Umanità Nova, numero 13 dell'11 aprile 2004, Anno 84
Martedì scorso il mouse faceva le bizze. Un salto al negozio sotto casa per comperarne uno al volo e mi ritrovo davanti allo schermo di un televisore dove scorrono immagini che documentano un ulteriore episodio del nuovo sport diffusosi negli ultimi mesi: la distruzione di cassonetti.
Quasi subito smetto di sentire la voce della speaker che commenta l'episodio. Il copione è sempre il solito: terroristi, anarchici, islamici, le illazioni del ministro, le dichiarazioni del questore, le isterie del politico di turno…
Di colpo torno indietro di un paio d'anni. Proprio lì a Sturla, a due passi da quel cassonetto fracassato, era partito il corteo del 21 luglio 2001, un corteo in cui migliaia e migliaia di persone erano arrivate a Genova per manifestare contro gli 8 criminali che pretendevano di decidere le sorti di noi tutti, depredando, affamando, militarizzando un intero pianeta. Il giorno prima le strade di Genova si erano macchiate del sangue di un ragazzo di vent'anni, abbattuto a colpi di pistola da un carabiniere.
Con gli altri compagni avevamo atteso per ore l'arrivo dei pullman
per entrare nel corteo, per gridare la nostra rabbia contro un potere
feroce che, dopo 24 anni dall'assassinio a Roma di Giorgiana Masi, era
tornato ad uccidere. Poi l'attesa si era rotta e come un fiume in piena
eravamo scesi verso il mare, verso il cuore della città sotto
assedio, imbrigliata nelle gabbie di ferro della Zona Rossa, stretta
nel filo spinato che impediva l'accesso alla spiaggia, attanagliata da
migliaia di uomini in armi schierati a difesa dell'ingiustizia, della
prevaricazione.
Intorno a noi qualche sguardo inquieto osservava le nostre bandiere, i
nostri striscioni: la disinformazione di massa aveva cominciato il
proprio lento lavorio, lo sporco mestiere di capovolgere la scena,
criminalizzando i manifestanti più radicali ed assolvendo la
ferocia in armi dello Stato.
Ossessivo un elicottero ci accompagnerà per l'intera giornata. Il seguito è storia nota ai più. Noi, come migliaia e migliaia di altri, non arriveremo mai in centro. Cariche feroci spazzeranno per ore il lungomare, calpestando, ferendo, manganellando uomini e donne inermi. Ricordo di aver visto un uomo sporgersi dall'elicottero, prendere la mira e poi sparare in mezzo a noi il suo lacrimogeno. Ore dopo, con la pelle bruciata dal fumo urticante, la gola riarsa siamo risaliti verso Sturla. Rammento bene quella caserma, la stessa che ho rivisto in televisione lo scorso martedì. Un ponte la separava dalla strada e, al di là del ponte stavano una trentina di poliziotti in assetto antisommossa. Qualcuno, cui la fatica ed il dolore non avevano ancora spento la rabbia, gridava passando "assassini". Qualche minuto dopo essere andata oltre, sospinta verso Quarto dalla stanchezza, alle mie spalle c'era ancora fumo, ancora grida, ancora cariche. Saprò più tardi che pochi slogan e qualche bottiglia di plastica vuota erano bastati a giustificare un ennesimo attacco.
Oggi in quella caserma presta "servizio" Perugini, un uomo la cui immagine ha fatto il giro del mondo. Una foto lo ritrae mentre spappola a ginocchiate l'occhio di un ragazzino di 14 anni saldamente trattenuto da altri due robusti energumeni. In quei giorni lavorava a Bolzaneto, un posto ove avrà avuto certamente modo di far emergere tutte le proprie capacità.
Sono trascorsi oltre due anni da quel luglio troppo assolato in cui
la democrazia reale mostrò il suo volto senza gli usuali
belletti con cui copre le menzogne sulla libertà, la
partecipazione, l'uguaglianza.
