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Umanità Nova, numero 14 del 25 aprile 2004, Anno 84

Retorica di morte
Mercenari, rappresaglie, caos e distruzione: la guerra produce guerra



"(…) L'assunzione di personale delle PMCs (Private Military Companies) comporta per la Coalizione un ulteriore, non trascurabile vantaggio: il numero delle perdite subite dai privati non è conteggiato tra quelli delle Forze Armate alleate e ciò può rappresentare una notevole agevolazione politica e psicologica per le opinioni pubbliche occidentali."

Così si è espressa pochi giorni addietro un'analista militare: 20.000 (?) e forse più militari privati compongono l'altra faccia dell'occupazione militare dell'Iraq. Peccato che il giochetto psicologico si sia definitivamente rotto; le immagini dei prigionieri (e le loro esecuzioni) fanno quello che la raffinata psicologia di guerra cerca impunemente di coprire: la morte!!!

Fuori da ogni vomitevole retorica patriottarda, la guerra necessita di morti e soprattutto di morti ammazzati. Idioti di regime ci riportano sulle prime colonne dei loro giornali che si va in Iraq per costruirsi una casa, per cercare un lavoro, insomma "it's only a job" (è solo un lavoro). Un lavoro un po' sporco oserei dire (tutti lo sono naturalmente), ma questo con un'accezione in più: da la morte. La da a uomini, a donne, a bambine e bambini. Non solo la da, ma gioca con essa: il prezzo della partita è alto: 600 – 1000 dollari al giorno. È il costo dei mercenari senza divisa, mentre quello di coloro che la portano non è molto più basso. "… Si stima che il giro di affari delle PMCs possa consistere in circa 800 milioni di sterline." Con queste cifre e con un anno di guerra si possono costruire intere palazzine personali. Mentre qua, chi ha "scelto" un semplice lavoro sporco, per campare, magari in fabbrica, non riesce a passare una vita per pagarsi i debiti contratti per aprire un mutuo per la casa (sempre che venga concesso). E poi i nostri contratti, ce lo dicono anche i sindacati di Stato, devono stare entro l'inflazione programmata dagli industriali: ci credo!, migliaia di milioni di euro vengono buttati in spese militari, di "sicurezza" e di guerra. I soldi ci sono, a palate, soltanto che girano nei posti sbagliati! Di qua cinghia, tagli, erosioni dei servizi, di là, per pochi, soldi, tanti, e per altri, morte, fame, violenza, sopraffazione. 

Anche la simbologia ufficiale delle truppe italiche, terze come presenza dopo gli statunitensi ed i britannici, rimanda a vecchie aggressioni: il quartier generale italiano ora si chiama "CAMP MITTICA". Per chi non lo sapesse Pietro Mittica è un "eroe" di guerra fascista, carrista morto combattendo in Africa Settentrionale nel gennaio del 1941, a cui, guarda a caso, vengono attribuite le seguenti parole sul punto di morte: "Ho fatto semplicemente il mio dovere e rivolgo il mio pensiero alla nostra Bandiera ed alla Patria" Ricorda qualcuno?

Ma gli alleati degli italiani, degli inglesi, dei russi… ci fanno capire che sono contenti: Paul Bremer, responsabile civile dell'amministrazione americana in Iraq, racconta che la produzione petrolifera dovrebbe tornare entro fine 2004 ai livelli di anteguerra, ovvero ai 2,8 milioni di barili al giorno, per un valore di almeno 14 miliardi di dollari. Naturalmente il tutto sotto il vigile controllo dei campi petroliferi da parte di oltre 10.000 militari americani e poliziotti iracheni, che ben presto verranno sostituiti da 14.000 poliziotti Iracheni addestrati ad hoc. "Teoricamente i piani di sviluppo e riabilitazione delle infrastrutture petrolifere, per i quali sono previsti investimenti per oltre otto miliardi di dollari tra il 2005 – 2008, dovranno essere realizzati con sistemi di gare trasparenti ed aperte a società provenienti da tutti i paesi, senza preclusioni politiche… Al momento quasi tutti i fondi impiegati sono di provenienza americana." Tempo al tempo.

Allora perché tutto questo casino? Molti si chiedono: "ma come mai gli americani non controllano più la situazione"? "Perché gli è sfuggito tutto di mano?" Un nuovo Vietnam?

Ho una teoria a proposito e tenterò di renderla plausibile.

Ai più sfugge una notizia fondamentale di qualche giorno addietro, per precisione del 7 aprile: il Capo di Stato Maggiore (la più alta carica militare americana) Richard Myers, in un briefing avvenuto al Dipartimento della difesa statunitense, di cui è stata data la trascrizione letterale, afferma che "ciò che ha contribuito alla rivolta è stata la nostra azione offensiva: la chiusura del giornale che… appoggiava uno dei suoi (di Moqtada al-Sadr) luogotenenti, Yacoubi. E non era certo una sorpresa o un imprevisto che ci sarebbe stata un certa resistenza."

