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Umanità Nova, numero 23 del 27 giugno 2004, Anno 84

Washington: prove tecniche di successione
Bush smentito dalla Commissione d'inchiesta



È da tempi immemori che chi scatena guerre le giustifica con motivazioni fasulle che nascondono i loro reali scopi. E se non ci si vuole immergere negli studi storici basta leggere i classici della letteratura - da Omero in poi - per averne conferme a iosa. Quello che ci può stupire è che, a distanza di solo poco più di un anno dall'aggressione armata, anche la Commissione d'inchiesta del Congresso statunitense abbia dovuto riconoscere che le motivazioni dell'attacco all'Iraq non sono quelle che erano state proclamate ai quattro venti da Bush e dalla sua amministrazione. Infatti, nel rapporto pubblicato il 16 giugno dal titolo "Overview of the Enemy" (analisi del nemico), la Commissione scrive "non abbiamo alcuna prova credibile che l'Iraq e Al Qaeda abbiano collaborato negli attacchi agli USA". Di fatto, dopo il mancato ritrovamento delle fantomatiche armi di sterminio di massa, ora è l'altro pilastro, su cui si fondava la motivazione della guerra, a crollare miseramente. 

Per Bush ed i suoi potrebbe rappresentare un colpo decisivo ai fini dei risultati delle prossime elezioni presidenziali, al quale l'amministrazione risponde con la ripresa inalterata del suo ritornello, consapevole che lo scollamento tra le parole e la realtà dei fatti è tale che, se ammesso, porterebbe alla sua liquidazione. Ecco quindi Bush, il suo vicepresidente Cheney , Condoleezza Rice e gli altri darsi da fare per mantenere in piedi il loro castello di menzogne, nella convinzione, puramente pubblicitaria, che se una cosa è ripetuta all'infinito diventerà poi una verità.

Anche lo stesso argomento della "liberazione dell'Iraq" dalla dittatura di Saddam e dell'instaurazione di un regime democratico a Baghdad – il pilastro di rincalzo ai primi due – sta mostrando vistosamente le proprie contraddizioni. Dall'accentramento dei poteri nelle mani del governatore Bremer alla scelta dei primi ministri iracheni – di cui dell'ultimo designato, Iyad Allawi, è nota l'appartenenza alla CIA – all'imposizione dall'alto della tortura e dell'umiliazione ai prigionieri iracheni, alla volontà di installare in Iraq la più grande ambasciata del mondo con tutto quello che ciò significa, appare sempre più evidente - e non tanto ovviamente a noi, quanto ai moderati di tutto il mondo - che valore dia l'amministrazione Bush a parole come pace, libertà, autodeterminazione, usate per coprire la realtà di quello che in altri tempi si definiva un protettorato.

La ricerca di un qualche consenso in sede ONU, l'ammissione che non tutto quello che si muove in Iraq contro di loro è terrorismo, i ponti lanciati a Francia e Germania, dimostrano la difficoltà del governo USA a continuare a gestire le proprie menzogne. 

Probabilmente è proprio per cercare di impedire che la crisi di credibilità innescata dall'amministrazione Bush si rovesci sugli interessi dello stesso sistema statale statunitense che la Commissione d'inchiesta del Congresso - una specie di comitato di saggi, formato da ex parlamentari e rigorosamente bipartitica - ha espresso un pronunciamento che, mentre da una parte va a squalificare l'operato della banda Bush, dall'altra intende salvare l'immagine degli USA come portatrice di libertà e di democrazia, aprendo la strada ad un'altra amministrazione, più abile di questa nel salvaguardare gli interessi complessivi della grande superpotenza. 

M. V.














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