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Umanità Nova, numero 21 del 13 giugno 2004, Anno 84

Braccio di ferro tra Cia e Bush
Scontro tra poteri forti



Come ampiamente anticipato da segnali molteplici nel corso dell'ultimo mese la situazione in Iraq sembra in procinto di uscire dallo stallo prodotto dalla convergenza dell'impotenza dell'esercito americano nel riuscire a controllare il paese e dalla capacità della resistenza irachena di continuare a colpire gli occupanti. Inoltre la guerra senza esclusione di colpi tra Pentagono e servizi segreti procede senza sosta in America e George Tenet, il clintoniano capo della CIA, ne è, finora, la più illustre delle vittime. Ma andiamo con ordine:

- Lo scontro tra le truppe americane e quelle sciite guidate da Moqtada al-Sadr è in via di concludersi con un modello simile a quello adottato a Falluja: le milizie si ritirano, l'esercito americano si ritira e il "nuovo" esercito iracheno, guidato dagli stessi ufficiali che lo guidavano al tempo di Saddam prende il controllo della situazione. Risultato gli americani ammettono di non poter controllare da soli la situazione e preparano il loro ritiro nelle basi in via di costruzione nel paese mesopotamico e nel centro di Bagdad; l'esercito iracheno ricostituito con i quadri del Baath riprende possesso delle città e delle vie di comunicazione, e i vari leader politici che dispongano di milizie in grado di combattere contro gli occupanti acquisiscono statura nazionale e rispettabilità politica da spendersi con il nuovo governo iracheno e con gli stessi americani. Da questo punto di vista Moqtada al-Sadr, pagando un notevole tributo di sangue, ha ottenuto quanto si era prefisso: la cancellazione del mandato di cattura nei suoi confronti e la sua promozione ad attore di primo piano della complicata transizione irachena. Ovviamente l'equilibrio che si viene così a creare è un equilibrio fortemente precario e pronto all'esplosione probabilmente solo rimandata a dopo le elezioni previste per il gennaio 2005. Il piano americano consistente nell'irachizzazione del conflitto può tenere fino a quando non emerga nel paese una coalizione in grado di mettere in discussione la costituzione iperliberista dell'Iraq e la presenza delle 14 basi americane posizionate a controllare il territorio e le sue risorse. 

- Gli Stati Uniti stanno cercando di ottenere un modus vivendi con una parte consistente della resistenza irachena. Le dichiarazioni di Bush in Italia secondo le quali bisogna distinguere tra ribelli (recuperabili) e terroristi (da combattere a morte), da questo punto di vista, è estremamente significativo. Gli Stati Uniti non riuscendo ad ottenere il controllo del paese cercano di costituire un gruppo dirigente iracheno con quella parte della resistenza (maggioritaria, checché ne dicano un po' di antimperialisti nostrani…) disposta a scambiare quote di potere in cambio dell'appoggio al nuovo esecutivo. Non casualmente il nuovo presidente eletto dal consiglio di governo non è il candidato americano Pachachi, così come non lo è diventato l'ex protegé di Washington Chalabi, del quale sono state scoperte le relazioni strettissime con Teheran. L'ex bancarottiere, artefice di fatto della politica estera di Washington verso l'Iraq dal 1998 ad adesso era infatti legato allo stesso modo all'Iran, coltivando un progetto di conquista del paese che non poteva fare a meno né degli USA né dell'Iran… quando si dice la previdenza. Naturalmente la scoperta della sua alleanza con gli iraniani è avvenuta al momento giusto per silurarlo dalla possibilità di diventare presidente. Allo stesso modo Adnan Pachachi è stato silurato da una cordata guidata dallo stesso Chalabi in alleanza con l'ayatollah al-Sistani, vera e propria eminenza grigia del partito sciita filo-iraniano in Iraq. In pratica gli USA hanno deciso di silurare quello che fino a pochi giorni prima era considerato il loro uomo a causa dei suoi legami con lo scomodo nemico-alleato iraniano; l'ex uomo di Washington, a questo punto, ha mobilitato gli alleati iraniani per colpire il nuovo uomo Usa in Iraq. Il piano è riuscito e il nuovo presidente è Jaber, componente di uno dei clan più importanti del paese con alleanze sia nel campo sunnita che in quello sciita. Come a dire: lo scontro continua ma il proconsole Bremer ha dovuto registrare un nuovo scacco nella costruzione dell'Iraq futuro.

- Gli Stati Uniti stanno cedendo a francesi e tedeschi sul terreno della nuova risoluzione ONU sul paese asiatico. Le dichiarazioni di disponibilità nel corso del viaggio europeo di Bush sono chiare: gli USA hanno bisogno di sganciarsi dall'Iraq e se sul territorio del paese cercano di imbarcare settori sempre più ampi della resistenza, sul piano internazionale cercano di ottenere il massimo consenso delle altre potenze occidentali nella risistemazione del'Iraq; la posta in gioco è importantissima. Scambiare l'accesso di francesi, tedeschi e russi alle risorse del paese con la disponibilità di questi paesi a finanziare la continuazione dell'occupazione. La partita è in corso ma segnali importanti giungono dalla due parti, il tutto in barba a chi teorizzava già l'avvio della guerra interimperialista.

- George Tenet il capo della CIA si è dimesso. Era in questa posizione dal 1997, nominato da Clinton. È stato il protagonista di quasi tutte le vicende più fallimentari dello spionaggio americano degli ultimi anni: non riuscì a prevedere i test nucleari India-Pakistan, non seppe anticipare l'11 settembre, creò le prove false sulle armi di distruzione di massa possedute da Saddam. In altre parole Tenet è stato il fedele esecutore degli ordini della Casa Bianca, sia nell'ignorare quanto doveva ignorare, sia nell'inventare quanto doveva inventare. Che il "capo" fosse Clinton o Bush poco ha importato in questi anni. A spiegazione delle sue dimissioni, quindi, ha poco a che fare con i presunti fallimenti di questo signore e molto a che fare con la vicenda Chalabi e con la dirittura d'arrivo della commissione d'inchiesta del congresso USA sull'11 settembre. Il passaggio di informazioni segretissime USA agli iraniani da parte di Chalabi è sicuramente avvenuto, ma il problema è: chi aveva dato a Chalabi quelle informazioni (il fatto che Washington potesse decrittare i messaggi segreti iraniani)? Il Pentagono, cioè Rumsfeld, nega, la Cia anche. Che tra la lobby di Rumsfeld e il gruppo dirigente della CIA non corre buon sangue non è una novità; che Tenet abbia deciso di dimettersi prima di trovarsi nella scomoda parte di agnello sacrificale potrebbe essere più di un'ipotesi. Inoltre la Casa Bianca e il Pentagono cercano da mesi di scaricare sulle spalle della CIA la responsabilità dell'11 settembre. Le carte finora scoperte da parte del Congresso non parrebbero autorizzare una simile strategia, ma questa è anche l'unica possibilità che hanno Bush e Rumsfeld per salvarsi di fronte all'evidenza come minimo di una mancata attenzione agli allarmi dei servizi. Anche in questo caso le dimissioni di Tenet appaiono uno stratagemma per evitare di caricarsi in proprio il peso di un fallimento di queste dimensioni. Da capo della CIA avrebbe avuto ben minori possibilità di difendersi, da privato cittadino potrebbe tirarne fuori delle belle. Anche questa partita è tutt'altro che chiusa e, con le elezioni alle porte l'estate del 2004 potrebbe riservarci non poche sorprese nella guerra sorda e senza esclusioni di colpi che i centri di potere americani combattono per silurarsi reciprocamente.

Giacomo Catrame













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