Umanità Nova, numero 14 del 25 aprile 2004, Anno 84
Aviano: venduta una strada agli americani
Dopo l'approvazione da parte della Provincia (18 marzo) della
convenzione per far partire i lavori di realizzazione del collegamento
tra la S.P. 'Pedemontana Occidentale' e le aree logistiche A1 e A2
della base americana di Aviano in località Pedemonte (Aviano),
mercoledì 31 marzo il consiglio comunale Avianese ha
definitivamente votato per l'immediata eseguibilità dei lavori e
quindi della vendita agli USA della strada.
Tutta la maggioranza di centro sinistra in carica ha votato compatta
questo ennesimo e gravissimo atto contro la popolazione di Aviano ed in
particolare agli abitanti di Pedemonte. Ma lo ha fatto anche a danno di
tutti noi, perché "non si vende mai la terra dove un popolo
cammina".
Come Comitato Unitario contro Aviano 2000 abbiamo partecipato al
consiglio comunale prima distribuendo un volantino in cui si spiegava
il misfatto che con facile previsione sarebbe avvenuto e poi, dopo ore
di pazienza, quasi a mezzanotte ne abbiamo svergognato a viva voce
l'operato.
E sono stati molti i cittadini che si sono uniti alla pacifica
contestazione, dopo che più volte il sindaco Rellini insisteva
che era un consiglio "chiuso" a cui gli stessi non potevano
intervenire, così come precedentemente aveva fatto di tutto per
non tenere in considerazione l'opinione degli abitanti, snobbando
qualsiasi tentativo di coinvolgimento con un referendum consultivo o
anche solo con appositi questionari, a testimonianza della malafede e
della totale straffotenza con la quale intendeva svolgere ed ha svolto
quest'azione.
Ancora una volta s'è capito a quali interessi un'amministrazione
che intenda governare Aviano deve rispondere. Non certo agli interessi
dei cittadini che li eleggono ma ad una struttura devastante come la
Base USAF.
Interessi che rispondono alla milionata di euro con cui il Pentagono ha
voluto comprare un pezzo di terra friulana, interessi di una struttura
di morte, come lo sono tutte le basi militari e che da decenni
custodisce nel ventre anche 20 testate atomiche.
Perché le armi di distruzione di massa sono sotto casa nostra e
perché siano sempre più al sicuro servono sempre
più uomini, mezzi e sempre più territorio. Perché
la "sicurezza" che reclamano i militari statunitensi testimonia come
questa Base sia potenzialmente nel mirino di atti terroristici che
nulla hanno a che fare con i pacifici abitanti di questa terra e che
invece si ritrovano a vivere da veri e propri scudi umani.
Bisogna che la gente sappia a cosa si andrà in contro se si
continua a chinare la testa davanti ad una Base che insiste a
fagocitare strade e territori come per i micro-villaggi USA ormai
sparsi in tutta la provincia pordenonese.
E bisogna che la gente sappia i nomi e i cognomi di tutti coloro che
continuano a legiferare contro tutti noi e cominciamo dunque a farli:
Gianluigi Rellini , Fernando Tomasini, Sandrino Della Puppa Zorz,
Osvaldo Del Savio, Armando Biancat, Marco Giovanelli, Umberto De Ros,
Sante Polo Friz, Lorenzo Primitivo, Andrea Gant, Paola Gabelli.
Alcuni di questi hanno anche il coraggio di dilettarsi in iniziative
pseudopacifiste come per il "Tavolo Regionale della Pace" dove vengono
spese inutilmente migliaia di euro per tacitare le coscienze mentre la
"mano" amministrativa si preoccupa di operare per conto della guerra.
Dopo che da anni inquinano l'acqua, l'aria, la terra, dopo che migliaia
di cittadini vivono giorno e notte sotto il corridoio di volo degli
F-16 abbassando notevolmente la qualità della vita e aumentando
il numero di infortuni sul lavoro a causa di sonni sciupati, dopo che
il terrore parte da questa terra con gli stemmi dei nostri paesi sul
muso dei cacciabomardieri mentre bombardano migliaia di donne, uomini e
bambini in Kosovo così come in Iraq, è ora di riprendere
fiato e di riprenderci ciò che ci è tolto.
