Umanità Nova, numero 23 del 27 giugno 2004, Anno 84
Piombino: morti bianche e campagna antianarchica
Giancarlo Francioni è morto martedì 15 giungo mentre era
al lavoro con una ditta esterna all'interno delle Acciaierie di
Piombino, di proprietà di Lucchini.
Nei giorni successivi sono apparse sui muri della città scritte
di denuncia sulla sicurezza in fabbrica, che in altri momenti sarebbero
passate inosservate, e sono state trovate vicino al municipio due
bottiglie mezze piene di benzina.
Tanto è bastato per dare lo spunto ai giornali locali, agli
amministratori e ai sindacalisti per inscenare l'ennesima campagna
antianarchica.
La guerra è stata adottata, come strumento di risoluzione dei
conflitti internazionali, dai governi italiani che si sono succeduti in
questi ultimi anni.
A ciò si accompagna la ripresa della propaganda nazionalista e
militarista, lo spostamento di risorse dai servizi sociali alle spese
militari, la volontà di trasformare le questioni sociali in
problemi di ordine pubblico.
Questa politica è stata portata avanti grazie anche
all'opposizione parlamentare, che è incapace di dire una parola
chiara e unitaria contro la guerra e la violenza delle istituzioni.
A livello locale le amministrazioni rimangono in silenzio di fronte
alla gestione della sicurezza in fabbrica, dell'inquinamento del
territorio e delle aree fabbricabili da parte dei privati, soprattutto
dei datori di lavoro.
I sindacati di Stato, inoltre, dietro la parola d'ordine della
concertazione, nascondono l'incapacità di difendere il reddito,
le condizioni di lavoro e la vita stessa dei lavoratori all'interno
delle aziende.
Le due bottiglie trovate vicino al municipio di Piombino possono
rispondere solo a due possibilità: o si tratta di una
provocazione antianarchica, a cui purtroppo la storia ci ha abituato, o
si tratta di un gesto di reazione infantile.
Dopo tanta retorica sulla violenza istituzionale, dopo tanta
incapacità nel rispondere alle esigenze dei ceti popolari,
c'è da stupirsi che si trovino delle repliche artigianali e
sostanzialmente inoffensive delle bombe che i governi democratici
gettano sugli ospedali, sulle scuole, sui quartieri popolari?
Gli anarchici sono contro la guerra, gli anarchici sono contro la
violenza, soprattutto quando si esercita contro i più deboli:
Gli anarchici sono per l'autoorganizzazione dei lavoratori, gli
anarchici sono per l'azione diretta, cioè per l'azione dei
diretti interessati per la conquista dei propri diritti; come si
oppongono alla delega istituzionale, così si oppongono agli atti
avanguardisti che si sostituiscono alle lotte popolari.
Respingiamo quindi con sdegno gli articoli infamanti che, dando credito
alle veline di questura, approfittano di ogni occasione per dipingere
l'anarchico come un mostro.
Questo lo sanno bene gli amministratori locali che, per celebrare
episodi legati al cammino di emancipazione degli sfruttati, sono
costretti a commemorare quegli stessi anarchici che poi calunniano nei
discorsi ufficiali.
Da Pietro Gori, al biennio rosso, all'insurrezione di Piombino, al '68
gli anarchici continuano ad essere dalla parte degli sfruttati, contro
la violenza delle istituzioni, per la verità e per la
libertà.
Gli anarchici esprimono la propria solidarietà ai familiari e ai
compagni di lavoro di Giancarlo Francioni, continuando la lotta per
l'emancipazione sociale.
Federazione Anarchica Elbano-Maremmana
Pordenone: chi semina guerra raccoglie tempesta
Neppure il tempo è riuscito a trattenersi di fronte alla
disgustosa parata istituzionale in "onore" all'Ariete di sabato 19
giugno, voluta ed organizzata dal sindaco di Pordenone
(centro-sinistra) e sostenuta a gran voce e con il plauso di tutta la
destra nazionalista della città.
Una grandinata tremenda ha infatti sanzionato la "festa" militarista
dopo neppure 20 minuti dall'inizio della blindatissima cerimonia,
costringendo al fuggi fuggi da P.zza XX settembre le varie cariche
istituzionali e militari ed il resto della platea agghindata per
l'occasione .
Che non ci fosse nulla da festeggiare Resistenza AntiFascista lo andava
dicendo da più di un mese, da quando l'infausta idea del sindaco
cominciava a riempire le varie testate giornalistiche locali.
Un mese in cui i media hanno appositamente "pompato" la notizia
dedicandole pagine e pagine quasi quotidianamente ed in gran parte in
tono elogiativo e patriottardo.
