Umanità Nova, numero 20 del 6 giugno 2004, Anno 84
La considerazione più gustosa sul nuovo corso confindustriale l'ha fatta la programmaticamente semplice Iva Zanicchi, l'espressione paradigmatica del berlusconismo popolare, che, nel corso dell'ultima puntata de "L'infedele", serenamente seduta fra intellettuali di destra, centro, sinistra, sopra e sotto, rilevava che Luca Cordero di Montezemolo non le sembrava di sinistra.
Armati di questa straordinaria intuizione, possiamo meglio apprezzare quanto sta avvenendo. Se Luca Cordero di Montezemolo non è, come rileva la voce del popolo, un sovversivo, possiamo valutarne l'elezione ed il programma con minori preoccupazioni, il monopolio della sovversione resta, infatti, nostro.
D'altro canto, nel corso del congresso di Forza Italia, un berlusconiano d'altro ceppo, come il postsinistro Adornato, ha già tirato fuori dalla cassapanca una categoria interpretativa tipica del populismo: la congiura dei "poteri forti" per liquidare la gloriosa avanzata della destra. Grande industria, sindacati istituzionali, finanza internazionale e quant'altro si sarebbero messi d'accordo per consegnare l'Italietta al buon Prodi con buona pace della volontà popolare.
Proviamo allora a valutare meglio quanto sta avvenendo. Diamo la parola alla sinistra istituzionale:
"E Montezemolo, non casualmente, ha spazzato subito via il peggio
del berlusconismo confindustriale affermando che nei rapporti col mondo
del lavoro bisogna tornare alla concertazione, allo spirito del 1993,
riproponendo, quasi testualmente, le parole del presidente della
Repubblica Ciampi. Coi sindacati si tratta e si fanno gli accordi, con
tutti i sindacati, compresa la Cgil che qualcuno immaginava di isolare."
L'Unità del 28 maggio 2004
Non si tratta, questo va da sé, di una svolta di poco conto.
È evidente che la grande industria ha valutato appieno il prezzo
pagato per lo scontro generale sull'articolo 18, la crescita del
conflitto industriale a livello aziendale, le recenti vicende delle
vertenze degli autoferrotranvieri e di Melfi e, a quanto pare, ha
deciso che era eccessivo e che conveniva cambiare di spalla al fucile e
di riaprire il confronto con la CGIL, per un verso, e di abbandonare
l'ipotesi di dividere il sindacato istituzionale fra "buoni" e
"cattivi". D'altro canto, la stessa CISL, dopo la stagione degli
amorosi sensi con il governo, ha valutato che la destra come
interlocutore è inaffidabile ed ha rinsaldato i rapporti con i
settori postdemocristiani della sinistra.
Grazioso è, da questo punto di vista, quanto rileva, "Il Corriere della Sera" del 28 maggio:
"Basta guardarli in faccia: sono contenti Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti. E non soltanto perché il nuovo presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ha voluto che ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil fossero riservati i posti centrali in terza fila, subito dopo le autorità istituzionali e i leader politici, mentre sotto la gestione di Antonio D'Amato i sindacalisti erano confinati in un settore laterale della platea. Ma soprattutto perché al centro della relazione con la quale Montezemolo ha cominciato il suo mandato c'è una svolta: si torna alla 'concertazione', cioè a quel metodo che si propone di risolvere le grandi questioni economiche attraverso accordi tra imprese, sindacati e governo. Basta col conflitto, si torna al dialogo."
Si torna al dialogo, insomma. sarà, a questo proposito,
interessante vedere come la prenderanno i settori della sinistra
politica e sindacale che ci garantivano che la concertazione è
morta e che irridevano alla nostra bonaria valutazione che vi era un
qualche nesso fra destra al governo e vivacità della CGIL. Se,
d'altro canto, è innegabile che i fatti hanno la testa dura
è altrettanto innegabile che la sinistra in buona fede ha una
capacità straordinaria di assumere come categoria interpretativa
dei fatti politici la dialettica fottuti-fottenti e che possiamo
già attenderci argute analisi sul fatto che la CGIL ha un gruppo
dirigente inadeguato ma una base sana e via argomentando.
D'altro canto, la concertazione nuovo modello ha già un argomento forte sul quale basarsi:
"Di più: il nuovo leader degli imprenditori ha proposto
una via allo sviluppo basata su innovazione e rilancio del Made in
Italy, sulla competizione alimentata da ricerca e sviluppo i cui
investimenti, ha chiesto, dovrebbero essere esentati dall'Irap. In
questa proposta c'è un'inversione completa della linea
confindustriale di questi anni che privilegiava il contenimento dei
costi e la riduzione dei diritti dei lavoratori come strada principale
per difendere l'attitudine competitiva del sistema industriale."
L'Unità del 28 maggio 2004
Insomma, il nuovo "patto fra produttori" assumerebbe come base la
scoperta che la riduzione dei salari ed il taglio del welfare non
possono essere la strada maestra per il rilancio del capitalismo
italiano e che è necessario investire in innovazione e ricerca.
Ad essere ironici, una novità straordinaria. La CGIL si
è, comunque, affrettata a dichiararsi concertativa ma con
giudizio:
"…..la Cgil chiede due cose: 1) Una 'riduzione della
precarietà', cioè di fatto una revisione della legge
Biagi che ha reso il mercato del lavoro italiano 'il più
flessibile d'Europa', come disse D'Amato. 2) Una redistribuzione dei
redditi a favore del lavoro dipendente, perché 'negli ultimi
anni i guadagni di produttività sono andati tutti alle imprese'."
Il Corriere della Sera del 28 maggio 2004
Cosa la CGIL intenda quando si slancia in simili arditezze è
più chiaro se si guarda, per fare un esempio, al recente
contratto dell'Atesia che ha visto un "riassorbimento" dei lavoratori a
progetto (gli ex co.co.co.) mediante l'esternalizzazione della maggior
parte dei lavoratori e la stipula di contratti di formazione lavoro.
Riassumendo, sembra evidente che il blocco sociale incarnato da D'Amato
ha subito una sconfitta politica secca. I mitici piccoli industriali
del nord est hanno dovuto riconsegnare lo scettro alla famiglia per
eccellenza, quella famiglia che sembra intenzionata a gestire in
proprio la transizione della Fiat e, di conseguenza, del sistema Italia.
Il ritorno al centro della mediazione politica della Fiat comporta uno spazio di mediazione al sindacato che sembrava seccamente ridimensionato, uno spazio che, però, dovrà fare i conti con la radicalizzazione dello scontro sul salario e sui diritti.
Su questo terreno si giocherà, a breve, la partita per i settori più radicali dell'opposizione sociale. Ci permettiamo, infatti, di avere seri dubbi sulla disponibilità del padronato a rinunciare, per fare un solo esempio, al taglio delle pensioni che la destra gli sta servendo in queste settimane. Se il padronato, infatti, ha tutto l'interesse a mettere in concorrenza destra e sinistra per la conquista del ruolo di rappresentante generale degli interessi delle classi dominanti, i lavoratori hanno la necessità di porre al centro i propri, altrettanto unilaterali, interessi.
Siamo, insomma, in una fase non facile, tutt'altro, ma decisamente interessante. Sta a noi affrontarla al meglio.
Cosimo Scarinzi