testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 16 del 9 maggio 2004, Anno 84

Stati Psichiatrici d'America
Psicofarmaci e controllo sociale



"Oggi, per la psichiatria è malattia mentale ogni comportamento che può essere influenzato dall'assunzione di farmaci", diceva in un'intervista lo psicoanalista James Hillmann. Così, dato che bambini distratti e vivaci diventano delle mammollette se ben gonfiati di Ritalin, è stata inventata una malattia chiamata ADHD (sindrome della disattenzione e dell'iperattività), in attesa che, come dice sempre Hillmann, "anche la lettura venga considerata una malattia, visto che ci sono già molti farmaci che impediscono di raggiungere la soglia d'attenzione necessaria per leggere".

L'abuso di psicofarmaci è un fenomeno che non va sottovalutato, perché da nuovi strumenti al controllo sociale, senza trovare delle solide giustificazioni scientifiche come dimostra in questo articolo (tratto da CarmillaOnLine) lo psichiatra Peter Breggin.

robertino

Nell'ultimo decennio è aumentato continuamente il ricorso agli psicofarmaci, non solo all'interno della psichiatria, ma nella medicina nel suo complesso, e persino in ambito scolastico. Praticamente ogni paziente che viene ricoverato in una struttura psichiatrica è incoraggiato o forzato a prendere tali farmaci.
C'è anche una tendenza all'interno della psichiatria a rendere più semplice la costrizione di pazienti ad iniezioni di farmaci a lento rilascio (e lunga azione) per una cura extra-ospedaliera. È ormai usanza comune degli psichiatri privati dare ai pazienti un farmaco durante la prima visita e spiegare loro che avranno bisogno di farmaci per tutta la vita. Medici di famiglia, internisti e altri medici prescrivono in gran quantità antidepressivi e tranquillanti minori. Professionisti non medici, come gli psicologi e gli assistenti sociali, si sentono obbligati a consigliare ai loro pazienti una valutazione di trattamento psicofarmacologico. In questo maniera la medicalizzazione farmacologia porta aggressivamente all'esclusione della psicoterapia. 

Farmaci per adulti vengono prescritti in quantità sempre maggiori ai bambini. Anche i non professionisti si sono uniti all'entusiasmo per gli psicofarmaci. A causa del supporto dei mass-media a questa campagna a favore dei farmaci e delle campagne pubblicitarie e di promozione delle case farmaceutiche, i pazienti spesso arrivano allo studio del dottore avendo già in mente il nome di una medicina. I docenti spesso raccomandano agli alunni un trattamento psicofarmacologico. In questo complessivo riemergere della bio-psichiatria, l'elettroshock è diventato sempre più popolare. Persino la psicochirurgia trova nuovamente chi parla in favore di essa. Questa "rivoluzione del farmaco" vede gli psicofarmaci come qualcosa che alla lunga è più utile che dannoso, persino come una cura in senso assoluto. Alla stessa stregua dell'insulina o della penicillina, essi sono visti come un trattamento specifico per una specifica malattia.
Spesso viene detto che tali farmaci correggono degli squilibri biochimici nel cervello. Queste ipotesi hanno creato un ambiente in cui è difficile porre l'accento sugli effetti nocivi dei farmaci; criticare per principio gli psicofarmaci è ormai considerata un'eresia, poco diffusa per giunta.

Io difendo un punto di vista decisamente differente, ossia che gli psicofarmaci svolgono il loro ruolo essenzialmente causando disfunzioni cerebrali, e che a lungo andare fanno molto più male che bene. Gli psicofarmaci non sono trattamenti specifici per nessuna specifica malattia mentale. Invece di correggere squilibri biochimici, gli psicofarmaci ne causano a loro volta, a volte in maniera permanente.
Tutti i trattamenti biopsichiatrici hanno in comune la maniera in cui esplicano la loro azione, danneggiando e alterando le normali funzioni cerebrali. I farmacologi parlano di un indice terapeutico delle medicine, il rapporto fra gli effetti benefici e quelli tossici. In realtà i trattamenti biochimici sul cervello sono tali che l'effetto tossico e quello terapeutico coincidono.
Lo stesso dicasi per l'elettroshock e la psicochirurgia. Da quello che sappiamo dalla neurologia appena una sostanza estranea entra in contatto col cervello, i suoi effetti tossici si manifestano subito anche come effetti psicoattivi.