In questi anni quella vicenda, quel luglio che ha rappresentato uno
spartiacque all'interno dei movimenti di opposizione alla
globalizzazione capitalista, è stata lentamente riscritta, poco
a poco mutata di segno, sino a divenire quasi irriconoscibile. In un
paese in cui il revisionismo è divenuto uno sport nazionale non
è il caso di meravigliarsi.
Due anni or sono delle due versioni prevalenti sulle giornate del G8 genovese quella di destra era certamente la mano accreditata. Secondo il governo dell'allora neoduce Berlusconi da un lato stavano i cattivi e dall'altro i buoni. I cattivi erano i manifestanti, tutti i manifestanti, considerati vandali o complici dei vandali; i buoni erano invece poliziotti e carabinieri che si erano adoperati per frenare la barbarie che si era abbattuta sulla città. La versione di "sinistra", quella che a lungo è andata per la maggiore, era più complessa: da un lato stavano i buoni, ossia la gran parte dei manifestanti, dall'altra i cattivi ossia la minoranza in nero di burattini infiltrati e agiti da fascisti, poliziotti e servizi segreti ovviamente "deviati". Questi ultimi avrebbero dato al governo il pretesto per scatenare la repressione contro la maggioranza dei buoni. Poliziotti e carabinieri, corpi sostanzialmente sani, sarebbero caduti in "eccessi" solo per la cattiva regia voluta dal governo.
Grazie a questa versione la sinistra istituzionale italiana iniziò una lunga marcia volta a normalizzare, riassorbire, incanalare verso il tranquillo ruolo di supporter elettorali i movimenti che si opponevano alla globalizzazione, alla guerra, alla repressione del dissenso.
Nei fatti l'aver consentito la criminalizzazione di una parte del
movimento, assolvendo, sia pur parzialmente, le forze del disordine
statale ha consentito alla destra di far lentamente prevalere la
propria versione. A oltre due anni da allora l'omicidio di Carlo
Giuliani è stato archiviato come incidente, il massacro della
Diaz non ha ancora visto nessun colpevole così come le torture
di Bolzaneto. Alla sbarra sono andati 26 manifestanti accusati di
devastazione, un'imputazione che oltre che per il disastro del Vajont
in Italia è stata usata solo contro una quindicina di presunti
vetrinisti che il 4 aprile del '98 avrebbero rotto qualche finestra del
Palagiustizia di Torino in occasione del corteo organizzato dopo il
suicidio in carcere di Edoardo Massari. Altri 13 manifestanti sono
stati rinviati a giudizio a Cosenza dal Pm Fiordalisi, che li accusa di
associazione sovversiva.
Manifestazioni di solidarietà ai compagni sotto processo non
sono mancate in occasione della prima udienza del processo genovese: un
chiaro segnale che la riscrittura del luglio 2001 non è ancora
stata del tutto compiuta.
In questo clima si inserisce magnificamente il cassonetto incendiato a Sturla.
A pochi giorni dall'imponente manifestazione contro la guerra del 20
marzo a Roma, qualche settimana dopo l'inizio del processo a 26
compagni accusati di devastazione, puntuali sono arrivate le bombe.
Il Ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu si vanta esplicitamente di
averle annunciate già mesi or sono. Una preveggenza
indubbiamente ammirevole. Il ministro ed i media di regime avevano
già individuato anche gli obiettivi degli anonimi bombaroli che,
incapaci di trovare una sigla originale, si trincerano dietro quella
della FAI. Sin dallo scorso dicembre le veline poliziesche dissero che
polizia e carceri sarebbero sicuramente entrate nel mirino dei
persecutori di cassonetti e postini, arrivando persino ad indicare nei
compagni di un coordinamento anticarcerario il brodo di coltura del
nuovo "terrorismo" da discarica.