È ora di pensare seriamente alla conversione della Base di
Aviano e mettendo in campo un opposizione a queste sciagurate scelte
tanto assurde quanto indegne.
Giù le mai da via Pedemonte!
Comitato unitario contro Aviano 2000
Trapani: assolto il prefetto per la strage del "Vulpitta"
Giovedì 15 aprile il tribunale di Trapani presieduto dal giudice
Messina ha assolto l'ex prefetto della città Cerenzìa da
tutti i capi d'accusa contestatigli in merito alla strage del 28
dicembre 1999 in cui morirono sei immigrati reclusi nel Centro di
Permanenza Temporanea "Vulpitta" di Trapani.
Semplicemente per i giudici di Trapani "il fatto non sussiste", e il
prefetto viene dunque sollevato da qualsiasi responsabilità.
Immediatamente dopo l'emissione della sentenza l'accorata protesta
degli antirazzisti presenti in aula ha trovato voce in unico grido:
"vergogna!".
Funzionari di polizia e carabinieri non si sono lasciati scappare
l'occasione di spintonare, redarguire e minacciare le compagne e i
compagni fin verso l'uscita del palazzo di giustizia in un clima di
forte provocazione.
Il giorno dopo la sentenza il PM Castaldi ha annunciato che
ricorrerà in appello: giuridicamente dunque, non è ancora
finita.
In tutti questi anni, il processo ha evidenziato negligenze, omissioni
e responsabilità molto gravi da parte di chi avrebbe dovuto
evitare quel dramma: in più occasioni le deposizioni dei
funzionari di polizia presenti quella notte all'interno del CPT
"Vulpitta"; i drammatici racconti dei sopravvissuti (che hanno svelato
le violenze della polizia prima e dopo il rogo) e le dichiarazioni
dello stesso imputato - il prefetto Cerenzìa - hanno evidenziato
negligenze, omissioni e responsabilità molto gravi da parte di
chi avrebbe dovuto evitare quel dramma.
La giuria ha sostanzialmente dato ragione alla difesa del prefetto che
da un lato si è aggrappato alla mancanza di disposizioni chiare
(e soprattutto cogenti) da parte del Ministero degli Interni in merito
all'osservanza delle norme di sicurezza di un CPT e ha fatto leva,
dall'altro, sui ritardi dei soccorsi e sulla cattiva gestione operativa
delle forze dell'ordine (che dipendono dalla Questura).
Questo "scarica barile" sulla pelle dei morti è riuscito a
deresponsabilizzare il prefetto, facendo passare in secondo piano la
mancanza di adeguate uscite di sicurezza del CPT "Vulpitta" al momento
della tragedia e, più in generale, la pericolosità
dell'intera struttura.
L'assoluzione di Cerenzìa non ci coglie certamente impreparati.
Tutti quanti eravamo consci, sin da quando venne lanciata la campagna
di "Verità e Giustizia" sul rogo del "Vulpitta", che la posta in
palio fosse molto alta: per la prima volta in Italia, un prefetto
veniva messo alla sbarra per rendere conto della gestione di un Centro
di Permanenza Temporanea, e questo fatto di per se costituisce una
vittoria del movimento antirazzista siciliano.
Noi anarchici, in particolare, sappiamo bene come funziona la giustizia
dello Stato ed è per questo che siamo consapevoli che non
sarà questa sentenza indecente e vigliacca a farci desistere dal
perseguimento dell'unico obiettivo concepibile, ovvero la chiusura del
"Vulpitta" di Trapani e di tutti i CPT in Sicilia.
È una lotta alla quale non possiamo rinunciare: il modo migliore
per affermare la nostra inesauribile voglia di libertà, la
nostra rabbia contro un mondo fatto di galere e di frontiere, il nostro
profondo rispetto per Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nassim
e per tutti quelli che lo Stato ha fatto morire e la cui memoria
vorrebbe cancellare.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria
Fornovo: occupata casa abbandonata
A Fornovo un edificio semi-abbandonato si è trasformato in una
vera "casa". A rendere possibile questa "trasformazione" è stata
una famiglia di lavoratori immigrati che, insieme al Comitato
Antirazzista di Parma, ha imbracciato scope, pennelli e spazzettoni per
rendere abitabile un immobile da tempo disabitato e, per questo,
esposto al degrado. Sono persone che lavorano onestamente in questo
paese, pagando le tasse e contribuendo, con il loro lavoro, ad
arricchirne l'economia.
