Umanità Nova, numero 21 del 13 giugno 2004, Anno 84
Che sarebbe stata una settimana importante lo si sapeva: la coincidenza dell'anniversario della repubblica, la visita di Bush, la chiusura della campagna elettorale, facevano facilmente intuire che si sarebbero giocate alcune partite importanti ai fini della gestione del potere in Italia.
Al termine della settimana la prima cosa da registrare è la totale perdita di peso politico internazionale dell'Italia. Indipendentemente dalle dichiarazioni di Bush che, in conferenza stampa, ha affermato che la bozza di risoluzione ONU sull'Iraq gli era stata dettata da Berlusconi, appare evidente che il ruolo ritagliatosi dal nostro presidente del consiglio sullo scenario internazionale è, né più né meno, quello della mosca cocchiera.
Le cose non gli vanno meglio neanche sul piano interno. L'impressione è che agli spot televisivi dove siamo tutti più ricchi, c'è la piena occupazione e in Iraq ci siamo andati in missione umanitaria non ci credano più, ormai, neanche i suoi accoliti.
Della situazione di crisi del cavaliere non sembrano in grado di approfittarne i suoi alleati, accomunati nel sentire comune alle responsabilità del medesimo e con la consapevolezza che, ove dovessero tirare troppo la corda verrebbero condannati all'oblio televisivo e si troverebbero probabilmente una fronda interna al loro partito che porterebbe alla nascita di un partito-fotocopia per raccoglierne almeno parte dei consensi. L'unica speranza per Fini e Follini è aspettare che i due partiti monocratici si sciolgano per la morte dei leader (e non sembrano dover aspettare troppo).
Anche la sinistra istituzionale sta segnando il passo. Non è
riuscita a convincere nessuno di non essere la stessa sinistra con
l'elmetto che aveva bombardato Belgrado. Nessuno in Italia credo dubiti
che, se loro fossero stati al governo, si sarebbero comportati
esattamente come Berlusconi. Dopo aver auspicato un salvifico quanto
inutile (senza un contestuale ritiro statunitense) intervento dell'ONU,
è stata convinta dai sondaggi a chiedere l'immediato ritiro
delle truppe (quello a cui era contrario Fassino quando veniva
fischiato al corteo pacifista del 20 marzo scorso). L'assenso francese
alla nuova risoluzione ONU li ha nuovamente spiazzati. Altrettanto
ondivago è stato l'atteggiamento nei confronti del movimento
contro la guerra, che probabilmente vorrebbero veder sparire o ridotto
a semplice happening nazional-popolare dei buoni sentimenti. Hanno
fatto di tutto per boicottare la manifestazione del 4 giugno: gli
è andata male.
Insomma quelli che sembrano uscirne meglio, in questo momento, sono
quelle componenti della sinistra che si sono schierate apertamente
contro la guerra. Il loro successo è però destinato a
fare i conti, come già successo in passato, con le future scelte
belliciste dei loro alleati, da loro appoggiate in nome
dell'unità della coalizione o della governabilità.
Fortunatamente il movimento contro la guerra esiste indipendentemente dai vari giochetti di partito, con tutti i suoi limiti, certo, ma anche con una grossa capacità di coinvolgimento. L'intervento sui nostri contenuti antimilitaristi contro tutti gli eserciti può portare ad una crescita nella qualità delle rivendicazioni del movimento e nella denuncia dell'ipocrisia di una sinistra che, una volta tornata al governo si rimetterà l'elmetto contro l'Iran, la Siria o il malcapitato di turno.
F.