Umanità Nova, numero 21 del 13 giugno 2004, Anno 84
I pacifisti di oggi sono i guerrafondai di ieri. È il gioco delle parti, il gioco democratico, quello dell'alternanza: ognuno recita il proprio ruolo, pronto a cambiarlo appena cambia il vento elettorale.
Si sa: le sole guerre giuste sono quelle decise quando si è al governo; la riforma del lavoro è equa se firmata da Treu, iniqua se promossa da Berlusconi; i CPT per immigrati sono una misura umanitaria se aperti dalla Turco-Napolitano, illegali ed inutili se perfezionati da Bossi e Fini. Giochi di ruolo per un walzer delle poltrone che i potenti recitano di fronte ai senza potere per assicurarsene il consenso.
Per la strada il solito qualunquista dice "sono tutti uguali" e suscita l'indignazione delle anime belle della sinistra, quelle che sventolano gli arcobaleni e sperano che Berlusconi perda. Già. Perché persino loro, quelli nati con gli occhiali rosa per guardare l'inguardabile, le facce dei vari Fassino, D'Alema, Prodi, Rutelli… si accontentano di questo, sapendo che quelli che potrebbero vincere non sono poi così diversi da chi oggi governa.
Si turano il naso e vanno alle urne. È gente scafata, con la pelle dura, abituata a reggere i colpi più dolorosi. Certo alle volte non basta eliminare l'olfatto, bisogna anche tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi per nascondere gli aerei che partivano rombando per colpire la Jugoslavia. Il fragore delle bombe umanitarie della sinistra, il lezzo dei cadaveri della gente che è morta negli autobus, nelle case, nelle fabbriche a duecento chilometri dalle nostre sponde.
Questi specialisti del realismo a tutti i costi dicono che noi, gli anarchici, quelli che non votano per principio, siamo solo inguaribili utopisti, gente priva di senso pratico. Per loro il rifiuto della delega è solo rifiuto alla partecipazione al gioco democratico, esodo verso l'irraggiungibile terra degli utopisti sciocchi.
È vero: noi non votiamo per principio, il principio che vorrebbe che ciascun uomo, donna e bambino potesse decidere in prima persona del proprio destino, senza affidare la propria vita e la propria libertà nelle mani di chi perpetua l'oppressione, l'ineguaglianza, lo sfruttamento più selvaggio.
Gli orrori della democrazia reale sono di fronte a noi.
Viviamo in un mondo sempre più diviso tra chi ha troppo e chi ha nulla, un mondo dove la guerra combattuta in nostro nome uccide, mutila, violenta, tortura. Viviamo in un'Europa ansiosa di conquistare il proprio posto al sole, un'Europa dove i capitali circolano liberamente, mentre i migranti muoiono in mare, nei tunnel ferroviari, nei doppifondi dei tir. Viviamo in un paese dove i governi di destra tagliano le pensioni, i salari, i servizi, elidono le libertà. E i governi di sinistra… pure.
Viviamo in un mondo intollerabile.
I bambini iracheni muoiono sotto le granate dei soldati italiani inviati da Berlusconi, come i bambini serbi morivano sotto le bombe degli avieri di D'Alema.
In un mondo in cui gli incubi più neri sono realtà per la gran parte degli abitanti del pianeta, chi ha il coraggio di aprire gli occhi, sa qual è l'unico realismo possibile.
Quello dei senzapatria, dei senza potere, di coloro che sanno che democrazia e libertà non si coniugano, di coloro che non si stancano di gridare "non in mio nome".
Di coloro che il 12 e 13 giugno diserteranno le urne.
Mortisia