Gli Stati Uniti provocano consapevolmente la carneficina, la morte dei mercenari a Falluja (non fanno nulla per impedirla), e come "sollecitazione" finale chiudono il quotidiano al-Hawza, il giornale del leader sciita estremista Moqtada al-Sadr. La rivolta deflagra con l'arresto di Mustafa al-Yacoubi, braccio destro del leader sciita. Quali i motivi del caos predeterminato e preordinato?

Possiamo tentare di raccoglierli nelle seguenti ipotesi:

- La situazione di caos permanente consente di sostenere politicamente la continuità della presenza militare a comando statunitense: "Non pensiamo che quella sia una data militarmente importante (30 giugno NdA) in termini di cambiamento delle nostre tattiche, delle procedure e delle tecniche, né della nostra missione", ha dichiarato il generale americano Mark Kimmit, deputy director delle operazioni della coalizione. "Ci aspettiamo di operare il 15 luglio esattamente come opereremo il 15 giugno". 

- La situazione di caos permanente consente di ammassare ulteriori truppe di terra, come da annuncio di Gorge Bush. Che si tratti di 30.000 militari o più è ancora da vedere, che si aggiungerebbero agli oltre 135.000 presenti oggi (esclusi i mercenari privati).

- Le truppe ammassate servono a diversi scopi, alcuni immediati, finalizzati al controllo delle produzioni petrolifere ed altri a scopi di medio e lungo termine.

- Gli scopi del medio e lungo termine potrebbero essere riassunti in sola una motivazione: la preparazione di una ulteriore scadenza bellica. Siria?

- Altri obiettivi di media portata: l'Arabia Saudita. Non importa che venga preventivamente ipotizzato un intervento militare diretto: per il momento è sufficiente una forte presenza dissuasiva. 

- Il convitato di pietra: l'Iran. Apparentemente sembra molto più avverso agli Stati Uniti di quanto non lo sia realmente. L'Iran ha grossi interessi nella contesa Irachena e sa di poter contare sull'appoggio di una buona fetta della popolazione locale, rappresentata al 60% da sciiti. Di fatto, l'Iran, per chi non lo sapesse, è stato uno dei primissimi Stati a riconoscere il governo provvisorio iracheno imposto dagli occupanti alleati. Gioca al buio, bluffa…? Siamo in attesa di evoluzioni.

Il tentativo di compattamento del fronte occidentale che sembra pesantemente scricchiolare sulla base delle dichiarazioni di ritiro delle truppe da parte degli spagnoli, proprio mentre il "compagno" Prodi afferma in un intervista al Corriere della Sera che "il terrorismo si fronteggia con la massima unità. Su altre questioni possiamo avere punti di vista differenti dagli Stati Uniti, sul terrorismo assolutamente no." 

Non avevamo alcun dubbio sul centrodestra come sul centrosinistra ed ogni giorno che passa abbiamo la conferma che di guerrafondai si tratta, sia degli uni che degli altri. 

Un' ultima considerazione sulle forme di resistenza e sul concetto di resistenza. Come anarchici non mostriamo alcuna reticenza nel dichiarare che questa guerra come tutte le altre sono delle aggressioni assassine e criminali. Ma non ci fermiamo qui. Anche gli interventi sotto egida ONU sono per noi delle forme di rapina bellica sotto un'altra copertura. Qualcuno ricorda la Somalia, il Kossovo, etc?. Qui la differenza con un certo tipo di pacifismo è radicale ed inconciliabile: siamo appunto antimilitaristi.

Detto questo non penso che coloro che si oppongono ad un crimine siano per ciò stesso dei liberatori o che non siano essi stessi dei criminali soltanto perché vengono oppressi. Sarebbe ora di cominciare a dire quale tipo di resistenza appoggiamo e perché. Perché se è vero che le body guard italiane non sono andate in Iraq per fare i buttafuori nelle discoteche di Nassyria e la loro sorte non toglie nulla a ciò che essi di male sono andati a compiere in quei luoghi è anche vero che gli esecutori materiali dei linciaggi e degli ammazzamenti a freddo ed i loro sostenitori non sono meglio di chi hanno assassinato. Su questo punto come libertari dobbiamo essere chiari: appoggiamo tutte le lotte di popolo e di resistenza da ogni oppressione, ma non possiamo fare finta che siano tutte uguali. Quelle che vanno verso la liberazione sociale, politica, economica, umana sono anche nostre, quelle che lottano per ricostruire un dominio di oppressione e di sfruttamento non possono che trovarci molto distanti. Sappiamo benissimo che le migliori intenzioni generano spesso dei mostri e che la storia recente e lontana ci ha consegnato degli "splendidi" esempi sui quali sarebbe meglio continuare ad interrogarsi. Se è vero che per noi metodo, fine e mezzi non si distinguono è allora evidente che una società libera dall'oppressione non si ottiene con esecuzione sommarie, con cadaveri usati da pungiball, veli, la sharia, la bibbia, le donne a casa…insomma con dei nuovi padroni che sostituiscono i vecchi. Gli ostaggi, per chi non lo avesse ancora capito, non fanno parte di una battaglia di liberazione, ma sono essi stessi strumento della campagna elettorale in vista del passaggio di poteri del 30 giugno. 

Pietro Stara






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