Umanità Nova, numero 15 del 2 maggio 2004, Anno 84
Per comprendere appieno le qualità umane, politiche e sociali della Lega Nord, del suo ceto politico e del suo elettorato, dobbiamo proprio convincerci che in quell'ambito, come ormai appare con tutta evidenza, quello di Umberto Bossi era un ruolo sostanzialmente moderato, o meglio, "pensante". E trarre, da queste considerazioni, le debite, sconsolanti, conclusioni.
Come i nostri lettori già sapranno, nel corso della discussione alla Camera sull'introduzione del reato di tortura nel codice penale (reato, sorprendentemente, non previsto e quindi ripetutamente sollecitato da organismi come le Nazioni Unite, l'Unione Europea e Amnesty International), con un apparente colpo di mano i leghisti sono riusciti ad imporre, e far votare, un emendamento al testo precedentemente concordato, con perfetto spirito bipartisan, da entrambi gli schieramenti parlamentari. Infatti al dettato originario, che definiva la tortura come "violenze e minacce gravi a una persona sottoposta all'autorità del pubblico ufficiale" i bravi leghisti hanno aggiunto, "imponendone" l'approvazione agli alleati della Casa delle Libertà, il concetto di reiterazione, vale a dire che si può parlare di tortura solo in presenza della ripetizione della violenza. In soldoni, prendere un malcapitato e dargli un fracasso di botte tutte in una volta va bene, mentre aspettare un poco, lasciare che si riprenda e poi ricominciare da capo, no. Ma se proprio non si può fare a meno di dare libero sfogo a queste pulsioni, per "reiterare" lo stesso trattamento occorre trovare un secondo malcapitato. Con simili presupposti si potrebbe andare avanti all'infinito senza incorrere nel reato di tortura: un vero capolavoro di civiltà!
Come era prevedibile, l'emendamento della Lega ha suscitato le più diverse reazioni. Dalla scontata esecrazione delle anime belle della sinistra all'imbarazzo dei tanti campioni di garantismo che albergano in Forza Italia, passando per l'indignata dissociazione degli uomini di Follini e la grottesca, quanto improbabile, presa di distanza dei fascisti. A parte la deprimente constatazione che in un colpo solo ben più di duecento legittimi rappresentanti del popolo italiano si sono esplicitamente dichiarati favorevoli alla tortura (e nulla toglie, anzi, ne aggiunge! se quasi tutti hanno poi detto di essersi "sbagliati" ad approvare l'emendamento leghista perché, sono parole dei loro capigruppo, non avevano capito di cosa si stesse parlando), penso che questa vicenda offra lo spunto per alcune considerazioni.
Come dicevamo, in tutti i commenti che ci è capitato di cogliere, si è parlato esclusivamente, stigmatizzandolo, del concetto di reiterazione, trascurando di approfondire l'aspetto che, a ben guardare, fa del testo bipartisan un testo tanto migliore di quello leghista. Nessuno infatti, anche fra gli indignatissimi garantisti, ha voluto porre attenzione a ciò che caratterizza concretamente la definizione di tortura, ossia il concetto della gravità. Quando lì si parla, infatti, di "violenze o minacce gravi" e solo come tali sanzionabili (reiterate o meno che siano), si lascia tutto, ancora una volta, alla discrezionalità di chi deve indagare o giudicare l'eventuale reato di tortura. Penso non ci sia niente di più aleatorio, infatti, che giudicare il grado di gravità di una violenza o di una minaccia, soprattutto perché l'unico che potrebbe dire qualcosa di concreto al proposito sarebbe chi, di queste violenze o minacce, è stato vittima. Ma a questo punto, essendo parte in causa contro il pubblico ufficiale che l'ha torturato, qualunque giudice fetente (e non ne mancano) potrebbe dichiararlo non attendibile. Come si vede, mantenendo il concetto di "gravità", dobbiamo, come sempre, affidarci al buon cuore o all'onestà del pubblico ufficiale o del giudice di turno. Se questo è un lascito dell'eredità di quella "grande tradizione giuridica" romana che ha fatto dell'Italia la "patria del diritto", beh, sinceramente mi viene da preferire il barbarico giudizio di dio.
Del resto gli esponenti della Lega, con "ingenuità", hanno detto chiaro e tondo a cosa mira il loro emendamento: ad impedire, cioè, che l'operato delle forze di polizia possa diventare oggetto di sanzione con eccessiva facilità. E con quello che sappiamo essere successo nelle caserme di Genova e Napoli (tanto per citare dei fatti venuti alla luce) non c'è da stupirsi della loro preoccupazione. E non c'è da stupirsi, soprattutto, dell'involontaria disattenzione dei loro colleghi di maggioranza, che delle violenze, minacce e torture delle varie Bolzaneto e caserme Diaz, sono stati non solo i difensori d'ufficio ma in molti casi anche, come ormai è chiaro a chiunque, i diretti istigatori.
Si va dicendo da tempo che stiamo andando verso uno stato di polizia, verso una società sempre più condizionata da isteriche esigenze di sicurezza che ci proteggano da pericoli che sono tanto più concreti, quanto più sono alimentati ad arte per giustificare e legittimare questa corsa esponenziale al controllo e alla repressione di ogni dissidenza. A volte, per mascherare l'involuzione reazionaria dei nostri tempi, il potere prova a mettere delle pudiche foglie di fico ai propri disegni, cercando di mostrare una faccia credibilmente garantista e democratica. Finché non arrivano, belli come il sole, quei cretini della Lega a rovinare il giochetto, e allora apriti cielo! Eccoli tutti lì, a raccontarci che è un'indecenza o che ci siamo sbagliati...
Massimo Ortalli