Anche in questa occasione i tutori del disordine statale si sono affrettati a costruire teoremi volti alla criminalizzazione di ogni forma di opposizione sociale. Il questore di Genova Fioriolli ha immediatamente tracciato un parallelo tra le bombe a Sturla e l'arresto avvenuto pochi giorni prima di tre militanti antifascisti del centro sociale Orso, accusati di rapina per uno scontro con un gruppo di fascisti. Ne sono seguite perquisizioni a casaccio negli ambienti della sinistra radicale genovese, che, come prevedibile, non hanno dato alcun esito, ma hanno contribuito ad elevare la tensione in una città pesantemente militarizzata.
Ancora una volta questi petardoni arrivano al momento giusto per gettare una fitta cortina fumogena su un paese dove scorazzano liberamente bande di fascisti, dove lo sciopero è equiparato al terrorismo, dove per buttare in strada i rom rifugiati nella casa di via Adda a Milano intervengono 700 uomini armati di tutto punto e deportano decine e decine di uomini, donne e bambini colpevoli di essere nati nel posto sbagliato, di parlare una lingua diversa da quella dei padroni, di essere poveri e senza potere.
Al questore Fioriolli ha fatto eco l'azzimato Pisanu indicando in
coloro che hanno compiuto devastazioni e violenze a Genova nel 2001 gli
autori della distruzione della centralina elettrica e del cassonetto.
Il vecchio teorema della destra trova nuovi argomenti, mirando, oggi
come nel 2001, alla criminalizzazione di ogni forma di opposizione
sociale, equiparata tout court al terrorismo.
Nel 2001 i pacchi bomba inviati a carabinieri e giornalisti non riuscirono a frenare l'onda di un movimento vitale, in crescita. Oggi, dopo il lento lavorio del revisionismo soft della sinistra, la strada pare aperta alle tesi liquidatorie della destra più becera e volgare. Una destra cui viene offerta su un piatto d'argento l'occasione di rifare una verginità ai massacratori della Diaz e di Bolzaneto. Al punto che, quando Pisanu asserisce che i bombaroli di Sturla vanno ricercati tra chi ha compiuto violenze a Genova spontaneo è l'impulso a dagli ragione. Come non pensare che gli autori ed i generosi supporter di queste azioni non siano tra coloro che hanno picchiato, gassato, torturato, sparato ed ucciso nelle strade e nelle caserme di Genova in quel luglio, la cui storia stanno cercando di riscrivere? Chi ha collocato quegli ordigni se non è un questurino certamente si comporta come se lo fosse.
L'uso della sigla FAI è sin troppo illuminante: chi se non un poliziotto o chi, del poliziotto ha la medesima attitudine al crear confusione per contribuire all'inasprirsi della repressione, potrebbe fare una scelta simile?
Il Ministero dell'Interno tenta di gettare il discredito su tutti coloro che si oppongono alla ferocia del potere, alla gerarchia statale, alla guerra ed al militarismo. Nel paese dove la guerra viene chiamata pace e le bombe degli eserciti sono sempre umanitarie ci vuole qualche petardo ogni tanto per intorbidare le acque. Non solo. Occorre anche una firma che serva a criminalizzare l'azione di chi si oppone alla guerra, al militarismo, al razzismo, allo sfruttamento, all'oppressione. Occorre la firma della Federazione Anarchica. Che i signori della Questura ed i loro supporter non si trastullino nella speranza che i loro infami giochetti abbiano buon esito.
Il solito cassonetto bruciato non trasformerà i torturatori di Bolzaneto in colombe della libertà. Quel Perugini che oggi presta servizio proprio a Sturla non riuscirà a rifarsi un'improbabile verginità coprendosi dietro alla mondezza del solito cassonetto. Per i tanti che in quel luglio manifestarono a viso aperto per le strade di Genova Perugini è e resta uno dei torturatori di Bolzaneto. Con buona pace di Giuseppe Pisanu, il ministro tanto preveggente da annunciare con mesi di anticipo la prossima bomba.
Sperando che un'altra volta un signore con il proprio cane non passi troppo vicino, trasformando l'ennesima farsa in una tragedia.
Eleonora