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Umanità Nova, numero 23 del 27 giugno 2004, Anno 84

Cecenia tra fondamentalisti, petrolieri e gangster
Il pantano di Putin



L'assassinio del presidente della repubblica cecena Akhmad Kadyrov, eletto solo sette mesi prima su designazione del Presidente Russo Putin e con un 81% di suffragi in elezioni della cui regolarità è meglio sospettare, è decisamente un colpo grosso da parte della guerriglia della piccola repubblica caucasica. Kadyrov è stato ucciso da un attentato dinamitardo all'interno dello stadio di Grozny. Sulla natura dell'attentato sembrerebbe esserci poco da dubitare, dal momento che la guerriglia considerava il Presidente imposto dai russi come un traditore da levare di mezzo al più presto, A dire il vero, però, il leader indipendentista ceceno Aslan Maskhadov ha smentito il coinvolgimento dei suoi uomini, ma questo non esclude che frange della stessa organizzazione di Maskhadov, o le organizzazioni wahabite alleate e concorrenti dell'indipendentismo laico del Presidente in esilio non possano avere colpito a Grozny in modo autonomo. A più di un mese di distanza dall'attentato le uniche certezze sono sui morti dell'attentato, sei, sui feriti, sessanta tra cui il capo dell'amministrazione militare russa Baranov, e sulla dinamica dell'attentato, compiuto con un proiettile d'artiglieria da 155mm inglobato all'interno della struttura in cemento della tribuna delle autorità dello stadio di Grozny e collegata con un comando a distanza. Un'operazione insieme artigianale e di precisione chirurgica che, in effetti, farebbe pensare agli specialisti wahabiti un tempo legati alla Legione musulmana di Osama Bin Laden. Se questa ipotesi venisse confermata saremmo di fronte ad un ulteriore rafforzamento dei wahabiti locali, inizialmente marginali nelle vicende cecene, ma sempre più forti man mano che i russi levavano di mezzo la leadership indipendentista laica che aveva proclamato l'indipendenza della repubblica caucasica nel 1991 e aveva gestito la prima guerra di Cecenia tra il 1994 e il 1996. I wahabiti sono stati sostenuti nella loro ascesa dalle multinazionali americane interessate alla costruzione dell'oleodotto Baku-Ceyan e interessate al sabotaggio dell'oleodotto Baku-Novorossijsk controllato dai russi e arteria fondamentale del traffico di petrolio verso l'Europa. In particolare sembra che si distinse in quest'opera di fiancheggiamento dei fondamentalisti la Chevron, multinazionale petrolifera americana tra le più importanti, il cui consigliere di punta per gli affari caucasici e mediorientali siede oggi nel governo Bush con la carica di Consigliere alla Sicurezza: Condoleeza Rice.

Il pantano ceceno è più complesso di quanto non sembri a prima vista: un Presidente russo che ha utilizzato la guerra per la scalata al Cremino ma che oggi ha la necessità di chiuderla al più presto per evitare di perdere colpi nel controllo delle strade del petrolio della penisola: per questo Putin non può permettersi alcun negoziato che non preveda la rinuncia preventiva dei ceceni ad ogni velleità indipendentista. Viceversa la leadership cecena laica è stata scavalcata dai wahabiti finanziati da sauditi e pakistani e, fino a pochi anni fa, dagli stessi americani. Questo ha creato una situazione che non permette ai leader laici ceceni di intavolare trattative con Mosca che non prevedano l'indipendenza della piccola repubblica caucasica, pena la scomparsa politica in favore dei rivali in piena ascesa e dotati di finanziamenti miliardari. Inoltre, la presenza di una mafia cecena massicciamente diffusa nel territorio della Russia e legata prima all'oligarchia mafiosa capitanata da Eltsin e dai proprietari delle grandi aziende ex statali russe nei campi estrattivo ed energetico, e oggi al gruppo dirigente dell'ex KGB che ha espresso il nuovo leader Putin, complica ulteriormente il quadro introducendo figure interessate alla massima instabilità nell'area caucasica allo scopo di costruire i propri profitti sul commercio di armi e droga tra Europa, Medio Oriente e Asia Centrale, e capaci di condizionare gli avvenimenti grazie ad una fitta rete di complicità e favori a Mosca come a Grozny.

La figura del Presidente ucciso domenica 9 maggio è particolarmente esemplare da questo punto di vista: 53 anni, odiato dagli indipendentisti e scarsamente amato dalla stessa amministrazione russa che lo aveva eletto non avendo altre alternative, è stato il padrone della Cecenia negli ultimi quattro anni; studente coranico divenne imprenditore con forti legami con il traffico di armi quando la Cecenia si rese indipendente, si distinse come capo militare indipendentista durante la guerra del 1994-96. Negli anni seguenti passò al servizio dei russi e costruì una sua personalissima fortuna immobiliare grazie alla fuga di una parte consistente della popolazione che ha abbandonato case e proprietà, senza disdegnare il controllo oligopolistico dei traffici di droga, armi, benzina ed auto rubate tra Russia, Iran, Turchia, Georgia e l'Europa. A questo fine naturalmente utilizzava la rete della mafia cecena che spinse lo stesso Putin a deciderne la candidatura nelle elezioni farsa di sette mesi fa. Allo scopo di proteggere i propri traffici, e fidandosi poco degli alleati russi, Kadyrov aveva organizzato una propria milizia accusata dalla popolazione civile della repubblica caucasica di essere di gran lunga la principale responsabile dello stato di terrore nel quale si vive nel paese; sembra che, a confronto i russi e i wahabiti siano ritenuti preferibili ai cosiddetti Kadyrovstky (i ragazzi di Kadyrov).

La morte di questa figura che così bene rappresenta l'ordine mafioso imposto in Cecenia dalle necessità russe di non perdere il controllo del Caucaso, e dalla guerra per procura svolta contro questi ultimi da sauditi e pakistani (con gli americani dietro la porta), comporta per Mosca uno smacco difficile da rimediare. Putin, infatti, ha deciso di nominare il figlio di Kadyrov come suo sostituto fino alle elezioni che si svolgeranno tra quattro mesi: un modo come un altro per ammettere che la strategia di Putin nell'area manca di alternativa all'approfondimento della guerra contro gli indipendentisti e alla definitiva trasformazione del piccolo paese in un territorio di mafia vero e proprio. Le conseguenze di quest'ordine per i ceceni sono state finora gravissime con le decine di migliaia di morti e le centinaia di migliaia di profughi; le conseguenze, però, iniziano a farsi sentire anche in Russia dove migliaia di famiglie piangono i propri caduti nella guerra di Eltsin e la stessa Mosca è già stata più volte toccata da attentati di incerta attribuzione ma dai legami sicuri con la guerra che si combatte nel Caucaso.

Giacomo Catrame














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