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Umanità Nova, numero 15 del 2 maggio 2004, Anno 84

Melfi. Lotta e repressione



La mobilitazione dei lavoratori della Fiat di Melfi nasce come un classico esempio di sviluppo di una lotta limitata e particolare in un movimento generale che pone al centro le questioni essenziali per la vita dei lavoratori.
Il 19 aprile, a causa di uno sciopero dei lavoratori dell'Arvil, una delle 23 aziende dell'indotto della Fiat di Melfi, la direzione della Fiat ha deciso di sospendere dal lavoro i dipendenti giacché le linee della Punto e della Y non erano in grado di funzionare perché mancavano loro i rifornimenti.
Una classica operazione volta a colpire gli operai dei vari segmenti della fabbrica e a porli gli uni contro gli altri.
Solo che, questa volta, il gioco non è riuscito. Il 19 la situazione, già tesa, è esplosa: ricevuta la comunicazione del "senza lavoro" gli operai si sono riuniti e, insieme a molti delegati delle Rsu, hanno approvato all'unanimità un documento di contestazione all'azienda e hanno deciso lo sciopero ad oltranza e il blocco dell'area industriale.
Nei giorni seguenti la Fiat ha rilanciato a cascata la pratica della "messa in libertà" dei lavoratori degli altri stabilimenti. Naturalmente si tratta di un genere affatto particolare di "libertà" poiché, in questi casi, i lavoratori sono "liberati" dal diritto al reddito, d'altro canto non era scritto all'ingresso dei campi di sterminio "Il lavoro rende liberi"? Non arrivo certo a paragonare i grigi apparatniks della Fiat ai funzionari nazisti, resta il fatto che una definizione del genere è decisamente assurda.

Nella valutazione dello sciopero da parte dei media, dei politici e degli stessi lavoratori l'accento è stato posto, con qualche ragione, sulla spaccatura del fronte sindacale fra FIOM, da una parte, e FIM, UILM e il tradizionale sindacato giallo FISMIC. A Melfi, in maniera visibile, l'anomalia che la FIOM rappresenta rispetto al quadro generale del sindacato istituzionale della stessa CGIL è emersa con forza anche se è da vedere, e lo dico senza alcuna malizia, se si tratta di un'aurora o di un tramonto.
Vi è, oggi, uno scarto singolare e visibilissimo fra pratica operaia che la FIOM, in qualche misura rappresenta ed organizza sindacalmente – e nulla come la categoria "rappresentanza è, in casi del genere, ambigua – e tentativo del gruppo dirigente della stessa FIOM di presentarsi come interno al un percorso di una CGIL che palesemente la sta lasciando sola in uno scontro durissimo. Basta, a questo proposito, pensare agli inviti del buon Guglielmo Epifani a ricostruire una pratica unitaria con CISL e UIL, con quelle stesse CISL e UIL che, a Melfi, hanno sconfessato i propri delegati e militanti che partecipano al movimento, ha prospettato l'organizzazione dello sfondamento dei picchetti e, a livello nazionale, organizzano l'invio di patetiche lettere a firma di "gruppi di lavoratori della Fiat" che, dopo aver riconosciuto, e ci mancherebbe!, le buone ragioni degli operai di Melfi li invitano a sospendere la lotta in nome della "solidarietà" con gli operai degli altri stabilimenti.

Per chi abbia un'idea della situazione della Fiat di Melfi e del suo indotto, caratterizzati da salari seccamente inferiori a quelli medi, già di per sé non esaltanti, del gruppo Fiat, da carichi di lavoro massacranti, dal pieno esercizio del dispotismo padronale, da una forte presenza di sindacati filoaziendali, la lotta che si sta sviluppando, appare come un segnale importante della tensione profonda che vivono i lavoratori. Anni di sottomissione e di sopportazione si sono rovesciati nella scoperta dell'azione collettiva che, mai come in casi del genere vale la definizione "nuovo capitalismo e vecchia lotta di classe", è andata a colpire con forza il ciclo produttivo mediante la riscoperta del picchetto.
Si tratta di uno strumento di lotta che, per chi ha memoria dei caratteri storici dello sciopero, non ha nulla di straordinario ma che gli ultimi anni di relativa "pace industriale" hanno relegato nel museo della lotta di classe.
Non a caso è proprio contro l'uso del picchetto e dei blocchi stradali - come dimenticare, a questo proposito, la mobilitazione di quest'estate che ha visto la popolazione lucana schierarsi in massa contro il degrado ambientale e, soprattutto, vincere? – a provocare una levata di scudi contro le pratiche illegali utilizzate dai lavoratori.
Vale la pena, a questo proposito, di riportare, da fonti di agenzia, alcune prese di posizione di esponenti del governo dopo gli attacchi della polizia ai picchetti del 26 aprile.

"Fin dal primo momento le forze di polizia sono state invitate a comportarsi con il consueto equilibrio, garantendo, da un lato, il diritto degli scioperanti a manifestare le loro opinioni e, dall'altro, il diritto dei lavoratori che non condividono lo sciopero a recarsi liberamente in fabbrica". Pisanu ha però sottolineato che si è opposto e continuerà ad opporsi "alla pretesa di far accedere i lavoratori allo stabilimento passando attraverso due ali di scioperanti". Conseguentemente, ha spiegato il ministro, "dopo lunghe ed infruttuose trattative, la polizia ha deciso di rimuovere il posto di blocco, resistendo alle provocazioni ed evitando, con encomiabile professionalità, ulteriori e gravi complicazioni…. Tale operazione sarà ripetuta ogni volta che si renderà necessario".

