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Umanità Nova, numero 19 del 30 maggio 2004, Anno 84

Decreto Urbani
Imbrigliare la Rete



La scorsa settimana è stato approvato dal Senato, a due giorni dalla scadenza, il Decreto-legge 22 marzo 2004, n. 79 (il cosiddetto "Decreto Urbani") un provvedimento legislativo che, oltre a prevedere misure di sostegno alle attività legate al mondo dello spettacolo, contiene misure per contrastare la diffusione illegale tramite Internet di materiale protetto da copyright.

Come molti sapranno, una delle mode in voga su Internet è quella di scambiarsi film (anche appena usciti) e brani di musica, attraverso collegamenti diretti tra i computer degli utenti, il cosiddetto "peer-to-peer" (p2p). Secondo la FAPAV, la "Federazione contro la pirateria sul cinema e l'audiovisivo", i danni che la sola attività di pirateria cinematografica comporterebbe alle imprese del settore sarebbero valutabili in circa 4,2 miliardi di euro all'anno e in Italia circolerebbero più di 3 milioni di CD e DVD con copie illegali di film. A questo andrebbero ad aggiungersi le 1300 opere coperte dal diritto d'autore che ogni giorno sarebbero scambiate tramite Internet.

Nella sua prima versione, il Decreto Urbani prevedeva anche una norma estremamente pericolosa che obbligava gli Internet Provider (le società che forniscono l'accesso dei privati ad Internet) a monitorare l'attività dei propri clienti per controllare che non infrangessero le norme sul copyright. Una pretesa decisamente contraria al principio della riservatezza delle comunicazioni e che, oltretutto, era anche ridicola in quanto pretendeva che i Provider conservassero traccia del traffico dei dati in transito sulla loro rete. La protesta di varie associazioni e la bocciatura di questo articolo da parte del Parlamento ha, almeno in parte, sgonfiato le pretese di controllo degli estensori del Decreto.

Resta invece ancora in vigore quanto previsto dal primo articolo della Legge e cioè che tutto il materiale che venga "immesso in un sistema di reti telematiche" dovrà essere dotato di una sorta di "bollino virtuale" certificante l'assolvimento dei diritti d'autore. Una pretesa assurda, in molti hanno fatto notare che quest'obbligo, oltre ad essere per certi versi inapplicabile, si basa su una idea delle Reti telematiche che non ha alcun riscontro con la realtà dei fatti.

Ma la parte decisamente più contestata del Decreto è quella che riguarda le sanzioni per chi venga sorpreso a scaricare materiale protetto da copyright che possono arrivare anche a 4 anni di galera, oltre alle classiche multe salate. Questo riguarda non solo chi commercia in copie pirata, ma anche chi, per sua sfortuna, venisse pizzicato a trasferire sul proprio computer anche una sola volta qualcosa di "proibito".

Fin dalla sua proposta il provvedimento ha sollevato ondate di proteste, alla fine si è mobilitata perfino la casta dei professori universitari che, con una lettera aperta, hanno chiesto la revoca del Decreto. Ma anche la "Business Software Alliance" (BSA), l'associazione che raccoglie i produttori di software proprietario, ha trovato da ridire sull'obbligo di marchiare tutti i prodotti con una informativa sul copyright.

L'intera vicenda è stata cavalcata a chiari scopi elettorali da alcuni esponenti dei DS, dei Verdi e del Partito Radicale ma, dopo tanto rumore, questi hanno da una parte ritirato i 750 emendamenti proposti, in cambio della promessa del Ministro Urbani di rivedere le parti più contestate della Legge e dall'altra hanno convocato una "manifestazione nazionale" di protesta che ha raccolto meno di un centinaio di persone. Anche il cosiddetto "popolo della Rete", nonostante petizioni, siti oscurati e discussioni infinite non è riuscito ad esercitare una reale pressione in grado di evitare l'approvazione del Decreto.

Non è certo la prima volta (e non sarà certamente l'ultima) che si tenta di legiferare sulla comunicazione che viaggia da computer a computer e, come nei casi precedenti, le proposte governative sono una pessima miscela di ignoranza tecnica e di mal celata voglia di controllo totale. In una società dove la comunicazione, un tempo privilegio di pochi, ha raggiunto - anche se in modo ineguale - ogni più piccolo angolo del globo si fanno sempre più stringenti e costringenti le leggi ed i divieti che colpiscono principalmente chi utilizza la comunicazione per condividere e diffondere liberamente informazione, cultura e saperi.

I Governi, da parte loro, approfittano di qualsiasi scusa - in questo caso la difesa del diritto d'autore - per aumentare e perfezionare i propri strumenti di controllo e di repressione e per contrastare ad ogni livello la libertà di comunicazione e la possibilità di mantenere qualche ambito della propria vita al riparo dal controllo statale.

La situazione attuale fa pensare che questa perversa e pervicace attitudine sia destinata a durare e, sicuramente, ad inasprirsi ulteriormente nel tempo anche perché, allo stato di guerra permanente all'esterno deve necessariamente corrispondere uno stato di guerra interna, diretta contro chiunque dissenta dall'ordine vigente.

È questo un attacco che non si limita all'Italia ma che ha una dimensione sovranazionale e infatti, contemporaneamente all'approvazione del Decreto Urbani, i Ministri europei hanno dato parere favorevole ad una altrettanto contestatissima norma sulla brevettabilità del software (vedi Umanità Nova n.31 del 2003) che ripropone in modo supino la legislazione in materia vigente negli Usa.
Ci sarebbe poi anche una norma, passata quasi inosservata nei mesi scorsi, che prevede l'invio di qualsiasi cosa (sic!) si pubblichi su Internet alle Biblioteche Nazionali di Firenze e Roma e che sembra fatta apposta per complicare ulteriormente la vita di chi usa liberamente le grandi possibilità date dalla comunicazione elettronica.

Infine, in occasione della 38ma Giornata delle Comunicazioni Sociali, il sig. Karol Józef Wojtyla ha, per l'ennesima volta, invitato i governi alla censura dei contenuti non conformi alle favole religiose: le disgrazie, come si dice, non arrivano mai da sole e questo sembra essere vero anche nell'era dei computer.

Pepsy











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