Umanità Nova, numero 15 del 2 maggio 2004, Anno 84
Tutti a Livorno il 29 maggio!
Per dire basta alla reazione, per dire basta al militarismo, per il
movimento antimilitarista unitario, autonomo e di massa per l'azione
diretta contro la truffa elettorale
Per dire basta alla reazione.
Il regime attuale si dibatte in una grave crisi, politica, economica e
finanziaria, ma, contrariamente a quanto credevano gli apologeti del
determinismo economico, tutto questo non si traduce immediatamente in
un aumento della tensione rivoluzionaria. Anzi, le classi dominanti,
guidate dai governi, sentendo indebolita la propria posizione,
reagiscono con la guerra interna contro i lavoratori e i ceti popolari;
attraverso l'attacco al salario (come l'attacco alle pensioni),
l'attacco al diritto di sciopero e di organizzazione sindacale, la
criminalizzazione del dissenso, la persecuzione degli immigrati, la
restaurazione di formule ideologiche e giuridiche tipiche della
società patriarcale.
Questo clima viene giustificato con la minaccia esterna, costruita con
l'aiuto dei servizi segreti, e alimentata dalla politica di rapina
praticata dai paesi più sviluppati.
Guerra interna e guerra esterna sono gli strumenti con cui i governi
cercano di sostenere la loro traballante autorità e mantenere al
loro posto i ceti privilegiati.
Per dire basta al militarismo
L'Italia non fa eccezione. La retorica patriottarda e militarista
orchestrata dal Governo, a cui tutte le forze parlamentari si sono
accodate, punta a distrarre i ceti popolari dalla situazione interna.
La grave crisi finanziaria che rischia di travolgere l'intero sistema
del credito, e che potrà essere superata solo con nuovi
sacrifici da parte dei lavoratori, il lavoro che non si trova, la
miseria crescente vengono compensate con le missioni militari
all'estero contro un nemico inafferrabile, gli stipendi incomparabili
con i salari operai per i mercenari dell'imperialismo, gli affari dei
pescecani dell'Iraq, dell'Afganistan e di tutte le missioni
"umanitarie", gli stanziamenti a favore delle istituzioni repressive
(carceri, polizia, forze armate, comunità di recupero, ecc.).
Mentre si tagliano pensioni, scuola, sanità non ci sono limiti
all'abbuffata militarista. Poco importa se qualcuno ci lascia le penne,
l'importante sono i miliardi per i forchettoni. Intanto, in Iraq come
in Afganistan, il governo sta preparando le truppe addestrate alla
controguerriglia, nel caso in cui in Italia i lavoratori si stancassero
di essere presi in giro e chiedessero il conto dei sacrifici sopportati
per mantenere lorsignori e i loro wargames.
Per il movimento antimilitarista unitario, autonomo e di massa.
La lotta per fermare tutto questo non è patrimonio delle forze
politiche, né dei soli anarchici. La manifestazione di Roma,
nella sua dimensione e nel suo contenuto politico, ha comunque fallito
un obiettivo: imporre il ritiro immediato delle truppe italiane
dall'Iraq.
Le forze parlamentari hanno fatto in modo che la grande manifestazione
si svolgesse a dibattito parlamentare concluso. Solo
l'autorganizzazione dei pacifisti e degli antimilitaristi può
costruire un movimento che non sia ostaggio delle scadenze elettorali
dei partiti.
Un movimento unitario, che non si lasci dividere dal rispetto della
legalità "democratica"; un movimento autonomo, basato su
comitati locali ad adesione individuale, un movimento di massa, che
colleghi la grande battaglia contro la guerra e il militarismo ai
bisogni delle grandi masse popolari.
Per l'azione diretta, contro la trappola elettorale.
I lavoratori, gli antifascisti, le forze rivoluzionarie hanno già dimostrato di saper battere la reazione.
Nel luglio '60 il governo Tambroni, appoggiato dai fascisti, fu
rovesciato dalla sollevazione di piazza; nei primi anni '70 la
strategia della tensione e la politica degli USA che puntava ad
instaurare governi autoritari nei paesi satelliti, furono sconfitte
dalla mobilitazione di piazza e dalla pratica dell'antifascismo
militante, che rompevano con la politica riformista e rinunciataria del
Partito Comunista.
Dove i rivoluzionari non sono stati capaci di fare ciò, come in Cile, la reazione ha avuto partita vinta.
La lotta elettorale non può sostituire l'azione diretta delle
masse, e le vittorie elettorali non hanno mai fermato le aggressioni
fasciste.
A Livorno, nell'aprile del '60, la popolazione respinse l'aggressione
fascista dei paracadutisti, aprendo la strada alle rivolete popolari
contro il governo Tambroni.
Il 29 maggio a Livorno, mentre l'Italia è in guerra e mentre si
prepara un appuntamento elettorale sul tema della lotta contro la
reazione, sarà importante richiamare l'attenzione sul
militarismo italiano, sulle sue armi, sulle forme concrete che la
popolazione ha saputo praticare per contrastarlo nel tempo.
Federazione Anarchica Livornese