode connivenze ed altrettanto innominabili alleanze, è davvero uno degli ultimi testimoni di quegli eventi per ciò che essi rappresentarono al di là delle ricostruzioni più o meno ufficiali di un'epoca di atroci barbarie. Per capire cosa intendo, sarà sufficiente che vi rimandi al libro di Edward Black L'IBM e l'olocausto, testimonianza sconcertante dei rapporti intrecciati tra una delle più grandi multinazionali statunitensi e l'establishment nazista capeggiato dall'ex caporale divenuto fuhrer del popolo tedesco.
Dalla società di Thule, prima concrezione esoterica di potere rivolta verso un futuro tragico, al Partito nazional-socialista, al terribile destino stabilito per migliaia di persone, elementi inquietanti percorrono l'ideologia nazista nell'intero suo sviluppo e nei suoi drammatici esiti. Spesso non si è voluto osservare quegli elementi con l'attenzione dovuta, relegandoli nell'oblio storiografico. Tuttavia essi sono stati capaci di determinare l'evoluzione del sistema di potere nazista e l'articolazione della sua politica.
A ben guardare, si trattò dell'attivazione di una complessa macchina strategica che non ebbe a che fare soltanto con l'approntamento di uno degli eserciti più temibili dell'epoca. L'apparato bellico nazista fu semplicemente espressione estrema di un'ideologia che aveva esasperato la funzione del dominio. Un nucleo forte di pensiero, che raccoglieva in se le sollecitazioni millenarie di un approccio quasi mistico alla realtà, determinò lo sviluppo della tecnologia ideologica del Terzo Reich.
Come ha messo in evidenza tutto il lavoro di Galli sul nazismo magico, cui prima accennavo, qualcosa di infinitamente più pericoloso della semplice presa di potere, per quanto cruenta, per quanto determinata da un lucido fanatismo, accompagnò la progressiva consapevolezza di essere nel mondo per la realizzazione di uno scopo che poté trascendere l'esistenza stessa di uomini e donne strappati con violenza alla vita.
L'abisso nazista costituisce un radicamento profondo nelle strutture del reale, dà luogo ad una perfettibilità dell'idea di potenza (della razza, del gruppo, del Reich) destinata a perpetuarsi nel tempo.
Con tutto ciò dobbiamo confrontarci ogniqualvolta riemergono dai recessi della storia inquietanti desideri di riscatto. Non deve stupire che la sedicente "Associazione Uomo e Libertà", cullata da certa parte della destra nostrana nonostante Alleanza nazionale abbia messo alla porta, per evidenti ragioni strategiche che la dicono lunga sulla capacità del partito di Gianfranco Fini di cercare legittimazioni in società attraverso un sapiente uso della politica e della comunicazione, abbia inscenato di recente una campagna per la liberazione del vecchio soldato del Reich millenario, colpevole di aver semplicemente eseguito gli ordini tirando una serie di colpi alla nuca ad appena 335 persone, i morti delle Fosse Ardeatine a Roma, poiché siamo di fronte, recita un volantino distribuito dall'Associazione, "[…] ad una forma di razzismo strisciante che muove dalla sussistenza di un vero e proprio pregiudizio, nato da inammissibili e stratificati luoghi comuni, che finiscono per identificare ancora gli sconfitti di ieri come etnia geneticamente portata al crimine e come tale non meritevole dei benefici previsti per tutti gli altri esseri umani."
C'è un assunto di base che va prima di ogni cosa rovesciato: siamo assolutamente convinti che si tratti davvero degli sconfitti di ieri? Quanto di quella tecnologia del terrore è sopravvissuto nella società europea, e non soltanto europea, uscita massacrata da uno dei più spaventosi conflitti del secolo scorso? Quanto di quella cultura è riuscito ad incistarsi nei tempi nuovi che dovevano arrivare a seguito della sconfitta tedesca del 1945? Interrogativi non di poco conto, credete, ai quali non sarà sufficiente fornire risposte piuttosto generiche come quelle di Guido Caldiron su Liberazione dello scorso 5 marzo. Non sono per nulla certo, infatti, che "l'ideologia che sostenne l'opera di sterminio delle SS [sia] stata condannata, e senza possibilità d'appello, dalla Storia e dall'umanità intera", per una serie di ragioni che sarà meglio tenere presenti una volta per tutte. La prima: non furono esclusivamente le SS a rendere possibile l'opera di sterminio; si trattò di un fenomeno di massa che investì in profondità l'intera società tedesca ancor oggi incapace di giustificare una scelta che, anche col semplice silenzio acquiescente, finì per riguardare tutti. La seconda: non è esatto dire che l'umanità intera ha condannato senza possibilità d'appello; la cultura del Reich millenario è stata ampiamente esportata oltreoceano con risultati tutt'altro che disprezzabili in termini di consenso. In ambito strettamente europeo, in aggiunta, chiunque abbia seguito anche da lontano i gruppi neonazisti ancora tragicamente attivi un po' ovunque non può che ritrovare nell'ideologia che essi continuano a propagandare la cifra terribile di un passato che non sembra destinato a passare. Per questo non esiste una Storia con la esse maiuscola capace di fornire risposte definitive e tanto meno di condannare senza appello. Lo sta a dimostrare proprio quest'ultimo gruppetto di opachi difensori dei presunti diritti "civili" di un ex sterminatore di professione.
In realtà, ben al di sotto della linea di visibilità che nasconde dietro le parole precise professioni di fede, cova un'ideologia, compatta, sopravvissuta a tanti anni di proclamata democrazia. Di tanto in tanto quell'ideologia affiora nei gesti e nei comportamenti di quanti sarebbero disponibili a ridiscutere della necessità di opzioni forti per restituire all'Europa una dignità ed una fierezza che la sconfitta, relativa come si è visto, del totalitarismo nazista sembrava poterci risparmiare. Per quanto tempo ancora, non è dato sapere.
Mario Coglitore