Umanità Nova, numero 20 del 6 giugno 2004, Anno 84
Spartaco Borghi
Il giorno 15 maggio, a 85 anni di età, è morto il compagno Spartaco Borghi, a lungo militante del gruppo "Malatesta" di Imola e della Federazione Anarchica Italiana. È stato sepolto il 19 maggio, senza preti e con la bandiera rosso e nera stretta intorno a lui.
Figlio di Rinaldo, anarchico schedato che aveva perso la vista, giovanissimo, in seguito alla fucilata di un contadino, cresce negli ambienti di Imola proletaria, imbevuti di un forte senso di solidarietà sociale e totalmente estranei e ostili all'imperante retorica fascista. Allo scoppio della guerra è inviato, come tenente, nei Balcani, dove, dopo l'8 settembre e il crollo del regime, porta gli uomini della sua compagnia ad aggregarsi alle forze della resistenza albanese. Qui incontra il leader comunista Enver Hoxha, partecipando a numerose operazioni di guerriglia sotto il suo comando. Durante un rastrellamento nazista, viene catturato dai tedeschi e deportato in Germania. Rifiutatosi di collaborare e lavorare per il Reich, subisce continue angherie e persecuzioni, patendo, assieme ai compagni di prigionia, ogni tipo di stenti. Il robusto appetito che chi l'ha conosciuto ben ricorda, non era che uno dei forzati lasciti di quel lungo periodo di fame e privazioni. Alla liberazione dal lager prende la strada del ritorno, un lungo e tormentato tragitto, a piedi o con mezzi di fortuna, durante il quale vede ancora morire, per gli stenti, numerosi compagni di sventura. Rientrato in Italia riallaccia i rapporti con gli anarchici rimasti, contribuendo alla rinascita del forte movimento libertario imolese. Con Cesare Fuochi, Andrea Gaddoni, Primo Bassi, Giuliano Golinelli e tanti altri, contribuisce a rivitalizzare la presenza anarchica, dimostrandosi abile e ascoltato propagandista. Contemporaneamente si prodiga perché vengano riconosciuti i diritti degli ex internati nei lager, divenendo presidente della loro associazione. Nel 1946, entrato nella Cgil, accompagna spesso con il camion, sui posti di lavoro, le mondine che da Imola si recavano a lavorare nelle risaie emiliane, e di questo periodo, duro ma denso di lotte e di speranze, portò sempre un ricordo forte e felice, arricchito, nei racconti, dalla sua schietta vena popolana. Attivissimo nel movimento anarchico, è fra i più entusiasti sostenitori dell'esperimento sociale della Colonia Berneri. La sua abilità di cuoco e la sua professione di educatore e maestro elementare (che esercitò con passione) ne fecero una delle figure più caratteristiche e assidue di quella bella esperienza, e mai fece mancare il suo contributo entusiasta a fianco dei bambini e dei compagni impegnati nella colonia. Con Giovanna Caleffi Berneri, animatrice della Colonia, mantenne fecondi rapporti di lavoro e di amicizia, segnati da reciproca stima. Anche nel "Malatesta" fu importante il suo ininterrotto contributo di organizzatore, coerente con l'anarchismo sociale che caratterizzava, e caratterizza, l'anarchismo imolese. Scorrendo i vecchi bollettini interni troviamo spesso il suo nome fra gli intervenuti ai congressi e convegni della FAI, così come sono numerosi gli interventi nel dibattito sui problemi della Federazione. Nel 1965, al momento della scissione della FAI e la nascita dei Gruppi di Iniziativa Anarchica, rimase fedele, con gli altri militanti del "Malatesta", all'organizzazione nata nel 1945, ma nonostante l'attaccamento alla Federazione, mai fece registrare un intervento settario contro i compagni dei GIA. È di quegli anni, anche, l'intensa attività sindacale nella scuola, nella quale non mancò di infondere i suoi principi libertari ed antiautoritari. Il tumultuoso rinascere dell'anarchismo alla fine degli anni sessanta lo visse, al tempo stesso, come un'opportunità per rivitalizzare il movimento e come un momento di vigilanza su possibili infiltrazioni o deviazioni. Con la generosità che lo contraddistinse, non mancò mai di osservare con attento disincanto quanto di nuovo stava crescendo nell'anarchismo italiano, e le sue doti umane gli permisero di vivere con passione anche quegli anni. Quando nel 1981 fu affidata la CdC al gruppo di Imola, si dedicò a questo incarico con particolare impegno, spostandosi, soprattutto in compagnia di Massimo Ortalli, in ogni occasione in cui fosse richiesta la presenza della Commissione. Sono ancora molti i compagni che ne ricordano gli interventi, spesso aspri, ma sempre lucidi e generosi. Negli ultimi anni, dopo aver visto rifiorire l'anarchismo imolese con la nascita del gruppo "La Comune", fu colto da una malattia invalidante che gli impedì, e ci impedì, di incontrarci come avremmo voluto. Fu comunque, anche se per poco, un sicuro punto di riferimento per i giovani che si avvicinavano numerosi, al movimento.
Spartaco aveva un animo generoso, schietto e appassionato e per questo, nonostante talune asprezze del suo focoso carattere "romagnolo", trovò l'affetto e la stima di tutti i compagni che lo conobbero. Quando interveniva non si poteva non apprezzarne la lucidità del ragionamento e l'onestà delle intenzioni. Di lui vogliamo ricordare la passione e il calore umano, il fuoco delle discussioni, la chiarezza della coerenza. Amò la vita e l'idea, combatté il potere e il sopruso. Gli abbiamo sempre voluto bene e l'abbiamo accompagnato, per l'ultima volta, con le nostre bandiere e il nostro affetto.
Gruppi Anarchici Imolesi