Fino a ieri, queste persone, erano sostanzialmente "senza casa",
costrette - dopo giornate di duro lavoro - a passare le notti in un
furgone, in una situazione di assoluto disagio.
A lungo hanno cercato un alloggio in affitto, ma il colore della loro
pelle o il loro accento sono parsi a molti proprietari una ragione
sufficiente per dire di "no". I pochi che hanno accolto la loro
richiesta lo hanno fatto per speculare sul loro bisogno, pretendendo
affitti "in nero", proponendo delle cantine, dei monolocali in stato di
degrado e chiedendo in cambio migliaia di euro.
Di fronte all'evidente ingiustizia subita e ben sapendo che tanti altri
si trovavano nelle medesime difficoltà (in molte famiglie il
prezzo pagato per avere un tetto sopra la testa assorbe anche il 60-70%
dello stipendio), queste persone hanno sollecitato le Amministrazioni
pubbliche ad affrontare in modo serio il problema della casa, cercando
di far loro capire la gravità della loro situazione. Ma, fino ad
ora, le loro legittime richieste non hanno trovato alcuna risposta.
Per garantirsi un futuro dignitoso, queste persone si sono viste
costrette ad "occupare", riprendendosi un diritto che, fino ad oggi,
è stato loro negato: l'universale diritto ad avere una casa.
Comitato Cittadino Antirazzista
Scarmagno: lavoratori in assemblea permanente
Lavoratori in assemblea permanente nell'ex stabilimento Olivetti di
Scarmagno. Gli oltre cinquecento tra operai ed impiegati di due
società (CMS e OliIt) eredi di quello che fu il settore personal
computer di Olivetti non hanno ricevuto gli stipendi di febbraio e
marzo. Continua quindi la tormentata vicenda dello stabilimento di
Scarmagno: nel 1997 Olivetti cedette al gruppo di un
avvocato-finanziere americano, E. Gottesman, il suo settore pc e nel
1999 l'azienda così nata, la OP Computers, fallì. Si sono
quindi succeduti nel controllo dello stabilimento altri gruppi
societari (Finmek, Tecnodiffusione, Ixfin) che non hanno mai fatto
ridecollare l'attività produttiva. Oggi CMS fa parte del gruppo
Tecnodiffusione, sull'orlo dell'amministrazione controllata, mentre
OliIt, subentrata a dicembre nel controllo di parte dello stabilimento
assorbendo oltre 300 lavoratori, non pare avere i mezzi finanziari
neppure per avviare l'attività. Quel che a molti in questi anni
è sembrato un gioco a passarsi il cerino tra imprenditori
specializzati in aziende decotte, tutto sulla pelle dei lavoratori,
messi in cassa integrazione per lunghi periodi, sembra giungere alla
fine e c'è chi si attende a breve un altro fallimento.
Simone Bisacca
Alessandria: minaccia di sgombero al Perlanera
Il Perlanera, lo spazio occupato il 3 aprile da vari anarchici
alessandrini, è sotto minaccia di sgombero. Mara Scagni, la
sindaca diossina, ha firmato l'ordinanza di sgombero, intimando agli
occupanti di lasciare i locali di proprietà comunale che
l'amministrazione aveva abbandonato al degrado da oltre 4 anni. La
stessa sindaca, quando sedeva sui banchi dell'opposizione si distinse
per la solidarietà data agli squatter alessandrini, minacciati
di sgombero dalla giunta guidata dalla leghista Francesca Calvo. Forse
l'abito non fa il monaco ma viene il dubbio che la poltrona faccia il
politico.
L'ordinanza non è stata al momento ancora eseguita e gli
occupanti continuano nelle loro attività. Il posto è
aperto tutti i giorni ed è un fervere di iniziative: due mostre
fotografiche, la proiezione del film "Fragole e sangue" e del
documentario "Gli anarchici nella Resistenza", una cena sociale, una
performance multimediale con musica classica e pittura. In preparazione
un'iniziativa contro la guerra.
Nel frattempo, visto che le cattive abitudini non muoiono mai, i vigili
urbani hanno proceduto all'identificazione del solito compagno di
Alessandria, cui da oltre 13 anni vengono regolarmente appioppate tutte
le denunce per occupazione. Come scrivevano i compagni del Perlanera
questo compagno, capace da solo di tante "imprese", potrebbe essere
definito il superman dell'anarchia.
