Umanità Nova, numero 14 del 25 aprile 2004, Anno 84
La sentenza che assolve l'ex prefetto di Trapani Leonardo
Cerenzìa da ogni responsabilità per la morte dei sei
giovani immigrati morti nel rogo del CPT "Vulpitta" è uno di
quegli eventi che non sorprendono più di tanto.
Dopo cinque anni di procedimento giudiziario, un tribunale italiano
sancisce con la propria decisione un'ingiustizia che consegna Rabah,
Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nasim all'oblìo e alla
dimenticanza uccidendoli una seconda volta.
Non è bastato che in questi anni le testimonianze dei
sopravvissuti alla tragedia, le deposizioni dell'imputato o degli
stessi funzionari di polizia abbiano tracciato con sempre maggiore
chiarezza uno scenario di omissioni e negligenze talmente lampanti da
rendere questa sentenza un atto di vigliaccheria non solo giuridica, ma
soprattutto politica.
Il processo a Cerenzìa è stato infatti un processo
politico nella misura in cui è stato messo alla sbarra l'intero
sistema normativo italiano che in materia di immigrazione prevede i
Centri di Permanenza Temporanea, i lager del nuovo millennio in cui lo
stato italiano segrega e brutalizza gli immigrati rispondendo a logiche
razziste e di esclusione sociale.
I giudici di Trapani hanno così assolto i Centri di Permanenza
Temporanea anche se le uscite di sicurezza sono inadeguate, il numero
degli estintori è insufficiente, non ci sono i rilevatori
anti-fumo, e i poliziotti picchiano gli immigrati prima e dopo lo
scoppio di un incendio. Una condanna, anche minima, avrebbe senz'altro
avuto un grande contenuto politico e simbolico: i giudici di Trapani
non hanno voluto creare un precedente così pericoloso in questi
tempi in cui è necessaria la repressione ventiquattr'ore su
ventiquattro non solo degli immigrati e di tutti gli "indesiderabili",
ma anche dei percorsi di autorganizzazione e di autogestione delle
lotte.
La sentenza assolve così Cerenzìa, i CPT, le forze del
cosiddetto ordine e tutti quelli che a vario titolo avrebbero dovuto
vigilare affinché quella tragedia non accadesse.
Lo Stato non processa se stesso, di questo ne siamo sempre stati convinti.
È per questo che la sentenza di assoluzione deve essere
considerata per quello che è: un punto di partenza per
rilanciare con più determinazione la lotta antirazzista per la
chiusura del "Serraino Vulpitta" e di tutti i CPT in Sicilia e in
Italia.
Non è davvero il caso che fascisti, sbirri e altri ameni
personaggi si rallegrino più di tanto per questo risultato.
Continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto e anche di
più, nella convinzione che fin tanto che esisterà anche
un solo CPT lotteremo per la libertà di movimento di tutte e di
tutti, contro ogni galera, oltre ogni confine.
Federazione Anarchica Siciliana
Commissione Antirazzista della Federazione Anarchica Italiana - FAI
www.federazioneanarchica.org/antirazzista