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Umanità Nova, numero 24 del 3 luglio 2004, Anno 84

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Torino: video sorvegliare e punire a scuola
È in atto, nelle scuole superiori torinesi, al momento ci risultano l'Itis Avogadro, l'IPSIA Zerboni ed l'Itis Pininfarina di Moncalieri, ma altre scuole sono interessate, la corsa all'installazione di sistemi più o meno complessi di video sorveglianza.
Varrebbe la pena di verificare se fatti simili avvengono in altre città.
La giustificazione normalmente accampata dai dirigenti scolastici è la necessità di evitare furti e danneggiamenti alle cose e di salvaguardare l'incolumità delle persone.
Di fatto il tutto si traduce nella realizzazione di un modello sociale occhiuto, proteso a sorvegliare e punire cancellando i residui spazi di diritto alla riservatezza e realizzando il pieno trionfo della TV spazzatura, che esporta il "grande fratello" anche negli edifici scolastici.
Superfluo dire che si tratta di un bel business al costo medio di 10-15.000 euro per installazione, cioè l'equivalente di un'aula informatizzata di medio livello e questo da solo, nel panorama sgangherato della scuola italiana, grida vendetta.
Vale la pena di ricordare che l'introduzione della videosorveglianza nelle scuole contraddice sia lo statuto dei lavoratori, che pone alcuni precisi limiti all'utilizzo di strumenti di controllo a distanza, che la tutela della privacy. Sullo stesso terreno legale, insomma, assistiamo all'ennesima forzatura che prepara una modificazione, in senso peggiorativo, della stessa norma se non vi sarà un'opposizione adeguata a questa deriva.
D'altro canto la forzatura dal punto di vista del controllo sui lavoratori della scuola, oltre che degli studenti, sta diventando uno sport praticato dai dirigenti scolastici più zelanti con la copertura dell'amministrazione.
Sempre nella provincia di Torino, le sospensioni "cautelari" dal servizio in attesa di sanzioni più severe - a rigore, il licenziamento - sono cresciute, nel corso dell'ultimo anno scolastico, in maniera esponenziale.
Ovviamente, i lavoratori colpiti da queste sanzioni sono, di norma, "deboli" e si tratta, nella gran parte dei casi, di persone che non riescono a "imporre la disciplina" agli studenti.
È interessante notare come le vittime delle sanzioni tendano a chiudersi in se stesse, a sentirsi "inadeguate", a cercare, al massimo, una tutela legale.
Il reale effetto, in altri termini, di queste pratiche consiste nel trasformare una questione sociale, il degrado della scuola pubblica che vede l'aumento degli alunni per classe, il taglio delle risorse, l'abbandono della pretesa di svolgere un ruolo di contrasto alla stratificazione sociale in una questione individuale: vi sarebbero individui deboli ed inadeguati da espellere dalla scuola e la scuola "epurata" da questi soggetti tornerà a funzionare mirabilmente.
D'altro canto, se la scuola viene eguagliata ad un supermercato con la pubblicità per attrarre i clienti non si vede perché, come avviene nei supermercati, non debbano esservi strumenti di controllo sulla clientela e sul personale.
È, d'altro canto, interessante notare il fatto che gli stessi dirigenti che si distinguono nell'introduzione di forme di controllo più "rigorose" siano allegramente disposti all'illegalità quando si tratta di non tener conto dei diritti sindacali dei lavoratori e come, in questi casi, la stessa gerarchia sia disposta a chiudere entrambi gli occhi quando si tratta di sanzionare i suoi.
Siamo perfettamente consapevoli che vi è del metodo in questa, apparente, follia e che la sistematica pratica della illegalità da parte di settori dell'amministrazione è la realizzazione pratica di un'idea di scuola non come diritto generale ma come assieme di aziende sottoposte all'arbitrio della dirigenza scolastica.
Si tratta, di conseguenza, di sviluppare nelle scuole una rete per la difesa dei diritti e di invitare ad operare in questo senso tutte le forze sindacali non concertative, i delegati delle rappresentanze sindacali unitarie, le sezioni sindacali di scuola e, soprattutto, i lavoratori e gli studenti.
Cosimo Scarinzi

Trapani: riapre il CPT "Vulpitta"
Dopo sette mesi dalla sua chiusura per lavori di ristrutturazione, il Centro di Permanenza Temporanea "Vulpitta" di Trapani è stato riaperto e ha ripreso a funzionare.
Sono circa venticinque gli immigrati già reclusi nella struttura repressiva. Dalle prime notizie apprese, all'interno del CPT si trovano diversi maghrebini, alcuni rumeni e altri immigrati che sanno parlare solo in inglese. Seguiranno aggiornamenti.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

