testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 17 del 16 maggio 2004, Anno 84

A Livorno il 29 maggio contro i signori della guerra
Fermiamo la carneficina!



La guerra ci bombarda ogni giorno dagli schermi delle televisioni e dalle pagine dei giornali. Le immagini della carneficina irachena si alternano a quelle provenienti da altri focolai bellici che ciclicamente si infiammano: dall'Afganistan al Kosovo, alla Cecenia. Immagini di morte, di distruzione con corpi straziati, mutilati o, semplicemente… torturati. Immagini di edifici distrutti, di città e villaggi devastati, di fabbriche in fiamme, di gente, di povera gente, in fuga o in lacrime… Immagini di uomini di Stato, di criminali di Stato, che parlano di pace, di missioni umanitarie, di democrazia e sovranità popolare e poi pianificano coscientemente massacri che coinvolgono decina di migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini, di quella popolazione, insomma, che dicono di voler "liberare". Quello che è accaduto a Falluja è sintomatico di ciò che vuol dire "guerra", una parola terrificante che il potere invece cerca di far divenire tragicamente consueta per le nostre menti. 

A Falluja, città ribelle e simbolo della "resistenza" agli americani, i marine hanno scatenato un attacco terroristico e indiscriminato contro la popolazione civile, vero e unico obiettivo dell'offensiva U.S.A. Secondo quanto pubblicato dalla stampa alternativa americana a Falluja i terroristi in divisa dell'esercito di Washington hanno applicato quanto loro insegnato da altri terroristi in divisa, i militari israeliani che da anni stanno provando sul campo come vincere la resistenza di massa palestinese. I bombardamenti contro i quartieri popolari della città ribelle avevano il compito non di vincere la resistenza dei miliziani sunniti ma di terrorizzare la popolazione civile, colpevole di sostenere i "ribelli" e quindi, agli occhi dei "liberatori", ancora più pericolosa degli uomini in armi. "A Falluja è stato negata la istituzione di zone di sicurezza e di corridoi umanitari per soccorrere i feriti ed inviare aiuti; a Falluja è stato impedito ai feriti di raggiungere l'ospedale cittadino; a Falluja cecchini statunitensi hanno sparato sulle ambulanze, su persone che entravano ed uscivano dagli ospedali, su persone con le mani alzate o che brandivano bandiere bianche; a Falluja è stato impedito alla popolazione in fuga di uscire dalla città; a Falluja sono state utilizzate bombe a grappolo e negli ultimi giorni sono stati effettuati più bombardamenti aerei su zone civili." (Un ponte per…, comunicato del 29 aprile).

Ma è significativo che la spedizione punitiva contro la popolazione di Falluja sia passata sostanzialmente sotto silenzio poiché i fari della grande informazione si sono concentrati sulla questione delle torture inflitte da americani e inglesi ai prigionieri iracheni. Come ha dimostrato Amnesty international, quello delle torture era un segreto di Pulcinella visto che fin da gennaio proprio Amnesty aveva denunciato (con ben 5 diversi comunicati stampa…) le condizioni disumane e le torture cui erano sottoposti i prigionieri di guerra iracheni. Però la grande stampa internazionale aveva ignorato le denuncie. Qualcuno le ha tirate fuori, facendole diventare uno scandalo, proprio quando si è trattato di coprire mediaticamente i massacri di Falluja… 

Ma, lo sappiamo bene, la guerra è anche intossicazione di massa con notizie false o fuorvianti. Si pensi alle terrificanti armi di distruzione, notoriamente possedute dal regime di Hussein ma mai trovate! 

