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Umanità Nova, numero 13 dell'11 aprile 2004, Anno 84

Scempio della dignità
Sgombero e deportazione



Mai sgombero di una casa occupata fu più annunciato.

Sin da metà marzo sulle pagine milanesi dei quotidiani veniva indicato il bubbone da eliminare: l'occupazione di via Adda; siamo in tempo di elezioni e il tema della sicurezza e della paura del "diverso"si deve buttare in pasto alla gente.

Provocazioni di tutti i generi venivano effettuate nella settimana precedente allo sgombero verso gli abitanti della casa, non ultima quella (capolavoro della provocazione poliziesca e comunale) di far arrivare una pattuglia della polizia, fermare dei bambini e all'arrivo dei genitori sparare in aria per simulare aggressioni, così da sbattere su tutti i giornali quanto fossero cattivi i Rom, o rumeni, o gli zingari, o gli immigrati… qualsiasi nome va bene. 

Il 1 di aprile, come annunciato, le forze del disordine, sotto la più assoluta indifferenza della cittadinanza di Milano effettuavano "la più grossa operazione di pulizia (polizia)" avvenuta in città.

Con un grande dispiego di forze di polizia, esercito, vigili del fuoco, veniva sgomberato uno stabile occupato da quasi 2 anni da famiglie rumene.

Potrebbe sembrare ridicolo se non fosse tragico: queste stesse famiglie erano state sgomberate due anni fa da via Barzaghi: le ruspe avevano buttato giù tutto e disperso gli abitanti del campo. Oggi, dopo questo nuovo sgombero, gli immigrati regolari (poche decine) sono stati riportati in via Barzaghi. Per gli altri, gli irregolari, due aerei charter erano pronti per il rimpatrio forzato.

Uno sgombero senza violenze, afferma il questore. Come se prendere centinaia di persone dalla loro casa, brutta e fatiscente forse, ma pur sempre la casa migliore che erano riusciti a sistemare, e gettarli in container o tende non fosse violenza. Come se dividere persone che da anni convivevano non fosse violenza. Come se non fosse violenza prendere dei bambini e separarli dai loro compagni di scuola e portargli via i loro giochi ed i loro spazi. Come se non fosse violenza mandare via con la forza dall'Italia più di 150 persone che qui volevano vivere…

Come se…

E la città continua a vivere come se non fosse successo nulla. L'ipocrisia ed il razzismo si respirano sempre più profondamente nell'aria di questa città. In via Barzaghi le tende i container sono ora "protetti" da un alto muro di cemento, con il filo spinato in alto. Nessuno da fuori deve vedere; nessuno da dentro deve poter credere di appartenere alla società di "fuori". A dividere il dentro ed il fuori pattuglie di poliziotti…

Le stesse che il giorno dello sgombero stazionavano in via Adda fino a notte inoltrata, quando ormai non c'era più nulla da sgomberare, ma era necessario farsi vedere, mostrare i muscoli.
Milano, civilissima città della moda e dell'edonismo, rifiuta di guardare come è diventata. Una città che è stata centro di immigrazione, città operaia, martoriata dal terrorismo di stato ma che allo stesso tempo ha saputo reagire alla strage di piazza Fontana e all'omicidio di Giuseppe Pinelli oggi invece diventa campione di razzismo. 

Noi sappiamo che altri mondi sono possibili e certamente a Milano i segnali ci sono. Segni di autorganizzazione sono visibili: dalle lotte autogestite degli autoferrotranvieri, dei lavoratori della scuola e della sanità ai centri sociali e tutti i compagni e compagne che hanno difeso e impedito il silenzio con la loro presenza libertaria su questo scempio della dignità umana.

ReA





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