Se non fosse tossico, il farmaco non avrebbe alcun effetto psicoattivo. (..) I trattamenti biopsichiatrici esplicano i loro effetti "terapeutici" danneggiando le più alte funzioni umane, inclusa la reattività emozionale, la sensibilità sociale, l'auto-coscienza e la capacità di auto-comprensione, l'autonomia e l'autodeterminazione. A volte si arriva a un'indifferenza tipica delle persone lobotomizzate nei confronti di se stesse e degli altri, una sindrome che io ho chiamato "deattivazione". I trattamenti biopsichiatrici sono considerati efficaci quando i medici e/o i pazienti preferiscono uno stato di funzionalità cerebrale ridotta e quindi di minore capacità mentale, minore espressione emozionale. (.) 

Ogni trattamento biopsichiatrico produce i suoi effetti primari ed essenziali di danneggiamento del cervello su ogni persona, compresi volontari e pazienti con differenti diagnosi psichiatriche A dispetto delle radicate convinzioni di chi propone gli psicofarmaci, non ci sono specifici effetti psicoattivi dei farmaci per specifici disordini mentali. Esiste ovviamente una certa varietà biologica e psicologica nella maniera in cui la gente risponde ai farmaci, ma ad ogni modo, come principio generale, gli interventi biopsichiatrici hanno effetti non specifici che non dipendono dallo stato mentale della persona che li assume. (.)

Le sofferenze mentali ed emotive ordinariamente trattate con interventi biopsichiatrici non hanno cause genetiche o biologiche. A dispetto di più di due secoli di ricerca intensiva, di nessun disordine psichiatrico comunemente diagnosticato è stata scoperta una causa genetica o biologica, inclusa la schizofrenia, la depressione, il disordine maniaco-depressivo, i vari disturbi dell'ansia, e i disordini dei bambini. Al momento per quanto ne sappiamo non ci sono squilibri biochimici nelle menti dei pazienti psichiatrici fino a quando non vengono somministrati loro i farmaci. È puramente speculativo e persino naif asserire che antidepressivi come il Prozac correggono una neurotrasmissione serotoninergica ipoattiva (uno squilibrio biochimico della dopamina), o che neurolettici come l'Haldol correggono neurotrasmissioni dopaminergiche iperattive. Il fallimento del tentativo di dimostrare l'esistenza di una qualsiasi anormalità nei pazienti psichiatrici, a dispetto di decadi di sforzi intensivi, suggerisce che tali difetti biologici non esistono.(.) 

La grande maggioranza dei problemi ordinariamente trattati dagli psichiatri non sembra neanche lontanamente legata a malattie del cervello. Per esempio, essi non producono i deficit cognitivi a livello della memoria o del ragionamento astratto caratteristici dei disordini cerebrali. Essi non sono accompagnati da febbre o da segni di malattia rilevabili tramite accertamenti di laboratorio.
Al contrario, test neurologici e neuropsicologici generalmente indicano (nei cosiddetti "malati di mente") funzioni cerebrali nella norma o al di sopra della norma, e anche il corpo risulta essere in salute. È molto difficile pensare che alcuni dei problemi ordinariamente trattati dagli psichiatri siano basati su malfunzionamenti del cervello piuttosto che da esperienze di vita di individui con cervelli normali. Se di alcuni pazienti diagnosticati come depressi o schizofrenici si scoprisse che hanno leggeri squilibri biochimici, questo non giustificherebbe le correnti pratiche biopsichiatriche. Il fatto che un farmaco funziona, cioè influenza il cervello e la mente in una maniera che sembra positiva, non conferma il fatto che tale individuo soffra di un sottostante disordine biologico. In tutta la storia conosciuta, gli individui hanno medicato se stessi per una varietà di ragioni psicologiche e spirituali, dalla richiesta di uno stato superiore di conoscenza al desiderio di una vita più sopportabile. Bevande alcoliche, caffè e te, tabacco, e marijuana cono comunemente consumati dalla gente per aumentare il loro senso di benessere.
E non c'è nessun motivo di credere che i risultati che essi ottengono siano dovuti ad un sottostante squilibrio biochimico.

Peter Breggin

[da I principi cerebro-debilitanti dei trattamenti psichiatrici - Droghe, Electroshock, e il ruolo della FDA - Springer Publishing Company (1997) - Traduzione di Corrado Penna - tratto da www.carmilla.org]








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