Numerosi sono stati gli attestati di solidarietà ricevuti sia da
altri posti autogestiti sia da varie forze politiche e sindacali.
Persino esponenti della maggioranza al consiglio comunale si sono
espressi contro la scelta di sgombero.
Gli occupanti sono comunque decisi a resistere, e rispediscono al mittente l'ordinanza di sgombero.
Salvatore
Torino: coprire le vergogne del militarismo
"Copriamo le vergogne del militarismo!" Questa scritta è
comparsa su di un pannello di un paio di metri collocato ai piedi del
monumento ai bersaglieri in Corso Galileo Ferraris a Torino.
Il monumento nella serata del 7 aprile è stato coperto da un
lungo drappo di stoffa. Un drappo di stoffa che copre la vergogna di
monumenti dedicati ad assassini in divisa, gli stessi assassini che
poche ore prima avevano sparato ed ucciso decine civili iracheni tra
cui due bambini. Lo stesso giorno la Federazione Anarchica Torinese
aveva tenuto un punto informativo antimilitarista in via Po.
Una settimana più tardi la via dedicata al generale Cadorna
è stata ribattezzata "Via Disertori di tutte le guerre". Le
targhe della strada sono state coperte da quelle con la nuova
denominazione.
Riportiamo alcuni stralci del comunicato emesso dalla Federazione
Anarchica Torinese dopo il presidio antimilitarista del 7 aprile: "Le
nostre città sono piene di monumenti, targhe, lapidi che
ricordano assassini, gente che si è guadagnata una statua per
aver ucciso, bombardato, sgozzato, violentato. Questi sono i vergognosi
esempi che i nostri figli studiano a scuola, che incontrano in ogni
piazza, in ogni strada, queste sono le macerie sulle quali è
edificata la nostra 'civiltà'. Occorre che queste vergogne siano
cancellate dalla nostra storia, dalla nostra memoria, dal nostro
futuro. Vogliamo che nelle piazze siano raffigurati coloro che
costruiscono, non i distruttori.
Non vogliamo che i nostri figli vedano per le strade delle nostre
città le effigi di chi si guadagna medaglie ed onori ammazzando
altri bambini, bambini che hanno avuto la sfortuna di nascere nella
parte sbagliata del mondo, bambini nati con la guerra e morti di
guerra. Per loro nessuno erige lapidi, né monumenti. Per loro
persino la pietà è morta.
In questi anni, destra e sinistra, governo ed opposizione, hanno
cercato di arruolarci, di unirci con la paura, di coprire le nostre
vite con un sudario tricolore. Ma noi non ci siamo stati: abbiamo
disertato la loro guerra, stracciato le loro bandiere, sputato sulla
loro retorica da caserma.
Oggi, il giorno successivo ad una delle tante stragi del militarismo,
abbiamo manifestato in centro a Torino con un punto informativo
antimilitarista in via Po.
In serata un lenzuolo è stato steso su una delle tante vergogne
militariste che costellano questa città. Opporsi alla guerra,
agli eserciti è anche scegliere di rifiutarne la disgustosa
retorica, i simboli di odio e violenza, le immagini in cui lo sfoggio
di forza diviene l'emblema della ragion di Stato.
La notizia dell'ennesima strage umanitaria perpetrata dalle truppe di
"pace" in Iraq mostra ancora una volta il volto feroce di
un'occupazione che riporta alla mente gli orrori del colonialismo
nostrano, quello che oggi come allora si trincerava dietro il mito
della missione civilizzatrice. Incapaci di far da se gli iracheni vanno
"educati" alla democrazia, alla pace, alla convivenza. Anche a costo
della vita. Specie se è la loro.
Occorre fermare la mano di questi assassini in divisa, di chi in nome
della ragion di Stato si macchia dei più efferati delitti. Fuori
tutti gli eserciti dall'Iraq, dall'Italia, dalla storia!
Noi abbiamo scelto di essere uomini e donne di parte. La parte degli
oppressi, degli sfruttati, dei senzapatria, dei senza religione. La
parte di chi crede che non c'è pace senza giustizia, la parte di
chi crede che non vi sono guerre giuste, né poteri buoni."
