Umanità Nova, numero 15 del 2 maggio 2004, Anno 84
Il progetto "Aviano 2000" prende avvio sostanzialmente con il
trasferimento da Torrejon del 555th Fighter Squadron al 31st Fighter
Wing, il 1° aprile del 1994. Da base logistica con compiti di
manutenzione e sorveglianza viene trasformata nella punta di diamante
dello scacchiere balcanico.
Questo è testimoniato anche, se ce ne fosse bisogno, da una
cartina dell'AIR FORCE che riporta le principali installazioni dell'AF
in Europa. Il progetto Aviano 2000, concepito nel 1995 ha l'obiettivo
di migliorare la funzionalità della base, sia dal punto di vista
strettamente operativo che da quello della "qualità della vita"
dei militari e delle loro famiglie. Tutto questo viene doviziosamente
spiegato dal gen.le Leaf in una audizione al Congresso americano dell'8
marzo 1999.
Il progetto fruisce di un finanziamento di complessivi 530 milioni di dollari, di cui 352 fondi NATO e 178 USA.
La parte più rilevante del progetto viene realizzata
sull'area dell'ex Caserma Zappalà, a cavallo fra i comuni di
Aviano e Roveredo concessa agli americani con accordo "tecnico" che
risale al 1994.
È stata prevista anche la realizzazione, in 11 comuni della
provincia, di 530 alloggi per i militari e famiglie al seguito.
Le garanzie sul territorio qui certo non mancano: le amministrazioni locali, coinvolte sempre più da abili campagne di public relations, si prodigano nel migliorare la qualità della vita delle truppe alleate (i 20 miliardi di finanziamento strappati al governo quale "indennizzo" per il progetto Aviano 2000 verranno interamente spesi per la viabilità che conduce alla Base, della cui pericolosità si lamentava il gen. Leaf nel documento citato).
La qualità della vita delle popolazioni locali viene un "po' dopo".
Qui arriviamo ad un punto delicato e complesso, che ha impegnato il
nostro Comitato fin dalla sua costituzione: il rapporto fra la Base e
l'inquinamento ambientale.
Su questo abbiamo prodotto documenti (ai quali rinviamo per
approfondimenti) iniziative di protesta e di denuncia verso le
autorità locali, senza avere mai una risposta concreta.
Stiamo parlando d'inquinamento acustico, di inquinamento delle falde da
idrocarburi, di un'aggressione al territorio ben altrimenti
utilizzabile dal florido sistema economico locale, di enormi pericoli
legati alla presenza di armi nucleari, di depositi di munizioni
convenzionali ed al DU, degli inquinamenti del suolo nei poligoni
militari della provincia usati dagli eserciti di mezza Europa per
quarant'anni di fila.
Uno studio serio sull'impatto ambientale della Base, condotto in
maniera indipendente, potrebbe essere l'avvio di un processo di
riappropriazione del territorio e di una sua riconversione ad usi
civili.
Gli esempi di deroghe dalle normative di tutela ambientale, di cui
fruiscono in Italia i militari, sono infiniti: da quello sopra esposto
del rumore a quello dei serbatoi interrati, che sono fonte di pericoli
gravissimi, a quello della gestione dei rifiuti radioattivi, al
trasporto di merci pericolose etc. Pensiamo alla presenza delle bombe
atomiche (almeno 18 alloggiamenti) più volte movimentate nel
corso di questi decenni, con quali rischi, con quali conseguenze?
Perché negli USA ci si preoccupa di smaltire con cura perfino i
guanti con cui gli operatori fanno le attività manutentive delle
bombe? E soprattutto, perché lì è tutto pubblico?
Sul tema della trasparenza e perfino della tutela ambientale, non
abbiamo paura di dirlo, sotto accusa non sono gli americani, ma le
autorità centrali e locali Italiane.
Oggi, la guerra è il paradigma sul quale si fonda il Nuovo Ordine Mondiale e la Nato, con a capo gli Stati Uniti, svolge una funzione di complementarietà ai processi di globalizzazione neo-liberista. Insomma, gli interessi economico-finanziari delle grosse multinazionali, oggi come ieri, passano attraverso l'opzione militare e viceversa.
Oggi, più di ieri, diventa urgente per il movimento antimilitarista e pacifista agganciare la mobilitazione contro la guerra ad una iniziativa di ampio respiro contro le basi militari. Per la riconquista del territorio in un'ottica che vada oltre la "difesa del proprio giardino", dove le tensioni tra le dinamiche locali e quelle globali facciano da guida alle future iniziative, al fine di una conoscenza del quadro complessivo in cui le lotte si inseriscono.
L'opposizione alla "guerra permanente" deve passare attraverso una maggiore articolazione dell'iniziativa del movimento e l'estensione delle lotte. Un compito che ha bisogno di una grande radicalità nei contenuti e di una capacità di comunicare.
Comitato Unitario contro Aviano 2000