Umanità Nova, numero 19 del 30 maggio 2004, Anno 84
"Il ruolo e la presenza dell'Italia sullo scenario internazionale,
per lo svolgimento di varie forme di difesa e sicurezza a sostegno e
salvaguardia degli interessi nazionali laddove essi si sostanzino,
è sempre attivo e determinato. È, in merito, unanimemente
acclarato e condiviso che uno strumento militare competitivo,
efficiente, efficace, ben preparato, rapidamente impiegabile e
proiettabile, perfettamente interconnesso e integrabile con le forze
cooperanti comprese le organizzazioni civili, dosabile ed equilibrato
per ogni possibile evenienza di intervento, costituisca elemento
irrinunciabile per esprimere una qualificata e qualificante politica
nazionale e per entrare nel novero delle nazioni che contano
effettivamente, al contrario di quelle che sono chiamate solo ad
avallare decisioni prese altrove" (Bilancio delle difesa, 2004, governo
Berlusconi).
''Anche il risultato del nostro sondaggio dimostra che l'opinione
pubblica individua le nostre missioni militari all'estero come una
presenza umanitaria, vede i nostri soldati come costruttori di pace,
per questo dobbiamo migliorare le loro condizioni e aumentare il
bilancio della difesa, oggi inchiodato a un piccolo 1% della spesa
statale.Dobbiamo saldare la politica estera con i nostri interventi
umanitari all'estero che non devono essere solo operazioni mordi e
fuggi ma il nostro Paese deve essere capace di riscuotere i dividendi
della nostra presenza internazionale, essendo, se necessario,
più selettivi''. (Francesco Rutelli, 4 marzo 2004)
È fin troppo evidente il carattere speculare delle due
dichiarazioni ufficiali provenienti da fonti teoricamente opposte: il
governo di centro destra e l'opposizione di centro sinistra. Partendo
da due punti teoricamente diversi – il governo dallo "svolgimento di
varie forme di difesa e sicurezza", l'opposizione dalla "presenza
umanitaria" – governo e opposizione saldano le loro posizioni in nome
dell'interesse nazionale: per il primo si tratta di entrare nel novero
delle nazioni che "contano", per la seconda di "riscuotere i dividendi
della nostra presenza all'estero". Le Forze armate, quindi, come
fondamentale strumento della politica estera italiana.
È così che si spiega l'aumento delle spese militari dello Stato italiano da un ventennio a questa parte, aumento che diventa tanto più rilevante se si considera il lungo periodo. Al di là delle fluttuazioni relative ai vari anni una lettura attenta dei bilanci del ministero della difesa mostra una innegabile tendenza ad una maggiore spesa, che accomuna governi "conservatori" e "progressisti". Tanto per chiarire: dai 16.963,4 milioni di euro del bilancio di previsione per il 2000 siamo passati ai 19.811 del 2004, con un aumento del 15%, ben superiore cioè all'inflazione, visto che anche considerando valori costanti al 1996 l'aumento è stato del 6,5%! Ma gli aumenti delle spese militari si sostanziano ancor di più se si scende nei dettagli: per l'ammodernamento delle armi dell'Esercito si è passati dai 1379,4 milioni del triennio 1994/96 ai 2445.2 del triennio 2002/04, con un aumento del 79%; per gli stessi anni la Marina è passata da 1633,4 a 2601,6 milioni (+ 59%) e l'Aeronautica da 2098,6 a 3872,4 milioni (+ 86%). Si tratta di una progressione imponente poiché queste aride cifre si tramutano in nuovi cannoni, blindo, navi e aerei da combattimento necessari per rendere efficiente lo strumento militare italiano nei vari scenari di guerra nei quali è impegnato l'imperialismo tricolore (più o meno mascherato da operazioni di pace o umanitarie, come vorrebbero farci credere le finte anime candide del pacifismo parlamentare).
Un'attenzione particolare merita la questione delle spese per il
personale (aumentate di ben il 7,4% rispetto al 2003, contro un aumento
dell'intero bilancio del 2,2%) e quelle per la "funzione sicurezza",
cioè dell'Arma dei carabinieri, (aumentata del 3,1% rispetto al
2003 ma di ben l'11,6% a valori costanti rispetto al 2000).
Per concludere: l'ammodernamento dei sistemi d'arma e logistici per lo
sviluppo della capacità della proiezione esterna e
l'addestramento, l'equipaggiamento ma soprattutto un sostanziale
aumento degli stipendi necessari al reclutamento di volontari sono,
insieme al potenziamento dell'Arma dei carabinieri, gli assi portanti
dell'incessante lievitare delle spese militari. In una situazione in
cui lo Stato privatizza i servizi pubblici e taglia i servizi non
ancora privatizzati, l'unico capitolo di spesa pubblica in costante
crescita sembra essere quello militare, in funzione di ordine pubblico
tanto all'interno dei confini (lotta all'immigrazione, controllo e
repressione del territorio, ecc.) che all'esterno (missioni in tutti i
principali teatri di guerra).
C.S.M.