Umanità Nova, numero 17 del 16 maggio 2004, Anno 84
Ma secondo Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl,
sindacato che insieme a Uil e Fismic era invece contrario alla protesta
che ha bloccato la Sata (così si chiama lo stabilimento Fiat in
Basilicata), il senso di liberazione collettivo non può
nascondere i problemi che la vicenda lascia in eredità. "Non so
se la prospettiva di Melfi sarà la stessa di prima", dice. E
aggiunge: "Un conto è avere una fabbrica governabile, altro
conto è scoprire che la fabbrica non è governabile. E in
questo la Fiat ha certamente delle responsabilità, se uno
stabilimento strategico come questo può fermarsi per tre
settimane per questioni all'apparenza facilmente risolvibili". Per
Santini, "a questo punto bisognerebbe aprire una riflessione profonda
su Melfi, perché temo che questa vertenza non sarà
indenne da conseguenze. Temo che ora il progetto di Melfi possa essere
considerato dalla Fiat in modo diverso".
Da "Il Corriere della Sera" del 10 maggio 2004
Dopo venti giorni di lotta Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl hanno
raggiunto un accordo con la Fiat e stabilito di chiudere un vertenza di
straordinaria intensità. A Roma la fase finale della trattativa
è stata condotta dalle segreterie nazionali dei sindacati che
hanno, in qualche modo, ricomposto un fronte che sembrava
irrimediabilmente lacerato.
D'altronde, quando sono favorevoli ad un accordo Gianni Alemanno,
esponente della destra sociale di AN, che giudica l'intesa "una grande
vittoria dei lavoratori del Mezzogiorno" e Fausto Bertinotti, vuol dire
o che l'accordo è buono o che tutti i soggetti istituzionali
coinvolti ne avevano bisogno compresa la CISL che ha, però,
l'impudicizia di preoccuparsi, con qualche ragione, della
"governabilità della fabbrica". Lasciamo i nostri ai lettori il
giudizio.
L'accordo si compone di dodici pagine che proveremo a riassumere
l'abolizione, a partire da luglio, della cosiddetta doppia battuta,
cioè la ripetizione per due settimane consecutive del turno di
notte. Saranno previste una settimana di sei giorni lavorativi e una di
quattro, con due giorni di riposo consecutivi. Contemporaneamente
l'orario di lavoro passerà da 7 ore e 15 a 7 ore e 30 minuti. I
15 minuti in più si sommeranno per garantire sette giorni non
lavorativi in più rispetto agli attuali. Il lavoro notturno
passerà dall'attuale 45% al 60,5% entro il luglio 2006,
equiparandosi a quello degli altri stabilimenti.
Si tratta, con ogni evidenza, di un risultato discreto. Resta il fatto che si lavora il sabato e la domenica e che 30 minuti per la mensa sono pochi e spingono i lavoratori a mangiare a fine turno con effetti nocivi per la salute.
La parte economica prevede un aumento a regime, per maggiorazioni salariali e premi di competitività, di 105 euro al mese, di cui metà a partire da luglio prossimo e la restante quota suddivisa in due parti uguali: la prima dal luglio 2005 e la seconda dal luglio dell'anno seguente. Ogni luglio, inoltre, i dipendenti di Melfi incasseranno 240 euro, che rappresentano la parte variabile del premio di competitività accantonata annualmente (sulla base di 20 euro al mese).
Come è evidente, la parificazione delle retribuzioni dei lavoratori di Melfi a quelle degli altri lavoratori del gruppo c'è solo a rate mentre avrebbe dovuto essere immediata.
Verrà costituita una speciale commissione di "conciliazione e prevenzione" con il compito di riesaminare i provvedimenti disciplinari emanati negli ultimi 12 mesi che hanno comportato la sospensione dal lavoro o dalla retribuzione.
E qui la faccenda si fa delicata. Lo sciopero ha, infatti, visto un livello altissimo di scontro e consegnare a una commissione mista fra azienda e sindacati, in grandissima parte ostili alla lotta, l'esame delle sanzioni disciplinari è, ad essere ingenui, pericoloso e, a ragionarci bene, suicida. È, infatti, un modo evidente per ricostruire il potere padronal/sindacale che la lotta aveva incrinato giocando sul tempo, sul riflusso della mobilitazione ecc. Quando Renata Polverini responsabile dell'UGL, il sindacato di destra, si è spinge a lodare "la compattezza del sindacato, da noi sempre auspicata", qualche dubbio sull'accordo è legittimo.
Ci limitiamo, per ora, a poche considerazioni.
La lotta di Melfi dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che oggi per ottenere dei risultati, sui quali si può e di deve discutere, è necessario un livello alto e serio di mobilitazione e che i lavoratori lo hanno perfettamente capito.
Proprio i più decisi nemici, in campo sindacale, del movimento hanno colto l'essenziale quando affermano che la disciplina di fabbrica è stata messa a serio repentaglio e che la vita comoda per i capi reparto ed i burocrati sindacali è, almeno per qualche tempo, finita.
I lavoratori di Melfi hanno costretto a schierarsi a favore o contro la loro lotta tutte le principali forze politiche e sociali. Hanno, nel senso più alto e vero del termine, "fatto politica" e posto al centro le questioni che ci riguardano tutti.
L'accordo che cerca di chiudere la lotta va giudicato a partire da queste considerazioni. Sarebbe sbagliato limitarsi a dire che non è il massimo, la FIAT è stata piegata e questo è già un risultato straordinario. Milioni di lavoratori hanno avuto un segnale preciso che vale più di mille discorsi e che si riduce all'evidenza del fatto che la forza decide. D'altro canto, l'accordo lascia dei problemi aperti e rimanda alla necessità di una riorganizzazione sindacale e sociale della working class su piattaforme aziendali e generali radicalmente diverse rispetto a quelle proposte e imposte dai sindacati istituzionali.
Ultima, ma non per importanza, considerazione. La lotta di Melfi ha visto la capacità operaia di percorrere il ciclo produttivo, di unificare, al di la della proprietà e delle tipologia contrattuale, Fiat e aziende dell'indotto e di rovesciare contro il padrone le strozzature del ciclo stesso bloccando la produzione nei punti strategici.
Una lezione che va valorizzata ed approfondita.
Cosimo Scarinzi