Le uniche note stonate di questa "fanfara mediatica" sono state le
azioni della R.AF. che s'inserivano in un lavoro territoriale costante
di propaganda antimilitarista e antipatriottica.
Un mese d'intensa attività di comunicazione, fatta di
volantinaggi, presidii ed azioni dirette fortemente simboliche, come i
blitz delle vie (rinominate a degna causa) e dell'incapucciamento dei
caduti del monumento in P.le Ellero dei Mille.
Infatti tra la notte del 3/4 giugno anche a Pordenone è arrivata
la campagna nazionale "copriamo le vergogne del militarismo".
Una quindicina di Vie della città intitolate alle aberrazioni
del militarismo (Via dell'autiere, Via dell'Ariete, Via Fiamme Gialle,
Via brigata Julia, Via 3° Armata, Via divisone Folgore ecc) sono
state coperte e rinominate...Via dei disertori, Via l'esercito
dall'Iraq, Via Carlo Giuliani, Via Augosto Masetti, Via la guerra dalla
storia ecc.
Ancora tra la notte tra il 16 e il 17 giugno Resistenza AntiFascista ha
nuovamente colpito uno dei molti, troppi simboli dell'assurdità
delle guerre. Guerre che in ogni parte del mondo devastano paesi,
guerre in cui i civili sono il bersaglio "naturale" con cui spartirsi
risorse e privilegi, attraverso il terrore diffuso e le stragi mirate,
esattamente come a Nassijria, nella "battaglia dei ponti", dove la
patria italiana s'è resa responsabile del massacro di più
di 200 persone, in gran parte civili.
Nuovamente un'azione simbolica, dove la R.AF. ha voluto mostrare
ciò che davvero rappresenta il monumento ai caduti di P.le
Ellero dei mille.
Incappucciati, senza più volto e voce, i caduti delle guerre non
hanno ascolto, zittiti dal militarismo che imperversa ovunque, umiliati
dal fragore delle fanfare del patriottismo, dalla vergognose parate in
"onore" ai loro carnefici e ai prossimi "caduti", ignari e storditi,
dalla stessa macchina bellica che da secoli fagocita ragioni,
intelligenze e libertà.
Mostrati nella loro reale impotenza, come li vuole il generale che li
ha mandati a morire, il ministro che li ha pagati per questo, il prete
che li ha benedetti. Come li vuole il sindaco che deve far squillare le
trombe in città.
Un percorso schietto e determinato che s'è concluso in P.tta
Cavour proprio in concomitanza con la sciagurata parata per
contro-manifestare per la pace, l'antimilitarismo e contro tutte le
guerre.
Un pomeriggio di vera "festa", dove l'aggregazione e la libertà
d'espressione hanno coinvolto molti giovani di diversa
nazionalità. Ma anche un pomeriggio di rabbia, di lotta, dove i
contenuti antimilitaristi hanno scandito le ore in un crescendo di
contestazione, prima resa pubblica dalla divisione simbolica delle due
piazze con una fascia biancorossa di pericolo "zona militare :
divieto d'accesso", seguita da un collettivo lancio di slogan contro
eserciti e polizie e dopo denunciando l'intimidazione ai danni di tre
ragazzi strattonati a forza dai carabinieri e identificati
perché "non graditi" nella piazza della vergogna mentre
digos e polizia lasciavano transitare un gruppetto di militari della
Brigata Ariete nella piazza antifascista.
In questo frangente il clima di tensione è diventato pesante, un
gruppo di compagni ha infatti "cordonato" I militari scortandoli fuori
da p.zza Cavour innervosendo la Digos che stava allertando i poliziotti
in assetto antisommossa.
Diverse quindi le provocazioni poliziesche non raccolte però
dalla piazza che ha contromanifestato dalle 16 fino alle 20 inoltrate e
che ha lasciato il posto all'ira atmosferica, inaspettata ma sperata
"compagna di lotta".
Una vera e propria tempesta con grandinata che non si vedeva da tanti
anni ha cominciato a "bombardare" i bombardatori in procinto di
gustarsi la cerimonia.
Ed è così che, finito il diluvio, la R.AF. s'è
ripresa anche piazza XX Settembre, quella zona rossa militarizzata dove
si voleva inscenare la più terribile delle rappresentazioni,
dove il sottofondo di sinfonie classiche avrebbero accompagnato i
bombardamenti, le torture, l'assassinio di migliaia di civili iracheni,
per mano del militarismo anche italiano, dei "nostri bravi ragazzi"
della Brigata Ariete.
Alla mezzanotte uno striscione campeggiava sul palco devastato dalla
grandine come monito ad una platea ormai svergognata : "chi semina
guerra raccoglie tempesta".
R.AF. PN – Resistenza AntiFascista