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Umanità Nova, numero 23 del 27 giugno 2004, Anno 84

Afganistan
Torture invisibili



A dimostrazione del fatto che le torture applicate sistematicamente dai militari Usa e britannici ai prigionieri in Iraq rientrano nella "normale amministrazione", va ricordato che da tempo è noto che anche in Afghanistan tale procedura è stata attuata sin dall'inizio dell'occupazione Usa, così come esistono denunce riguardanti innumerevoli casi di scomparsa.

Infatti oltre ai detenuti nel campo di Guantanamo Bay è risaputa l'esistenza di strutture concentrazionarie analoghe in Afganistan, Pakistan, Egitto e altre località segrete in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi.

I catturati all'estero rimangono sempre, in una prima fase, sotto detenzione statunitense, anche se i luoghi di detenzione sono dislocati su territori formalmente sovrani. Questo permette agli agenti della Cia, dell'Fbi e delle altre agenzie di sicurezza - anche private - di violare legalmente le leggi americane e, al tempo stesso, di far credere ai prigionieri di essere sotto custodia dei servizi di sicurezza arabi che notoriamente non vanno per il sottile. Delegando gli "interrogatori" agli aguzzini locali, gli agenti Usa possono inoltre evitare di sporcarsi troppo le mani, limitandosi ad un ruolo di registi dando suggerimenti e registrando confessioni.

In Afganistan e in Pakistan, secondo le denunce e le inchieste dell'organizzazione Human Rights Watch e della Afghan Independent Human Rights Commission, le peggiori strutture carcerarie sono quelle che avvengono nella base di Bagram, a Kandahar, a Gardez, a Ghazni, a Jalalabad, a Asadabad, dove "ci sono prove evidenti che mostrano che il personale statunitense ha commesso atti contro i detenuti che equivalgono a tortura o trattamento crudele, inumano, degradante", rendendosi responsabile anche di alcune morti accertate, dato che gli stessi medici legali Usa che ne hanno eseguito le autopsie hanno ammesso trattarsi di omicidio.

A Kandahar esiste un campo di detenzione allestito nella base dell'aeroporto internazionale, simpaticamente denominato "il campo delle sberle", dove le torture rientrano nel regime carcerario e vengono usati i cani per aggredire i malcapitati. A poca distanza da Kandahar vi è anche un altro campo famigerato presso la base militare Usa di Grishk, dove i prigionieri arrivano nudi, ammanettati e incappucciati e quindi lasciati così all'aperto per giorni. Analoghe le denunce riguardanti il campo di prigionia nella base militare di Bagram - utilizzata anche da reparti italiani partecipanti ad Enduring Freedom - dove ex-prigionieri hanno riferito di aver ricevuto maltrattamenti fisici e psicologici, quali forzate posizioni dolorose, privazione del sonno, temperature estreme. Secondo Emergency, molti prigionieri vi vengono abitualmente trasportati dentro container in condizioni aberranti; d'altronde le stesse autorità Usa hanno ammesso di recente la morte di alcuni prigionieri in seguito a torture.
Tutte cose note da almeno un anno, eppure sottaciute anche da quelle forze politiche che si sono indignate per le fotografie degli orrori nel carcere iracheno di Abu Ghraib; quelle stesse forze politiche "di sinistra" che in Italia chiedono il ritiro dei militari italiani dall'Iraq ma non dall'Afganistan, oppure che in Spagna, dopo la vittoria di Zapatero, accettano l'annunciato trasferimento del contingente spagnolo dall'Iraq all'Afganistan.

In attesa che salti fuori qualche fotografia oscena proveniente da Kabul.

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