Fra le notizie fuorvianti c'è anche l'incessante campagna per il coinvolgimento in Iraq dell'ONU, organizzazione molto ben vista dalla sinistra riformista, al posto degli occupanti americani, inglesi, italiani, coreani, ecc. Anche questo è un caso da manuale di intossicazione di massa, questa volta diffuso dall'opposizione parlamentare. Questi guerrafondai, oggi pacifisti per convenienza ma assertori della teoria della "guerra giusta" (che poi è quella che si fa quando al governo ci sono loro…) blandiscono le bandiere azzurre dell'ONU il cui intervento, da solo, viene fatto passare come la panacea di tutti i problemi. Suprema stupidaggine che però serve ad intossicare le menti di tanti elettori di sinistra che, per la verità, non attendono di meglio che qualche soluzione preconfezionata (da infilare nel "forno a microonde" che gli fa da cervello) per mettersi in pace con la propria coscienza blandamente "pacifista". In realtà per smontare questa campagna  basterebbe andare a vedere i risultati della presenza ONU in territori anche a noi molto vicini, per esempio il Kosovo, dove il 16 e 17 marzo scorsi si è scatenata una feroce caccia all'uomo contro i serbi e le zone da loro abitate. Questo dopo 5 anni di regime di protettorato misto NATO-ONU. Un bel risultato, non c'è che dire. Per gli osservatori più attenti si è trattato di una "prova generale" - fallita per ora - di quanto potrà succedere se non si affrontano i nodi reali del Kosovo di oggi che, ancora una volta, si configura come una polveriera: la polveriera dei Balcani. I moti di marzo dimostrano tutto il fallimento della politica ONU: "sono passati cinque anni di errori e di incapacità: l'erogazione constante di acqua ed elettricità rimane ancora una chimera per la maggior parte della popolazione, i servizi alla persona sono praticamente inesistenti, la disoccupazione raggiunge punte del 60% e l'economia si basa – come il sostentamento delle famiglie – sul mercato nero e grigio, su un commercio al dettaglio totalmente sganciato dalla capacità produttiva autoctona, sul controllo criminale del territorio e sui vari traffici di droga, armi ed esseri umani. Miliardi di Euro sono stati investiti – molti per il sostentamento delle costosissima struttura amministrativa e militare - e centinaia di Ong (Organizzazioni non governative – umanitarie) sono passate per il Kossovo senza contribuire in modo sostanziale alle condizioni di vita, dando vita invece al più grande "circo umanitario" che la storia abbia conosciuto. Le forze militari di "peace-keeping" (mantenimento della pace) e la compagine amministrativa delle Nazioni Unite hanno impedito di fatto ogni processo di elaborazione del conflitto e di riconciliazione, optando per più facili processi progressivi di segregazione e difesa armata dei diversi gruppi nazionali. I pochi rientri dei profughi serbi sono stati realizzati secondo una strategia che sembra essere più quella di mettere di fronte al fatto compiuto le comunità albanesi tramite la creazione di tante enclave iper-protette, che non il risultato di un percorso politico di condivisione con tutte le parti." (E. Bertoldi, Osservatorio sui Balcani, 15 aprile). Chi è quell'imbecille che pensa realmente che l'ONU possa risolvere i problemi iracheni? Forse D'Alema e Amato, ma loro non sono imbecilli ma furbi e smaliziati politicanti.

Noi non chiediamo l'intervento dell'ONU, noi ci battiamo per il ritiro immediato delle forze di occupazione dall'Iraq, per dare alla popolazione irachena quella autodeterminazione di cui i governanti occidentali si riempiono la bocca ma che nessuno di loro vuole veramente, poiché tutti vogliono mantenere il controllo reale del territorio e del petrolio (altrimenti cosa l'hanno fatta a fare la guerra?). Noi ci battiamo per la fine della guerra che è sempre guerra economica, che è sempre guerra terroristica, che è sempre guerra per l'egemonia di uno Stato sugli altri. Il vero "asse del male", responsabile di centinaia di migliaia di morti nel mondo, è quello che unisce Stato e capitalismo, quello che produce corsa al profitto e al potere, sfruttamento dell'uomo e della natura e che genera miseria e disperazione. 

Per questo, ovunque nel mondo, le organizzazioni anarchiche, i sindacati di ispirazione libertaria, le reti e i coordinamenti fra gruppi e individui si oppongono alle guerre e partecipano alla costruzione di un vasto movimento di rifiuto della barbarie. La guerra serve sempre ai ricchi e uccide sempre i poveri. In Iraq come altrove.

A. R.









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