Livorno: perquisizione
Mercoledì 23 giugno è stata effettuata una perquisizione presso il centro sociale Godzilla di Livorno. Notevole il dispiegamento di forze: settanta carabinieri ed un magistrato; per due ore il quartiere è stato messo sotto assedio, impossibile avvicinarsi anche per i giornalisti. Al termine dell'operazione sono stati sequestrati un computer e dei documenti.
La motivazione ufficiale del blitz è stata in un primo tempo grottescamente riferita ad irregolarità nel contratto di utilizzo dei locali e nella fruizione dell'energia elettrica. Successivamente il magistrato ha collegato la perquisizione ad operazioni antiterrorismo, confezionando un teorema-minestrone che vede mescolati tifoseria calcistica, organizzazioni dell'estrema sinistra e assalto alla sede del ministro di A.N. Matteoli.
Già tre mesi fa, a marzo, un'altra perquisizione clamorosa fu effettuata nello stesso edificio, nella sede del circolo politico 1921; i carabinieri allora fecero addirittura irruzione dal tetto sbarcando da un elicottero.
In entrambi i casi le perquisizioni non hanno dato nessun esito se non quello di aumentare il clima repressivo nella città, clima che difficilmente è destinato a diminuire.
L'amministrazione di centro sinistra ha recentemente inaugurato una politica ufficiale che punta ad una distensione con alcuni settori politici giovanili, aprendo trattative con Godzilla e circolo 1921 ed impegnandosi sul fronte della concessione degli spazi. L'obiettivo evidente è quello di poter gestire una situazione pacificata anche in vista degli impegni che la città dovrà sostenere con la promozione della squadra di calcio in serie A. Tale indirizzo non può prescindere, d'altra parte, dalla nozione di ordine pubblico così come è classicamente ed istituzionalmente inteso e come la destra più reazionaria lo esige: esercizio della forza e della repressione da parte dei tutori dell'ordine.
La Federazione anarchica livornese ha partecipato alla manifestazione di solidarietà con gli occupanti dei centri perquisiti che si è tenuta sabato 26 giugno ed ha emesso il seguente comunicato: "la FAL esprime piena solidarietà agli occupanti della sede di via dei Mulini, fatti ripetutamente segno di vergognosi quanto eclatanti episodi repressivi dalle motivazioni grottesche.
Tali azioni si vanno ad inquadrare nel clima di crescente imbarbarimento che si registra in città, con la recente affermazione elettorale della destra più reazionaria, con il crescente spazio assunto dai fascisti e con gli inevitabili condizionamenti degli apparati di polizia e magistratura.
In questo clima, chi si fa promotore di autentica alternativa sociale e politica viene isolato e criminalizzato. Avviene nel caso della campagna antianarchica che sta imperversando in tutto il paese, così come nelle intimidazioni costanti nei confronti dei settori politici più attivi, nel tentativo di tacitare ogni forma di dissenso.
Per chi esercita il potere la pace sociale non è quella che si costruisce attraverso il dialogo, la distensione, la trattativa, ma attraverso l'intimidazione, la criminalizzazione, la repressione, l'isolamento: isolamento di un settore politico dal quartiere dove è radicato, isolamento dal contesto cittadino, isolamento rispetto ad altri settori politici antagonisti, divisione tra antagonisti buoni e cattivi.
La FAL è al fianco dei compagni colpiti dalla repressione e sostiene le varie forme di protesta che saranno messe in atto per affermare la libertà della pratica politica a Livorno.
Patrizia

L'Aquila: ama la musica-odia la guerra
"Finché ci sarà un governo, finché ci sarà un parlamento, e quindi finché ci saranno leggi, occorreranno sempre gendarmi e soldati per far osservare queste leggi. Logicamente chi combatte il militarismo combatte il sistema dell'autorità dell'uomo sull'uomo; chi vuol essere veramente antimilitarista deve finire con l'essere anarchico" (L. Fabbri, "La lotta antimilitarista").

Di nuovo in piazza il 25 giugno 2004, di nuovo contro la guerra, contro gli eserciti, contro il militarismo e le perversioni che esso genera. La musica contro la guerra, la spontaneità contro la dominazione, l'autorganizzazione contro le gerarchie.
Sul palco gli Assalti Frontali, invitati nella manifestazione organizzata da Laboratorio Politico, anarchici aquilani, giovani comunisti, gruppo NoWTO e Collettivo Studentesco Indipendente, per la quale sono intervenuti simpatizzanti e compagni antimilitaristi dai diversi centri della regione, riempiendo e colorando la centralissima Piazza del Teatro. Antimilitarismo come punto di convergenza tra individui, gruppi e associazioni d'ispirazione comunista-libertaria, come tappa di un indispensabile percorso pacifista.
Antimilitarismo come passo fondamentale verso la liberazione dell'individuo dalla società gerarchizzata, impegnata solo nel produrre l'assoggettamento dell'altro, il rifiuto dell'identità e a riformulare continuamente - in un sistema di autorità e di obbedienza, di superiorità e di inferiorità, di diritti e di doveri, di privilegi e restrizioni - le differenze d'età, di sesso, di modo di lavorare, di livello di conoscenze, di tendenze intellettuali, artistiche ed affettive, di apparenza fisica, ecc… L'individuo nella società gerarchizzata non solo vive, agisce e comunica in maniera gerarchizzata, ma anche pensa e percepisce gerarchicamente, collocando i dati sensoriali, la memoria, i valori, le passioni ed i pensieri lungo linee gerarchiche.
Antimilitarismo dunque come posizione dalla quale percepire, progettare, osservare, agire, essere; antimilitarismo come potente mezzo di educazione morale, capace di creare un ambiente psichicamente ed intellettualmente corrispondente, in cui la libertà scaturisca anche dall'incapacità di ciascuno a diventare oppressore altrui per mezzo della violenza.
Edoardo















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