Red. To
Napoli: coprire le vergogne del militarismo
A Napoli, in concomitanza con la visita di Berlusconi, qualche
"monaciello" napoletano si è impigliato in lapidi, targhe,
monumenti partenopei dedicati di segno smaccatamente militarista.
Colpita dal paranormale evento, l'ineffabile O.AC.N.-F.A.I. ha prodotto
un manifestino che è stato diffuso in città.
Brescia: "EXAlare l'ultimo respiro"
A Brescia, nei locali del circolo Bonometti il 15 aprile si
è inaugurata l'esposizione di mail-art "EXAlare l'ultimo
respiro", ideata e promossa da Gramigna "giornale anarchico che
cresce per dispetto".
Per la mostra contro EXA - esposizione internazionale di armi- è
stato scelto questo linguaggio espressivo, perché fin dai primi
anni '60 questo originale circuito creativo ha coinvolto migliaia di
operatori mediante il confronto, lo scambio libero e gratuito.
L'arte postale è storicamente estranea alle logiche e alle
strategie del mercato dell'arte e privilegia la comunicazione
orizzontale, senza intermediari, dal mittente al destinatario.
Per noi anarchici e libertari l'antimilitarismo e la conseguente scelta
antiautoritaria non sono dettati da tatticismi o vuote strategie, il
rifiuto dei modelli gerarchici è un tratto peculiare del nostro
dna.
"EXA-lare l'ultimo respiro" sottolinea che non si tratta di merce
biologica o biodegradabile ma di armi, perché è qui,
nella provincia bresciana, che è concentrato il 90% della
produzione nazionale delle armi leggere.
Il mercato globale determina orizzonti che non lasciano spazio ad altro
che non sia la rassegnata accettazione della macabra messa in vetrina
di armi prodotte per annientare e sterminare persone e animali,
paradossalmente indicata come esempio di concretezza dell'imprenditoria
bresciana.
Nell'arte postale a volte emerge un certo manierismo tutto formale, ma
fortunatamente non viene mai meno il confronto, il divertimento,
l'imprevedibilità e l'irriverenza di un "fare "che è
pensato in relazione all'altro, che è aperto a costanti
trasformazioni. Nonostante il mercato abbia da sempre mostrato anche ai
più inguaribili ottimisti di essere in grado di assorbire,
divorare e nullificare tutto, il fenomeno della mail-art forse anche
per la enorme quantità di persone che la praticano - e questa
mostra versus EXA ne è un'esempio - non è ancora
pacificata.
Circa 200 i contributi creativi giunti da ogni parte del mondo: dal
Giappone all'Australia, dalla Spagna al Paraguay, dal territorio
Mapuche in Cile agli alunni di una scuola elementare di Bologna, dalla
Serbia a San Francisco.
Dopo l'affollata inaugurazione della mostra di mail-art "EXAlare
l'ultimo respiro", venerdì 16 è stata proposta una
videoinstallazione realizzata attraverso un montaggio di frammenti dei
film di Kubrick. Nei due televisori posti frontalmente, lo scarto
temporale della visione, contribuiva a creare un effetto spaesante, tra
immagine e sonoro. È stato poi proiettato il documento filmico
sulla mostra realizzato da C.T.V. la televisione di strada che
trasmette a Brescia da circa due anni, è seguita poi la
presentazione del nuovo numero di Gramigna "il giornale anarchico che
cresce per dispetto".
Sabato17 prima che il corteo del social forum terminasse il suo
percorso, da piazza della Loggia partiva la chiassosa tamburata
antimilitarista che ha raggiunto la sede del circolo Bonometti in
vicolo Borgondio 6, dove ha avuto luogo "Altro da me" performance dei
Biluga.
Teatro, musica e immagini che hanno rappresentato il viaggio mentale di
due figure sole al mondo, con la paura di non sopravvivere l'una senza
l'altra, dove si alternano storie di uomini terrorizzati dal diverso,
di guerre e di asettiche società preconfezionate.
La tre giorni antimilitarista contro EXA - la fiera internazionale
delle armi leggere - ha registrato la presenza di un pubblico numeroso
e partecipe. I contributi della mostra di mail-art: "EXAlare l'ultimo
respiro", potranno essere successivamente visionati in internet sul
sito: www.gramignagramigna.org