Certo dieci lavoratori mandati all'ospedale sono un discreto esempio di "encomiabile professionalità". Il sottosegretario Sacconi, che di CGIL se ne intende giacché ne è stato a lungo un dirigente, e che si era distinto nei giorni passati per dichiarazioni in stile meno democristiano rispetto al suo collega Pisanu aggiunge:
"La rimozione del blocco illegale in atto da ben sette giorni è a questo punto non solo giusta ma necessaria per salvare il gruppo fiat dal collasso produttivo e quindi finanziario". E ancora: "Insisto a ritenere che la modernità del paese passa per la sconfitta politica di questo tipo di sindacato".
D'altro canto, CISL e UIL non sono da meno:
"La Fim Cisl considera 'un errore' la carica della polizia ai blocchi stradali della Fiom davanti allo stabilimento di Melfi ma considera 'altrettanto grave' la decisione dei metalmeccanici della Cgil di ''proseguire nei blocchi e di tirare pietre contro i pullman delle persone che volevano andare a lavorare". Lo afferma il leader della Fim, Giorgio Caprioli secondo il quale lo sciopero generale proclamato per mercoledì non serve… "Non servono scioperi - ha detto - tanto meno generali. Serve una trattativa conclusiva". "Stamattina è stato un errore da parte della polizia fare cariche ai blocchi…ma credo sia altrettanto grave la responsabilità della Fiom nell'aver deciso di continuare a bloccare l'accesso alle strade. Prima perché c'e' un accordo con l'impegno della Fiat a superare i problemi che hanno generato la lotta e poi perché a episodi di violenza della polizia hanno corrisposto episodi di violenza di chi era ai blocchi contro chi voleva entrare". Secondo Caprioli a Melfi il problema sta diventando "kafkiano". "La gente sciopera per togliere la doppia ribattuta e per salari più alti - ha aggiunto - mentre c'è già un accordo per superare questi problemi. Non capisco perché si scioperi. Una volta che dall'azienda c'è disponibilità ad affrontare questi temi si va a fare la trattativa. Se si rompe si torna a scioperare". "Auspico - ha concluso - che nonostante quello che è successo si colga l'opportunità della trattativa fissata al 4 maggio e che forse anticipiamo."

Insomma, un colpo al cerchio ed uno alla botte e non è difficile capire a chi si riservano mazzate e a chi paterni buffetti. Non è da meno la UIL che, anzi, si spinge oltre:
"La Uilm invece torna a chiedere alla Fiom di 'ripristinare la legalità, rimovendo i blocchi ai cancelli dello stabilimento della Fiat di Melfi e lasciando ai lavoratori che intendono andare a lavorare la possibilità di farlo. 'C'è una parte dei lavoratori - ha detto il segretario generale della Uilm Tonino Regazzi, riferendosi all'accordo firmato venerdì che prevede alcuni impegni dell'azienda da chiarire in una trattativa che dovrebbe partire il 4 maggio e che potrebbe essere anticipata - che sono nella logica del negoziato. Bisogna ripristinare la legalità. Si deve consentire ai lavoratori che vogliono andare a lavorare di andarci. Oggi di cinque sei pullman solo due sono passati ai blocchi". Regazzi che ha definito lo sciopero generale proclamato dalla Fiom per tutti i metalmeccanici un altro "atto di rottura" ha ricordato che lo stabilimento è fermo da otto giorni e che questo è particolarmente pesante in una realtà che ha bisogno di lavoro."
Per chi lo avesse dimenticato, FIM, UILM e Fismic hanno fatto un accordo su un calendario di incontri e che non garantisce nulla agli operai. Ma è ben noto che, secondo costoro, il solo essere riconosciuti dalle aziende come controparti è una vittoria "dei lavoratori.

È chiaro che la partita in corso si gioca su almeno tre livelli:
- uno, quello che più ci interessa, lo scontro fra un movimento operaio che si riappropria, e ogni lotta radicale impara dall'altra, di strumenti forti di pressione e un blocco sociale dominante che oscilla fra la repressione pura e semplice, basta pensare alle attuali sanzioni contro gli autoferrotranvieri, ed una solidarietà pelosa che si traduce nell'invito ad andarsene a casa;
- uno, importante sul piano politico sindacale, che vede un rinnovato tentativo di spaccare il movimento sindacale istituzionale e di mettere nell'angolo la componente CGIL meno organica all'attuale processo di distruzione dei diritti dei lavoratori;
- uno, interno alla stessa CGIL e, per certi versi, alla FIOM fra una linea giacobina di rottura e una maggioranza saldamente concertativa.
È altrettanto chiaro che fra radicalità dei comportamenti e una progettualità generale, e non mi riferisco alla rivoluzione sociale ma ad un decente programma di difesa degli interessi dei lavoratori, vi è uno scarto straordinario.
Ma questo programma non può nascere, svilupparsi, articolarsi che passando per lotte anche parziali e puntuali e per la capacità di elaborazione e di coordinamento che ne stanno nascendo.

Cosimo Scarinzi







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